Natale di guerra. Gli occhi del mondo su Putin e Zelensky. Siamo ad una svolta? Sì, no , forse. Qualcosa comunque sta cambiando. È quanto si deduce dalle loro ultime mosse, dai viaggi, dalle dichiarazioni di pancia, dalle invocate speranze.
Vero, falso? Cosa bolle in pentola? Cerchiamo di Interpretare. Partendo da una considerazione di fondo: tutti cercano la pace. Ma, al riguardo, l’approccio è diverso. Quasi antitetico. Solo tattica? In ogni caso è vietato illudersi.
L’OSSESSIONE DI NATALE DELLO ZAR
Putin ha un chiodo fisso: evitare alla Russia la fine dell’URSS. Nella sua mente l’Ucraina non esiste. È la Piccola Russia, una sua proprietà. Ha un sogno e questo sogno si chiama “Nuova Unione Slava” composta da Russia, Bielorussia Ucraina e probabilmente anche la parte settentrionale del ricco Kazakistan, ex repubblica sovietica (indipendente dal dicembre 1991). L’ultima repubblica a togliere il disturbo da Mosca. Una miniera d’oro che sforna petrolio, carbone, metano in grandi quantità.
Putin vorrebbe chiudere la “pratica “ al più presto ma a modo suo. Con un negoziato discusso da una posizione di forza. Cioè dalla posizione di una guerra vinta con le armi più che con la diplomazia. Ma al momento non ha alcun vantaggio. Di più: ha un esercito in gramaglie e sul gozzo macchie indelebili e umilianti come l’affondamento della nave ammiraglia russa “Moskva”, la distribuzione del ponte-icona di Kerch che unisce la Russia alla Crimea (il più lungo d’Europa: 18,1 km) inaugurato dallo stesso Putin.
Senza contare gli schiaffi di Bucha, Irpin, Kharkiv (anticamera di Odessa). Putin farà il Natale in Crimea. Ha detto alla partenza alla agenzia di Stato “Ria Novosti”:”L’operazione Ucraina? Prima finisce, meglio è”. Non è sembrato il solito bluff.
IL TRIONFO BIPARTISAN DEL SOLDATO ZELENSKI
Il presidente ucraino ha invece anticipato il Natale volando a Washington dove ha incontrato Biden, ha incassato importanti forniture militari e tenuto un discorso al Congresso americano, applauditissimo. Tutti in piedi quando ha detto:”I soldi che ci state dando non sono carità ma un investimento su sicurezza e democrazia”. Ovation di deputati e senatori già al suo ingresso in Aula.
Ha scaldato i cuori arruolando parole chiave come vittoria e libertà. Il tutto sfoderato con un corpo composto, voce roca, gestualità sapiente. Le sue doti di performer, opportunamente rispolverate, hanno fatto breccia. Ha narrato la tragedia del suo popolo ma anche la sua determinazione. Ed ha convinto. Conclusione inevitabile: la pace è purtroppo ancora lontana.