Fabiana Luzzi: associazione di uomini parte civile contro il femminicidio

di Pino Nicotri
Pubblicato il 29 Maggio 2013 - 20:03| Aggiornato il 30 Maggio 2013 OLTRE 6 MESI FA
Fabiana Luzzi e altre, vittime di femminicidio. Leggi ci sono, vanno applicate

Fabiana Luzzi

Dopo la bestiale uccisione di Fabiana Luzzi, mi sono convinto che urge un’associazione maschile che si costituisca parte civile nei processi per delitti contro donne come quello di Corigliano Calabro.

Sono sempre stato e sempre sarò fermamente contrario alla pena di morte. Specie contro minorenni Ma ci sono casi di violenza talmente bestiali da far vacillare questa mia fermezza.

L’efferata, orribile uccisione di Fabiana Luzzi a Corigliano Calabro da parte di un bipede di nome Davide – del quale non si conosce il cognome perché protetto dall’essere lui ancora minorenne, anche se ancora per poco – è di una bestialità tale da far davvero pensare che la galera, fosse anche l’ergastolo, non basta.

Non può bastare. E sono certamente fuori luogo le lagne buoniste del vescovo di Santo Marciano che s’è precipitato a dire o a far dire alla madre di Fabiana che “in fondo anche Davide è una vittima”. Se è una vittima, è vittima in primo luogo di se stesso, di una educazione sgangherata o assente dei suoi genitori e anche di un modo di intendere la religione ridotto dalla Chiesa, specie al Sud, a superstizione.

Non è un caso se la criminalità organizzata da Napoli a Palermo i suoi adepti li arruola con cerimonie di stampo religioso: giuramenti, santini bruciati, denominazioni blasfeme del tipo Sacra Corona Unita. Oltre a dire, peraltro giustamente, che “c’è bisogno di una rivoluzione educativa sui giovani”, il vescovo dovrebbe spiegare ad alta voce di chi è la responsabilità.

A onor del vero, di delitti come Corigliano Calabro e degradi vari, anche peggiori, pullula la Storia da che mondo è mondo. Le guerre solo anche peggio di Davide, pur se osannate dai vincitori che chiamano “gloria” quella che spesso è solo violenza omicida di una massa enorme di Davide. Il problema quindi è che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nell’intendere i nostri rapporti con gli “altri”.

Forse perché è capitato in giorni per me già pesanti, anche a causa della scomparsa di don Andrea Gallo, punto di riferimento umano e morale, confesso che il delitto di Corigliano mi ha pressoché sconvolto. Un raccapriccio simile lo ho provato solo quando ho letto del delitto di Novi Ligure, con la ragazzina Erika che ha accoltellato a morte la propria madre e il proprio fratellino.

Aiutata dal proprio “fidanzatino” Omar, Erika ha inseguito il proprio fratellino su per le scale di casa, lo ha acciuffato e tentato di affogare nella vasca da bagno, evidentemente riempita a bella posta, prima di ammazzarlo a coltellate perché il bambino non voleva morire affogato, ma vivere!

Le sentenze in un Paese civile vanno rispettate. Anche quelle grazie alle quali le Eike e gli Omar sono oggi già liberi, in grado quindi di rifarsi una vita, anziché marcirla all’ergastolo.

Sono alcune migliaia di anni che la donna è considerata un essere inferiore, fin dalle basi teologiche della nostra civiltà. Il nuovo Papa, Francesco, sarà anche un grande riformatore, anche se a me non pare proprio, però intanto ha cominciato anche lui a tambureggiare che “dobbiamo difendere il feto”: tradotto in italiano significa che la donna deve continuare ad essere considerata un barattolo, una scatola, che nulla può decidere di ciò che si porta dentro quando resta incinta.

A decidere deve essere ancora, sempre e solo ciò che vuole un potere eminentissimamente maschile e maschilista come quello vaticano. Che offende la condizione femminile anche con l’esclusione delle donne dal sacerdozio. La motivazione ufficiale è che Gesù aveva solo apostoli di sesso maschile. A parte il fatto che non è sicuro che le cose stessero così, resta il fatto che Gesù non aveva neppure telefonini, automobili, televisori, paramenti “sacri” costosi, trasferte all’estero in aereo o vacanze a Castel Gandolfo da raggiungere con elicotteri dello Stato italiano. Gesù nulla di tutto ciò aveva, però la Chiesa, i papi, i cardinali, i vescovi, i sacerdoti e i preti invece ne hanno.

Ma anziché insistere su questi tasti, scadere magari nel moralismo e dare sfogo alla mia rabbia, oltre che alla mia paura per la bestialità che evidentemente alligna in ognuno di noi, lancio una proposta.

Formiamo una associazione di cittadini della repubblica italiana di sesso maschile che d’ora in poi si costituisca parte civile nei delitti contro le donne come quello di Corigliano Calabro.

Il femminicidio non si combatte a chiacchiere! Continuando per giunta con gli stili di vita e la subcultura che da sempre sono all’origine di tale aberrazione della prepotenza maschile. Chi uccide come i troppi Davide offende e degrada anche la condizione maschile. Che dobbiamo quindi difendere!

Ci sono le unioni dei consumatori, le associazioni di vario tipo che si costituiscono parte civile nei processi nei quali la vittima è in qualche modo da loro rappresentata anche se a volte molto indirettamente. Fondiamo una associazione maschile che si costituisca parte civile contro quei maschi che commettono delitti che infamano l’essere un maschio, un uomo anziché una donna.

Sì, lo so, le sentenze vengono emesse in nome dell’intero popolo italiano, uomini, donne, anziani e bambini, adulti e minorenni neonati compresi. Ma, ripeto, se ci sono associazioni che a vario titolo possono costituirsi parte civile contro chi lede un qualche loro rappresentato, il più delle volte neppure iscritto ad una associazione, a maggior motivo ha ragione di esistere – ed agire – una associazione come quella che propongo. Che, oltretutto, potrebbe e dovrebbe anche denunciare man mano i vari eccessi della moda, della pubblicità e della subcultura che degradano la donna, e quindi di conseguenza anche noi uomini, senza che nessuna autorithy o “comitato etico” abbia qualcosa da ridire.