Guerra in Ucraina da Orazio, Owen al patriarca Cirillo e Giorgia Meloni: frasi fuori luogo, retorica patriottarda

Guerra in Ucraina da Orazio, Owen al patriarca Cirillo e Giorgia Meloni: frasi fuori luogo, retorica patriottarda che manda i giovani a morire

di Pino Nicotri
Pubblicato il 16 Ottobre 2022 - 10:02 OLTRE 6 MESI FA
Guerra in Ucraina da Orazio, Owen al patriarca Cirillo e Giorgia Meloni: frasi fuori luogo, retorica patriottarda che manda a morire.

Guerra in Ucraina da Orazio, Owen al patriarca Cirillo e Giorgia Meloni: frasi fuori luogo, retorica patriottarda che manda a morire.

Guerra in Ucraina, parole in libertà (vigilata) del patriarca russo Kirill. Kirill, cioè Cirillo, ha 76 anni e all’anagrafe fa Vladimir Michajlovič Gundjaev.
È il 16esimo capo della Chiesa ortodossa dell’intera federazione russa o – se si preferisce – di tutte le Russie. Negli ultimi tempi ha fatto dichiarazioni che avrebbe fatto meglio a tenere per sé. Variazioni in salsa russo cirillica (o cirilliana?) del noto motto latino “Dulce et decorum est pro patria mori (è dolce e dignitoso morire per la patria )”, coniato da Orazio nella terza delle sue Odi. 
 
È falsa la notizia che Kirill il 23 settembre abbia voluto supportare la mobilitazione di 300 mila uomini ordinata dal presidente Vladimir Putin per irrobustire l’intervento militare in Ucraina, e che lo abbia fatto invitando i 300 mila a “non avere paura della morte”. Per poi aggiungere:
 
“Vai coraggiosamente a compiere il tuo dovere militare. E ricorda che se muori per il tuo Paese sarai con Dio nel suo regno, gloria e vita eterna”. 
 
La notizia era stata data non solo dai giornali italiani riprendendola da un tweet del media indipendente bielorusso Nexta. Peccato però che Nexta quella notizia l’aveva data l’anno scorso, per l’esattezza il 13 giugno. Motivo per cui non c’entravano nulla né la mobilitazione ordinata da Putin né la guerra con l’Ucraina.  Per giunta Nexta prendeva in giro il patriarca concludendo il tweet cone le seguenti parole:
 
“Forse Kirill rinuncerà alla Mercedes blindataa e alla security?”. 

Guerra in Ucraina, tra fake news e verità

Quella notizia era falsa, ma era ed è vero che il 27 settembre di quest’anno  nel corso di una cerimonia domenicale religiosa pubblica in pompa magna il patriarca con un apposito sermone ha detto anche di più di quanto detto l’anno scorso. Arrivando a sostenere che chi muore in guerra si lava di tutti i peccati: 
 
“Sappiamo che molti oggi muoiono su campi di battaglia fratricidi. La Chiesa prega perché questa battaglia finisca al più presto. Perché il minor numero possibile di fratelli si uccida a vicenda in questa guerra fratricida. Allo stesso tempo la Chiesa si rende conto che se qualcuno spinto dal senso del dovere e dalla necessità di onorare il suo giuramento rimane fedele alla sua vocazione. Se quella persona rimane fedele alla sua vocazione e fa ciò che il suo dovere gli dice di fare. Se una persona muore nell’adempimento di questo dovere. Allora ha senza dubbio commesso una atto equivalente a un sacrificio e quidi crediamo che questo sacrificio lavi via tutti i peccati che ha commesso”. 

Muori per la Patria, andrai in Paradiso

Ergo, anche se Kirill non lo ha detto espliciatmente, il paradiso è assicurato….
 
Il punto debole di questo tipo di affermazioni da Orazio a Kirill è che nessuno dello sterminato mare dei morti in guerra  è tornato indietro per dirci se morire per la patria gli è stato davvero dolce. E dignitoso stando anche lo scempio che spesso subisce il corpo di chi in guerra ci muore. Quindi per essere onesti, precisi e veritieri la famosa frase, decantata da duemila anni, dovrebbe essere corretta così:
 
“Dolce è dignitoso ci appare che gli ALTRI muoiano per la patria”. 
 
Gli ALTRI. Non i cantori della bellezza del morire per la patria.
 
Un altro equivoco di fondo, altrettanto antico e inspiegabile, in voga ancora oggi e caro non solo a Kirill, è contenuto nell’affermazione che chi muore per una causa ha il merito di avere donato la propria vita per quella causa. E no! Non la propria vita ha donato, ma la propria morte! Offrire la propria vita a qualcuno o per qualcosa significa offrire la propria disponibilità a vivere con qualcuno, per qualcuno o per qualcosa: per esempio per i propri figlio e/o per la persona amata e/o per la realizzazione di un’opera, per lo svolgimento del proprio lavoro, per ricerche scientifiche impegnative, ecc.
 
Mi spiego con un esempio. Se brucio le banconote di un milione di euro per le ricerche sul cancro o per altra nobile causa NON significa che quel milione di euro l’ho donato per le ricerche sul cancro o per altra nobile causa, ma significa solo che quel milione di euro l’ho ridotto in cenere. Cosa che chiarissimamente non serve a finanziare niente e nessuno. 
E’ inspiegabile come tale equivo, vera e propria truffa, duri da secoli e secoli…

Le madri di Giorgia Meloni

Perfino Giorgia Meloni in un impeto di retorica imaginifica c’è cascata nel suo discorso del 29 aprile scorso alla tre giorni della conferenza programmatica di Fratelli d’Italia:
 
“Mi sono chiesta perché le madri ucraine hanno messo in salvo i figli nei corridoi umanitari e sono tornate indietro a combattere. Ma perché voler far crescere i propri figli orfani? Perché la patria è la prima delle madri”. 
 
Quindi la coclusione è la solita: “dulce et decorum est pro patria mori”.

Una poesia sulla guerra

Quanto sia falsa qusta affermazione lo ha dimostrato efficacemente il poeta e soldato inglese Wilfred Owen in una  poesia con la quale descrive la morte atroce per asfissia da gas nella prima guerra mondiale. Poesia con la quale sbatte in faccia a tutti i militaristi quanto il tanto declamato “dulce et decorum est pro patria mori” sia solo una “old lie”, una vecchia bugia. Dal verde appannato di una maschera antigas Owen ci descrive un commilitone che muore annegato nel gas: gli “occhi bianchi contorcersi nel suo volto,//il suo volto abbassato, come un diavolo stanco di peccare […] //il sangue che arriva come un gargarismo dai polmoni rosi dal gas,// ripugnante come un cancro, amaro come il bolo//di spregevoli, incurabili piaghe su lingue innocenti”.
 
Poesia, quella di Owen, tanto più attuale ai nostri tempi armati di armi criminali capaci di apocalittiche distruzioni di massa, dalle atomiche alle bombe chimiche, batteriologiche, asfissianti, al fosforo bianco, termobariche, ecc., il cui tintinnio in questi giorni si fa sempre più insistente. E minaccioso. 
 
Ironia della sorte, Kirill nei giorni scorsi si è scoperto colpito dal Covid esattamente come il suo omologo patriarca ortodosso ucraino Filarete, ricoverato per Covid all’inizio del settembre di due anni fa, 2020. Nel marzo di quell’anno Filarete aveva fatto scalpore perché, intervistato da una tv ucraina, aveva dichiarato che il Covid è ″una punizione di Dio per i matrimoni tra persone dello stesso sesso″. Guadagnandosi così una denuncia per omofobia da parte dell’associazione ucraina  Insight (Comprensione) per i diritti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali). 
 
Triste gara a straparlare quella dei due patriarchi.