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Berlusconi e Ligresti, poverini con soldi, no carcere: è per i signori Nessuno

di Pino Nicotri
Pubblicato il 30 Agosto 2013 - 06:32 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi e Ligresti, poverini con soldi, no carcere: è per i signori Nessuno

In carcere vai se la bandana (e tanti soldi9 non ce l’hai

Agibilità politica o morte? Benché fosse stato eletto deputato per tre legislature consecutive, benché fosse stato vicepremier e più volte ministro – dell’Industria, artigianato e commercio, due volte della Difesa, delle Finanze – e benché fosse stato il segretario nazionale del Partito Socialista Democratico Italiano (Psdi), Mario Tanassi non fece tante storie quando il 1° marzo 1979 la Corte Costituzionale lo condannò “ad anni due e mesi quattro di reclusione e a lire 400.000 di multa”, “all’interdizione dai pubblici uffici per il periodo di anni due, mesi sei e giorni venti” e alla “sanzione costituzionale della decadenza dall’ufficio di deputato”.

Anzi, la carica di segretario nazionale del Psdi aveva già dovuto lasciarla quando, assieme al suo collega ex ministro Luigi Gui, democristiano, era stato accusato di avere intascato robuste tangenti dalla società statunitense Lockheed Corporation per favorire l’acquisto di 14 aerei da trasporto Hercules C-130 . Comprati nonostante gli ufficiali dell’Aeronautica Militare li avessero giudicati eccessivamente costosoi e inadatti alla difesa. Guarda caso, si tratta delle stesse critiche che oggi molti muovono contro il mega acquisto degli F35, anch’essi prodotti dalla Lockeed. Che nel frattempo, dopo la fusione nel ’95 con Martin Marietta, ha cambiato nome in Lockeed Martin.

Gui venne assolto, Tanassi condannato. E pur protestandosi innocente accettò il pesante verdetto: uscì dalla vita politica istituzionale ed entrò in carcere, dove ci restò quattro mesi. Il Psdi si limitò anch’esso a protestare l’innocenza del suo leader, ma non si azzardò mai a delirare con accuse di complotti della magistratura “cancro da estirpare” e tanto meno a inveire contro la Corte Costituzionale, all’epoca avente anche funzione di Tribunale dei Ministri.

Le sentenze della Corte non erano appellabili, ovviamente, particolare che si tentò di utilizzare per rendere inefficace la sentenza, ma nonostante le polemiche le cose restarono com’erano. E l’Italia continuò ad andare avanti, compreso il Psdi. Che pur se ammaccato è sopravvissuto perfino alla tempesta di Tangentopoli dei primi anni ’90, per aderire nel ’98 ai Socialisti Democratici Italiani e rinascere sia pure senza successo nel 2008.

Insomma, morto un papa se n’è sempre fatto un altro. E sempre senza troppi problemi.

Garantismo al cubo per il “povero Silvio”, ma lapidazione di chiunque non essendo un ricco, famoso e potente finisca in galera per un qualche motivo. E se si scopre che un gruppo di innocenti è stato condannato all’ergastolo e s’è fatto un bel po’ di anni di galera, meglio far finta di niente. Come è successo con i sei – sei! – siciliani che condannati all’ ergastolo nel ’93 per avere ucciso il magistrato Paolo Borsellino sono stati scarcerati solo nell’ottobre 2011.

L’argomento forse più ridicolo, ma di maggiore presa su tanta gente, contro la condanna di Berlusconi confermata dalla Cassazione è il seguente: “Ma come si fa a condannare per avere nascosto sette milioni di euro uno come Berlusconi, che di milioni di euro al fisco ne ha versati una marea?”. Il che è come dire che chiunque può evadere un po’ di tasse, per giunta truffaldinamente, purché la gran parte la paghi.

Oppure è come dire: “Perché arrestare chi un bel giorno della sua vita ha svaligiato una banca o ucciso una persona, visto che alla società ha dato tutti i giorni della sua vita, eccetto appena uno, vissuti senza rapinare banche e uccidere qualcuno?”. Fermo restando che se la condanna di Berlusconi riguarda “appena” 7,3 milioni di euro, la somma reale che gli è stata contestata inizialmente ammontava a 368 milioni.

E fermo restando anche che gli altri reati contestatigli si sono estinti a causa della prescrizione accelerata dallo stesso imputato indossando i panni del capo del governo.

Anziché infliggerci anche l’umiliazione di vedere la sfilata di fior di giuristi, magistrati, politici e rappresentanti anche “de sinistra” delle istituzioni accorrere volenterosi in soccorso del “povero” (!?) Berlusconi, si sbrigherebbero prima e farebbero meno danni, perché il degrado di così tanti bei nomi non continuerebbe a espandesri a macchia d’olio, approvando una modifica della Costituzione che dichiari Silvio Berlusconi legibus solutus: sciolto cioè dall’obbligo di rispettare le leggi.

O che lo dichiari non processabile. Oppure non condannabile. O almeno esentato dal rispettare le eventuali condanne. Tanto è ormi chiaro e lo abbiamo capito tutti che la legge non è e non può essere realmente eguale per tutti.

Anzi, per essere più democratici, un tale privilegio lo si potrebbe estendere ai grandi ricchi e/o famosi visto che, immancabilmente, quando i magistrati ne processano o condannano uno si scatena il finimondo: urla e accuse a non finire di ”accanimento giudiziario”, “fine della giustizia” e “fine della libertà e della Repubblica”. Un copione inaugurato, per stare ai tempi recenti, quando i magistrati romani osarono arrestare per corruzione, il 12 marzo 1996, il loro collega Renato Squillante, capo dell’Ufficio Istruzione del tribunale di Roma. E che si tenta di rimettere in scena in questi giorni per accorrere in soccorso della “povera” (!?) famiglia Ligresti, colpita in blocco – il padre Salvatore e i figli Jonella, Giulia Maria e Paolo – dai mandati di cattura del 17 luglio di quest’anno.

Oltretutto la povera Jonella non sopporta il carcere, tant’è che è dimagrita di sei chili e le hanno dovuto quindi concederle velocemente la detenzione a casa sua. Con buona pace di tutti quei detenuti che, non sopportando neppure loro il carcere, ma essendo dei signori Nessuno, restano in galera: tant’è che regalano all’ Italia il record della percentuale di suicidi nella popolazione detenuta.

Ogni tanto uno sciopero della fame e della sete del solito Marco Pannella, che protesta per l’incivile situazione delle carceri italiane, o un flebile monito del Presidente della Repubblica: le carceri italiane sono “una realtà che non fa onore al nostro Paese, ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee”, ha concesso infatti Giorgio Napolitano l’anno scorso commentando i dati sui suicidi forniti dallo stesso ministero della Giustizia.

Poi lo scioperino di Pannella e le belle chiacchiere passano. La galera per la marea dei signor Nessuno invece resta. Con le sue incivili ingiustizie.