Nella Sfinge di Gallura il volto di “zio Maltinu” che visse e morì ai suoi piedi

di Maria Benedetta Errigo
Pubblicato il 28 Agosto 2014 - 07:21| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Nella Sfinge di Gallura il volto di "zio Maltinu" che visse e morì ai suoi piedi

La “sfinge di Gallura”, foto del sito www.sardegnanuragica.it

SASSARI – Rovine antiche, piramidi e una sfinge che ti guarda. Non siamo in Egitto, ma nella più vicina Sardegna, precisamente in Gallura, dove è stata ritrovata una roccia, alto circa 8-10 metri per una dozzina di lunghezza, ricordante la Sfinge egiziana, senza dubbio forgiata dal vento e dalle intemperie atmosferiche.

Ci racconta il ritrovamento il sito Sardegna Nuragica:

“È stata scoperta di recente una conformazione rocciosa che per la sua precisione dei dettagli, sembra una scultura realizzata dalla mano dell’uomo ma è invece una scultura realizzata dalla natura. Il monolite è di dimensioni imponenti.

Alto circa 8-10 metri per una dozzina di lunghezza si presenta in tutta la sua magnificenza agli avventurosi che si ergono alla sua ricerca. Situata in un terreno privato è quindi rimasta sconosciuta ai più.

Siamo andati alla ricerca di notizie chiedendo alle persone anziane del posto se ne conoscevano l’esistenza e abbiamo scoperto una storia tramandata da Nonno Augusto (92 anni) ai figli, e tramite un vecchio manoscritto degli anni ’50, stilato con una grafia particolarmente curata e di altri tempi, abbiamo ricostruito la sua storia”.

Così, dopo un certosino lavoro di raccolta di interviste e di ricordi, si è riusciti a risalire a quella che sembra la ricostruzione più verosimile di come tutto ha preso vita, attorno all’inizio del Novecento, quindi più di un secolo fa.

“Agli inizi del 1900 si parla di un certo Maltinu (Martino) che aveva dimora in un tafone (particolare conformazione rocciosa scavata dal vento) e che viveva isolato allevando qualche capra e vivendo di cacciagione.

Poco si sa della sua vita ma la sua particolarità è dovuta al fatto che per motivi sconosciuti lui è sempre rimasto isolato nelle sue montagne e mai si avventurava in paese. Alla domanda di come mai non scendesse in paese la vaga risposta era sempre la stessa…< qui mi sento bene e al sicuro>… e null’altro ha mai detto a proposito”.

Una storia che prende i connotati di un mistero, visto che non si seppe a lungo come mai l’uomo preferiva quei luoghi alla vita del paese. Un giorno però tutto questo cambia improvvisamente.

“Si sa che un giorno alcune persone che scambiavano con lui prodotti non sono riuscite a trovarlo e dopo alcuni giorni di ricerche, ne viene trovato il corpo senza vita.

Il suo corpo era rannicchiato come se fosse un bambino che dorme ai piedi di una grossa pietra di granito… ai piedi della “Sfinge” lui si era coricato per esalare l’ultimo respiro, “protetto” anche nel momento di passaggio alla nuova vita.

In suo ricordo la montagna più alta del luogo mantiene il suo nome: Punta di Maltinu. Da allora è giunto a noi il ricordo di molti pastori e cacciatori che transitando nei pressi di quella montagna hanno rivisto nel volto umano scolpito nella roccia, lo sguardo nostalgico di “zio Maltinu” che contempla la sua amata montagna”.

Una storia suggestiva che accompagna questa formazione naturale di roccia che rende così caratteristico questo angolo di Sardegna. Una storia che ripercorre la vita di una persona che ha amato tanto la sua terra da addormentarsi per sempre sulle sue montagne e essere ricordato nei lineamenti di quella che ora per tutti è la Sfinge di Gallura.