Donatella Galli e Facebook: il giallo non copra parole di odio

di Pino Nicotri
Pubblicato il 12 Novembre 2012 - 10:30| Aggiornato il 20 Aprile 2022 OLTRE 6 MESI FA

Donatella Galli e la sua “barzelletta” contro i meridionali sono sempre nel turbine. Ormai è una faida a puntate. Prima migliaia di “terroni” hanno reagito con furia, rabbia e insulti spesso inammissibili contro la consigliera provinciale della Lega per la Brianza, Donatella Galli, dopo la pubblicazione da parte di Blitzquotidiano.it dei suoi “goliardici” anatemi contro i meridionali.

Poi si sono scatenati i “padani” contro gli accusatori della Galli, sicurissimi che non fosse vero quanto reso noto da Blitzquotidiano.it: a detta dei responsabili della pagina FacebookPolizia Postale Web Site Fans”, che conta quasi 300 mila iscritti, a chiudere la sua bacheca Facebook non era stata la Galli, bensì lo staff del social network su segnalazione dei fans della polizia postale.

Eccessi verbali a parte, fioriti su una marea di siti e bacheche, il commento inviato a Blitzquotidiano.it da una lettrice sostiene con sicurezza che la pagina Facebook se l’è chiusa sua sponte la Galli stessa “il 7 novembre”. Cosa non vera perché quella pagina era visibile a tutto il giorno 9, accorgendomi io stesso e quindi scrivendo che la foto in primo piano della consigliera monzese era stata sostituita con un simbolo leghista.

Del resto nelle interviste telefoniche al sito online del Corriere della Sera e a La Zanzara la stessa Galli non ha mai parlato di chiusura della sua pagina, limitandosi a dire invece che aveva cancellato la marea di insulti e la foto dello Stivale amputato a metà (più la Sicilia) che li aveva provocati.

A riprova della asserita falsità di quanto sostenuto da Polizia Postale Web Site Fans mi sono stati inviati anche link di Facebook che accusano il fondatore di tale bacheca, Andrea Mavilla, di essere poco meno di un delinquente.

Molti hanno sostenuto che la mail inviata dallo staff di Facebook a Mavilla è un falso perché “Facebook certe cose le comunica con dashboard e non con e-mail”. A me però risulta che può invece comunicarle anche con e-mail, come confermatomi da una fonte interna.

Infine molti mi hanno invitato a telefonare alla polizia postale di Milano, sede in via Mosè Loria 34, telefono 02433331, perché “Mavilla ha ricevuto un sacco di denunce, ha anche preso a testate un’anziana signora”. Il numero di telefono 02433331, da me ovviamente chiamato già prima dei consigli, è però rimasto imprendibile per tutta la giornata: non occupato, ma proprio con la linea inaccessibile. E in ogni caso avere denunce non significa essere colpevoli: ci vogliono delle condanne. E se ci fossero state condanne o anche indizi seri di colpe certe è ovvio che la pagina dei fans, creata da Mavilla nel 2009 assieme al suo amico Massimo Fiore, sarebbe già stata chiusa. Non sarebbe certo arrivata a collezionare poco meno di 300.000 iscritti.

Con loro sorpresa, sono riuscito a procurarmi i numeri di telefono di Fiore e Mavilla, torchiandoli a dovere tanto da avere rovinato a entrambi il dopo cena, cosa che mi costerà una fortuna nella bolletta telefonica. Per carità, non sono certo Sherlock Holmes, ma non mi pare raccontino frottole o siano millantatori: difficile reggere senza contraddirsi a un terzo grado telefonico fatto a ognuno dei due in separata sede. Motivi per essere detestati non ne mancano: in questi tre anni Fiore e Mavilla hanno provocato la chiusura di non poche pagine Facebook.

Nei giorni scorsi ho provato a contattare tramite la sua ormai famosissima bacheca la stessa Galli, purtroppo però non mi ha risposto. Idem Matteo Salvini, il segretario della Lega Nord che ha minacciato querele a dritta e a manca, da me contattato domenica mattina tramite la sua bacheca. Peccato. “Ha cacciato dalla sua pagina Facebook anche me quando gli ho chiesto alcune cose su questa vicenda”, sostiene Mavilla.

La polemica su bacheche e pagine Facebook non deve però farci perdere di vista il dato di fondo. Anche se milioni di italiani passano il tempo a scambiarsi barzellette razziste, specie al nord, spesso gli ex “terroni”, una persona che riveste un ruolo pubblico, per quanto marginale e periferico,  come Donatella Galli, non può permettersi questo genere di  scherzi.

Non si tratta solo di cattiva educazione dei figli e non voglio nemmeno chiedermi se viene violato il codice penale. C’è un codice morale, non scritto in clausole e regolette e commi, che conta più di tutto e al quale deve attenersi anche Donatella Galli, consigliera provinciale di una delle province più ricche e si presume avanzate in Europa.

Se non lo fa, giustifica comportamenti incivili da parte di quanti non hanno gli strumenti per capire che si tratta di una “barzelletta” e si sentono autorizzati a una progressione di insulti che può portarci dovunque.

I pogrom (non parlo di nazisti, non parlo di forni, parlo di cristianissimi russi e ucraini e cattolicissimi polacchi, sono nati così.