Emanuela Orlandi, 11 luglio si aprono 2 tombe in Vaticano: svolta nel mistero?

di Pino Nicotri
Pubblicato il 3 Luglio 2019 - 08:56 OLTRE 6 MESI FA
Emanuela Orlandi, 11 luglio si aprono 2 tombe in Vaticano: svolta nel mistero? (foto Ansa)

Emanuela Orlandi, 11 luglio si aprono 2 tombe in Vaticano: svolta nel mistero? (foto Ansa)

ROMA – Emanuela Orlandi, siamo a una svolta nel mistero che dura da 36 anni. Il giorno 11 luglio, giovedì, si apriranno due tombe nel piccolo cimitero teutonico all’interno del Vaticano. Sarà così possibile accertare se in una di esse giacciono i resti della povera Emanuela, scomparsa la sera del 22 giugno 1983 oppure se la segnalazione rigorosamente anonima che ha messo in moto la nuova (dopo S.Apollinare) macabra impresa va archiviata con la lunga serie di precedenti andati a vuoto. Verrebbe da dire: troppa grazia S. Antonio, oppure crepi l’avarizia.

L’avvocato Laura Sgrò, legale di Pietro Orlandi, la scorsa estate ha chiesto al Vaticano l’apertura di una tomba del piccolo cimitero Teutonico per verificare se davvero ci sono i resti di Emanuela Orlandi, risolvendo così almeno parte del mistero Orlandi, ed ecco che la Segreteria di Stato d’Oltretevere di tombe gliene apre il doppio: due anziché una. Anonimo come altri messaggi presi sul serio in questa triste storia ormai quasi 40ennale, e strombazzato per mettere sotto pressione il Vaticano, il messaggio ricevuto da Sgrò diceva: “Cercate dove indica l’angelo”. Con allegata la foto della statua di un angelo che regge un foglio riportante la scritta “Requiescat in pace”.

Ma, come ha fatto notare subito Blitz  l’angelo della foto non guarda da nessuna parte perché ha la testa reclinata sul petto, semmai si direbbe che si guarda i piedi. Con le braccia distese lungo il corpo regge una lapide con scritto “Requiescat in pace”. Ai piedi di questo angelo c’è la tomba chiusa da una lastra di pietra con scolpita una dedica alla principessa Joana Sofia de Hohenlohe-Langemburgo, morta nel 1743, e al suo discendente per parte di madre principe e cardinale Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst, deceduto a Roma il 30 ottobre 1896. Suggerire di cercare “dove indica l’angelo” è suggestivo, ma non ha senso. A fianco di questa tomba ce n’è un’altra, un monumentale sarcofago di marmo alto forse un po’ meno di un metro, e si trova ai piedi di un angelo che guarda avanti e col braccio sinistro alzato indica il cielo.

E’ la tomba di Carlotta Federica di Meclemburgo-Schwerin, madre del re dei danesi Federico VII, morta a Roma il 13 luglio 1840. Qui l’espressione “dove indica l’angelo” avrebbe un senso, ma poiché indica il cielo è evidente che cercare in cielo non significa niente. A meno che si voglia dire che Emanuela è in cielo, cioè che è morta, cosa peraltro ormai ovvia da decenni: anche qui, non c’è bisogno di nessun angelo per capirlo. Insomma, non è affatto chiaro dove indica l’angelo. Donde la saggia decisione di aprirne due di tombe, anziché una sola, onde evitare altre prevedibili strampalate polemiche.

Come diceva nel ’94 Stefano Accorsi nello spot pubblicitario del gelato Maxibon, trampolino di lancio della sua carriera di attore, “Du gust is megl’ che uan!”. Una generosità che però fa a pugni con quanto pure strombazzato da Sgrò e Pietro Orlandi, secondo i quali “da anni diverse persone depongono fiori presso quella stessa tomba perché si dice che vi sia seppellita Emanuela”. Tralasciamo la stranezza che durante tutti gli anni in questione – anni, non giorni o settimane o mesi – nessuno abbia mai saputo nulla dei fiori deposti da “diverse persone” convinte di metterli sulla tomba di Emanuela. Notizia ignota all’interno del Vaticano e anche all’esterno visto che la stampa non ne ha mai avuto il più pallido sentore. Tralasciamo.

Il problema però è che per anni “diverse persone” devono avere portato fiori per due tombe di Emanuela e non per una sola. Convinte forse che i suoi resti fossero stati divisi in due sepolture, magari perché fatta a pezzi? E’ evidente che qualcosa non quadra: l’unica spiegazione è che questa storia dei fiori, che lo stesso Pietro Orlandi sostiene sia solo una voce, sia piuttosto imprecisa. Se non inventata di sana pianta da qualcuno a monte o a valle del messaggio scritto spedito alla Sgrò. Spedito alla Sgrò? Il giornalista de L’Espresso Emiliano Fittipaldi ne aveva già parlato 2-3 anni prima. Un’altra cosa che non quadra è l’insistenza con la quale Sgrò e il suo cliente hanno fino a ieri mattina accusato il Vaticano di non fare nulla per interessarsi alla vicenda di Emanuela.

Accusa che non quadra col fatto che nel gennaio 2015 sulla rubrica Vatican Insider de La Stampa è apparsa la notizia che il Promotore di Giustizia del Vaticano, Gian Piero Milano, aveva nominato un “curatore” proprio per il caso Orlandi. L’apertura delle due tombe pare sia dovuta al suo lavoro più che alle grida, soprattutto televisive, altrui. Si scoprono le tombe tra meno di dieci giorni, per l’esattezza l’11 del corrente mese di luglio. Vedremo. Dopo una marea di “finalmente ci siamo!” rivelatisi aria fritta, a volte anche molto fetida, vedremo se questa volta “ci siamo!” o no. Intanto dobbiamo essere grati al Vaticano di averci evitato le lunghe attese e annesse allucinazioni riguardo le certezze, anche quella da imbeccata anonima, telefonica anziché epistolare, che Emanuela fosse sepolta nella tomba di Enrico De Pedis nel sotterraneo della basilica di S. Apollinare.

Questa volta il tormentone tutto sommato è durato poco. Il giorno 11 non mancherà nessuno: il portavoce vaticano ha annunciato che ci saranno i legali delle parti, i familiari di Emanuela, i parenti delle persone seppellite nelle due tombe interessate, il professor Giovanni Arcudi, perito di fiducia del Vaticano, il personale della Gendarmeria vaticana e il suo comandante Domenico Giani. Una sola domanda: perché il portavoce vaticano ha detto che ci saranno i legali “delle parti”, al plurale? Di parte dovrebbe essercene solo una, gli Orlandi. Forse anche il Vaticano per questa faccenda s’è prudentemente dotato di un avvocato? Tutto ciò premesso, speriamo sia davvero la volta buona. Lo speriamo per gli Orlandi, che finalmente sapranno anche loro dove portare fiori a Emanuela. E lo speriamo per tutti coloro che a vario titolo da ben 36 anni sono ipnotizzati dal mistero Orlandi o ci si sono infilati per protagonismo e mitomania. Lo speriamo infine anche per coloro che se ne occupano seriamente da anni nella vana speranza di sapere cosa è successo realmente e di risolvendo così l’intero mistero: speriamo che dopo il prossimo giorno 11 possano finalmente dedicarsi ad altro.