Emanuela Orlandi, nuovo tentativo di rilanciare il caso dopo il romanzo scritto dall’ex magistrato Capaldo

di Pino Nicotri
Pubblicato il 28 Novembre 2021 - 06:21| Aggiornato il 29 Novembre 2021 OLTRE 6 MESI FA
Emanuela Orlandi, nuovo tentativo di rilanciare il caso dopo il romanzo scritto dall'ex magistrato Capaldo

Emanuela Orlandi, nuovo tentativo di rilanciare il caso dopo il romanzo scritto dall’ex magistrato Capaldo

Emanuela Orlandi, si ritorna a parlare di lei. “Buongiorno, Nicotri. Come sta? Non si occupa più del caso della scomparsa di Emanuela Orlandi?”.
Dopo mesi di silenzio, la telefonata è davvero una grande sorpresa.

Buongiorno, Eminenza. Io sto bene, e lei? Spero altrettanto. Beh, occuparsi del caso Orlandi con lo stesso accanimento che ho avuto per anni, dopo le figuracce pessime di Pietro Orlandi e suoi aficionados riguardo la faccenda della pretesa sepoltura nel camposanto Teutonico in Vaticano  è come sparare su un cadavere. 

“In effetti. Tanto can can per dei fiori portati “misteriosaente” sulla tomba di una principessa spacciati per fiori portati per Emanuela, a dire dei soliti mitomani sepolta nella tomba della principessa.

Poi lei Nicotri ha scoperto che quei fiori non c’entravano col mistero di Emanuela Orlandi: erano e sono periodicamente portati su quella tomba per espresso desiderio e incarico dei discendenti di quella principessa”.

Come vede…

“Sì, però ora c’è il romanzo “La ragazza scomparsa” dell’ex magistrato Giancarlo Capaldo. Lo stesso Capaldo che ha condotto l’ultima lunga tranche dell’infinita inchiesta giudiziaria sulla scomparsa di Emanuela”.

Ho letto la notizia, non il romanzo. Che credo proprio non leggerò. Semmai ne scriverò uno io…. Da pubblicare però post mortem, perché ce n’è per tutti e non voglio complicarmi troppo la già tribolata vecchiaia. Ma come mai lei si interessa del romanzo di Capaldo?

“Per due motivi”

Quali sono?

Emanuela Orlandi e la versione di Capaldo

“Il primo è che l’ex magistrato romanziere insiste a dire che avrebbe fatto sapere al Vaticano, ma prudentemente sempre senza fare nomi, che lui era disponibile a toglierci dall’asserito imbarazzo della famosa tomba di Renato De Pedis nello scantinato della basilica di S. Apollinare in cambio di un “aiutino” per sapere cosa è successo a Emanuela.

E che come tutta risposta gli è stato detto un “Vedremo” che lui ha interpretato come ammissione di sapere cosa è successo alla ragazza”.

Beh, ma questo è falso perchè….

“Mi lasci finire, lasci che lo dica io che è falso e perché è falso. E’ falso perché lei, Nicotri, ha scritto più volte, mai smentito,…”

E NON smentibile

“…che lo stesso Capaldo ha chiesto a lei di procuragli un contatto con la Segreteria di Stato”.

Esatto! Ho le prove.

“E poiche tale richiesta le è stata fatta dopo l’eliminazione della tomba di De Pedis dalla basilica, ne consegue in modo indiscutibile e inoppugnabile che Capaldo NON aveva avuto nessun colloquio tra lui e il Vaticano riguardo eventuali scambi. Via la tomba in cambio di notizie sulla fine di Emanuela.

Non poteva avere avuto nessun colloquio, se non con qualche ingenuo sacerdote o prelato o semplice impiegato che neppure sapeva chi fosse la Orlandi. E non era al corrente di tutti i romanzoni che ne sono nati per decenni. Qualcuno che per educazione gli ha detto “Vedremo” anziché mandarlo, mi scusi l termine, al diavolo. E lui su quel “Vedremo” ci ha ricamato scambiando per realtà i suoi desiderata”.

Questo dunque è il primo motivo per il quale lei, Eminenza, si interessa del romanzone, pardòn, del romanzo di Capaldo?

“Sì”.

E il secondo?

Emanuela Orlandi nella versione di Laura Sgrò

“Il secondo riguarda l’affermazione, anzi le affermazioni, due, dell’avvocatessa Laura Sgrò, che ha chiesto al Vaticano di ascoltare con urgenza Capaldo a proposito di quel “Vedremo”. Il classico fischio scambiato per fiasco, contenuto nel romanzone, pardòn, nel romanzo di Capaldo. L’avvocatessa afferma infatti che De Pedis era “un noto esponente della banda della Magliana”. Pompata a dismisura dai massmedia tanto che ormai a Roma è da molti anni ubiquitaria. Prezzemolo per ogni brutta minestra.

Quando invece De Pedis è sempre stato assolto, non aveva carichi pendenti e non aveva subito il ritiro né del passaporto né di altri documenti per la libera circolazione”.

In effetti, io ho scoperto un particolare che neppure la vedova di De Pedis, Carla Di Giovanni morta precocemente anche per il dolore di decenni di accuse pazzesche contro il marito, conosceva o ricordava.

La Cassazione a suo tempo ha ordinato il rifacimento del processo con l’unica condanna di De Pedis, per una tentata rapina in solitario a una filiale del Banco di Roma. Perché la polizia dopo avere inseguito il rapinatore mancato, che fuggiva a piedi velocemente, aveva arrestato De Pedis mentre usciva da un portone.

Nessuna prova quindi che il rapinatore mancato fosse De Pedis

Inoltre lo stesso perito della pubblica accusa ha certificato che De Pedis all’epoca era impossibile che potesse correre a piedi perché aveva perso mezzo tallone di un piede in un incidente di motocicletta.

“La cosa assurda, per non dire vergognosa, è che De Pedis, riconosciuto in vari processi come estraneo alla famosa banda ubiquitaria, viene definito “boss della Banda della Magliana”  dallo stesso Capaldo nella sua requisitoria finale. Quella che poi non ha controfirmato perché l’allora  procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone non aveva approvato alcune sue conclusioni”.

Beh, guardi, non dovrei dirlo, ma quando ho fatto rilavare a Capaldo la stranezza e la scorrettezza di quella sua definizione lui ha avuto una reazione incredibile.

“Quale?”.

Dopo anni di buona consuetudine ha rotto di colpo ogni rapporto con me pregandomi di non cercarlo più: né di persona né via mail né per telefono. Desaparecido. 

Mi scusi, Eminenza, ma lei ha parlato di due affermazioni della Sgrò: qual è l’altra?

“L’altra affermazione è che De Pedis era “inspiegabilmente sepolto” in S. Apollinare, omettendo stranamente che in realtà si trattava di uno scantinato e non del pavimento o delle pareti della basilica in quanto tale, lo spazio cioè dove si celebra la messa e si riuniscono i fedeli. Ma soprattutto ignorando bellamente che di quella sepoltura si era già occupato il magistrato Andrea De Gasperis per due anni, dal 1995 al 1997. E aveva appurato che era tutto legittimo e non c’era nulla di “inspiegabile”” .

La moglie di De Pedis e la tomba in chiesa

Esatto. Sua moglie, Carla, lo aveva sepolto nella tomba della sua famiglia paterna al Verano. Poi però temendo atti vandalici da parte degli stessi che lo avevano ucciso. E volendo evitare di dover fare ogni volta vari chilometri in auto per andare a occuparsi della tomba, alla quale cambiava i fiori almeno una volta la settimana. Ha pensato di traslarne la salma nel sotteraneo di S. Apollinare per vari motivi.
– Perché era la basilica dove si erano sposati.
– Perché ne conoscevano bene il rettore don Piero Vergari, che aiutavano assieme ai due fratelli di Enrico De Pedis che, titolari di due ristoranti, lo aiutavano nelle sue iniziative per i pranzi dei poveri. 
– Perché don Vergari aveva deciso di ripulire lo scantinato della basilica per farne lo spazio capace di accogliere una decina di sepolture di parrocchiani. 
– E perché la basilica era molto vicina al luogo di lavoro di Carla Di Giovanni, vale a dire all’istituto regionale delle case popolari. Vicinanza che le permetteva di andare a visitare la tomba anche più volte la settimana agevolmente a piedi anziché con decine di minuti in auto nello scoraggiante traffico romano.

“Come mai l’avvocatessa Sgrò definisce “inspiegabile” quella molto spiegabile e molto spiegata sepoltura?”

Ah, non lo chieda a me, Eminenza! So solo che mesi or sono Pietro Orlandi ha lanciato un appello alle ex compagne del conservatorio Ludovico Da Victoria di Emanuela perché corroborassero le “rivelazioni” fattegli da un tizio riguardo l’asserita frequentazione del Da Victoria da parte dell’immancabile De Pedis. Definito buon amico della direttrice del conservatorio, suor Dolores, e del futuro presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Che affianco alla segreteria del Da Victoria aveva la sua segreteria particolare di parlamentare e ministro. 

“E come è andata a finire?”.

Male. Malissimo. Un ex diciamo fedelissimo di Pietro Orlandi, il giornalista Tommaso Nelli, che del caso Orlandi si è occupato seriamente, ha immediatamente reso noto che la fonte delle nuove “rivelazioni” era un noto cacciaballe che aveva cercato di intortare anche lui.

E per averlo detto è stato violentemente attaccato dallo stesso Pietro Orlandi. Attacco che ha provocato le proteste del giornale per il quale Nelli aveva scritto che il nuovo “supertestimone” era appunto solo un volgare cacciaballe.

“Ma come è possibile questa insistenza che evito di definire cialtrona per rispetto alla mia diciamo divisa?”.

Ah, non lo chieda a me, Eminenza.