Pierluigi Bersani come Achille Occhetto. E Beppe Grillo come Umberto Bossi?
Nel ’94 Occhetto era il segretario nazionale della Quercia, cioè del Partito Democratico della Sinistra, in sigla Pds, che aveva quel robusto albero come simbolo ed era figlio un po’ confuso del fu Partito Comunista Italiano, perciò nonno dell’attuale ancor più confuso Partito Democratico, il Pd rimasto privo della S, cioè dell’orpello “della Sinistra”.
Il prode Achille era convintissimo di vincere le elezioni e andare al Governo. “Vi porto al Governo e me ne vado in vacanza alle Bahamas”, prometteva alle riunioni di vertice della Quercia. Orgoglioso della “gioiosa macchina da guerra” elettorale della Quercia Pds, Occhetto era convinto di ridicolizzare l’esordiente Silvio Berlusconi, fresco di “discesa in campo” con il suo partitino azienda Forza Italia creato per l’occasione. Vinse invece Berlusconi, che andò al governo per la prima volta. E fu il rapido tramonto di Achille. Che ebbe il buon gusto di dimettersi, lui che era stato segretario generale del partito comunista e ne aveva pilotato l’affannosa ricerca della “Cosa”, come chiamavano la nuova identità tutta da inventare, approdando temporaneamente nel PDS.
Oggi è chiaro che Bersani ha sbagliato a non cedere il passo a Matteo Renzi o a non concedergli al suo fianco almeno metà della scena. E con lui ha sbagliato chi, come me, lo ha votato alle primarie. Certo, Renzi non ha molto di sinistra, è piuttosto berlusconiano nella presenza fisica, ma ormai non si tratta di partiti che devono convincere gli elettori su una linea politica e un programma, ma di puntare al sucecesso elettorale come fosse un successo di vendita di un prodotto commerciale. E di sicuro come prodotto commerciale Bersani non vale molto: chi comprerebbe da lui un’auto usata, pur essendo persona onesta e abbastanza capace? Come prodotto commerciale Renzi funziona di più. Molto di più.
Leggo e sento dire che Bersani s’è seduto sul successo delle primarie. Credo invece che intanto le primarie non siano state un successo, perché vi hanno votato meno persone delle primarie volute a suo tempo da Walter Veltroni. Veltroni, privo di idee come è sempre stato, era ansioso di copiare dalla “sinistra” Usa miti e costumi: dalla “nuova frontiera” kennediana al clintonismo, dal motto insulso “Yes we can” alle primarie. Credo inoltre che le primarie in Italia, pur salutate con trombe e tamburi da Eugenio Scalfari in giù, siano un rito che non ci appartiene, come tutte le cose scopiazzate, tant’è che Berlusconi dopo il tira e molla non le ha fatte eppure ha portato a casa un risultato elettorale pari come voti a quello di Bersani.
Beppe Grillo come Umberto Bossi? Il senatùr capo della mitica Padania, che dopo 20 anni nessuno sa ancora cosa sia, nel ’94 sbarcò in parlamento con un pattuglione di duri e puri che a mo’ di nuovo giuramento di Pontida giuravano ogni giorno di rifare daccapo l’Italia, e di rifarla in meglio: federale, più pulita, più onesta, meno corrotta e meno spendacciona. S’è visto! Per Bossi il cavalier Silvio Berlusconi era un mafioso e lui gli avrebbe sbarrato il passo.
Oggi, dopo mille piroette, il varo della peggiore riforma elettorale mai apparsa in Europa, la messa in moto di un federalismo dai costi imprevedibili, ma probabilmente rovinosi, dopo il solito familismo italiota diventato “padano” e non pochi scandali, che non hanno risparmiato neppure la famiglia di Bossi, la fu baldanzosa Lega raccoglie i cocci. E meno male che c’è Roberto Maroni, persona capace, buon ex ministro del Lavoro prima e dell’Interno dopo, e che ci sono sindaci come Attilio Fontana.
Speriamo ardentemente che Grillo e il suo pattuglione parlamentare non seguano l’esempio della Lega, “di lotta e di governo”, rimasta in mezzo al guado e in esso impantanata. Speriamo che Grillo e i suoi sappiano cioè darsi una struttura meno aleatoria ed esprimere una politica all’altezza dell’interesse generale. Certo è, però. che anche con la migliore volontà una casalinga o un artigiano che dalla mattina alla sera diventano ministro dell’Economia e Finanze, del Lavoro, degli Esteri, della Difesa, ecc., temo possa avere conseguenze rovinose.
Ieri mattina, quando pareva che il centro sinistra avrebbe vinto le elezioni, la Borsa segnava +4% e il famoso spread smagriva a vista d’occhio, poi però è andata ben diversamente. Segno che per ridare fiducia a tutti e rilanciare l’Italia quello che ci voleva era un buon governo di centrosinistra. E che per aumentare invece la sfiducia quello che ci voleva era proprio quello che abbiamo fatto con il voto.
Da oggi dovremo camminare – a piedi sempre più scalzi – sulla lama di un coltello affilato, e temo non per poco tempo. Anche se i partiti volessero tornare alle elezioni per evitare l’impossibilità di un governo stabile è impossibile sciogliere le camere: l’attuale presidente della Repubblica ormai non lo può più fare. Dovrebbe dimettersi di corsa e lasciare il passo al successore. La vedo dura che il nuovo parlamento possa votare velocemente un nome all’altezza della situazione.
Forse esagerano i giornali esteri quando scrivono che possiamo affondare l’ euro e la Comunità europea. Quel che mi pare comunque certo è che soprattutto all’estero, ma anche in Italia, ci siano forze e interessi economici e finanziari decisi a trarre il massimo profitto – per loro – dalla nostra debolezza e dal nostro disordine troppo prolungato.
Mi viene in mente la foto di quel disgraziato bimbo africano ridotto al lumicino, con un avvoltoio in paziente attesa… Dobbiamo avere coraggio, forza ed essere ottimisti. Di solito è proprio nei momenti più terribili che ce la siamo cavata. Evitare il crollo dell’Italia, che finisca “come Venezia a fine del Medioevo” ed evitare che “Roma brucerà comunque” è interesse di tutti, berlusconiani e grillini compresi. Certo non solo della sinistra che ha sempre il vizio di pensare che “gli altri” siano sempre dei barbari, così come la destra ha sempre il vizio di pensare che “gli altri” siano antitaliani.
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