Matteo Renzi odia i pensionati e ignora crisi giornali: Governo comincia male

di Pino Nicotri
Pubblicato il 16 Febbraio 2014 - 08:01 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Renzi odia i pensionati e ignora crisi giornali: Governo comincia male

Matteo Renzi nello studio di Amici: preferisce i giovani ai diritti dei pensionati

Se il buongiorno si vede dal mattino, l’era di Matteo Renzi capo del governo comincia male. O meglio: comincia nel solito vecchio modo delle litanie decisamente ipocrite. Prendiamo infatti il comunicato della direzione del PD che giovedì scorso ha di fatto licenziato Enrico Letta rottamandogli il governo e leggiamolo con attenzione, cosa che nessuno ha fatto altrimenti la sua insanabile mancanza di logica sarebbe già stata denunciata:

“La Direzione del Partito Democratico esaminata la situazione politica e i recenti sviluppi, ringrazia il presidente del Consiglio Enrico Letta per il notevole lavoro svolto alla guida del governo, esecutivo di servizio, nato in un momento delicato dal punto di vista politico, economico e sociale, e per il significativo apporto dato, in particolar modo per il raggiungimento degli obiettivi europei”.

Frase alla quale, se la logica ha ancora un senso, dovrebbe seguire un plauso al primo ministro in carica Letta. Tanto più che il documento prosegue con un esplicito riconoscimento della validità del documento programmatico Impegno Italia illustrato dallo stesso Letta poche ore prima. Infatti il comunicato afferma che la direzione del PD

“assume il documento Impegno Italia come contributo per affrontare i problemi del Paese”. 

Bene. Avanti a tutta forza col governo Letta, dunque, “per affrontare i problemi del Paese”. E invece no! Con un disinvolto salto mortale carpiato con avvitamento, il comunicato fa un’illogica inversione a U dichiarando che la direzione del partito

“rileva la necessità e l’urgenza di aprire una fase nuova, con un nuovo esecutivo che abbia la forza politica per affrontare i problemi del Paese con un orizzonte di legislatura, da condividere con la attuale coalizione di governo e con un programma aperto alle istanze rappresentate dalle forze sociali ed economiche”. 

Sulla necessità e anzi l’urgenza di aprire una fase nuova non si può che essere d’accordo. Non si capisce però da dove piova, su quali argomenti si poggi e perché debba essere il benservito a Letta il passo immediatamente successivo, con il quale il comunicato rende noto che la direzione del PD

“invita gli organismi dirigenti, legittimati dal Congresso appena svolto, ad assumersi tutte le responsabilità di fronte alla situazione che si è determinata per consentire all’Italia di affrontare la crisi istituzionale, sociale ed economica, portando a compimento il cammino delle riforme avviato con la nuova legge elettorale e le proposte di riforma costituzionale riguardanti il Titolo V e la trasformazione del Senato della Repubblica e mettendo in campo un programma di profonde riforme economiche e sociali necessarie alla promozione di sviluppo, crescita e lavoro per il nostro Paese”.

Renzi insiste a dire che lui ha un ben preciso programma politico articolato in più punti, che lo ha reso noto e che se ne vanta. Bene. Però neppure lui espone un’analisi della realtà strutturale, cioè produttiva e sociale, italiana. Quali sono gli strati sociali (una volta nel partito nonno del PD si diceva “classi”) produttivi e quali quelli che vivono del lavoro altrui? Che ruolo hanno la finanza, le banche, le società finanziare e i loro vertici nella crisi attuale? Quali sono gli strati sociali che si possono e si debbono alleare tra loro per porsi alla guida del Paese facendo non solo il proprio interesse, ma l’interesse generale? Esistono strati e ruoli troppo privilegiati e parassitari?

A queste domande il rottamatore Renzi non fornisce nessuna risposta.

C’è una risposta solo all’ultima domanda: per Renzi i troppo privilegiati e parassiti sono i pensionati “d’oro”…. Fissazione davvero manicomiale in una situazione come quella italiana, dove oltretutto è dimostrato che la corruzione dei ceti dirigenti, a partire dal ceto politico, è una idrovora e sanguisuga di proporzioni gigantesche, che avanti così lasceranno l’Italia senza sangue. Ceti corrotti sempre in azione perché non solo NON sono pensionati, ma non hanno nessuna intenzione di diventarlo.

Altre domande prive di risposta. Che fare contro la crisi dei giornali – cioè del cane da guardia della democrazia chiamato giornalismo – dovuta al fatto che le televisioni si accaparrano la quasi totalità della torta degli introiti pubblicitari? Che fare contro la scomparsa degli editori puri, che non siano cioè editori solo per usare i loro mass media come cocchio dei loro altri interessi, industriali, finanziari, immobiliari, bancari, ecc. ? Che fare con il conflitto di interessi, la cui legge esiste dal 1957, ma che grazie agli antenati del PD e di Renzi è stata ignorata anzi calpestata a beneficio di Silvio Berlusconi e della sua conseguente capacità di comprarsi di tutto e di più, dalle papi-girls a interi mazzi di parlamentari?

Stando così le cose è inevitabile che Renzi appaia più che altro come la versione politica e rampante di Fonzie, non a caso il nomignolo Renzie dilaga sui social network e compare anche nella stampa estera. Con i suoi pantaloni “ggiovani” con il sedere push up come i reggiseni Wonderbra, Renzi è perfetto come personaggio televisivo stile Amici e da rotocalco stile Chi o Novella 2000. Vedremo cosa riuscirà a combinare di buono, gli auguriamo e ci auguriamo che di buono ne combini molto. Per ora però somiglia troppo alla versione politico governativa del conduttore di programmi televisivi confezionati per un pubblico “ggiovane” e per un pubblico di casalinghe. Oltre che per un pubblico di pensionati, però non “d’oro”: piuttosto di quelli per i quali la tv, accesa 18 ore al giorno, è il rumore di fondo domestico e l’unica fonte di “informazione” e svago.

La querelle Renzi versus Letta ricorda altre faccende simili, e non delle migliori. Tralasciamo il solito paragone con Camillo e don Peppone, visto anche che qui nessuno è Camillo, quelli che vengono in mente sono il duello Massimo D’Alema versus Achille Occhetto, seguito poi dal lungo duello Walter Veltroni contro D’Alema. Duelli che benefici ne hanno apportato certo ai duellanti, un po’ meno all’Italia e agli italiani. E in quest’Italia dal ceto politico che ama le metafore e i paragoni calcistici, il fatto che si sia trattato sempre di scontri all’interno dello stesso partito, “de sinistra”, fa venire in mente anche i derby Roma-Lazio e Milan-Inter. Magra consolazione.

Il rottamatore Renzi ha dunque rottamato anche il governo Letta. Può essere un bene. Vedremo. Intanto però Renzi col suo attivismo estetico e verboso mi fa venire in mente anche e soprattutto quel giovane che non ricordo quanti anni fa alla vittoria elettorale del centro destra, dovuta anche al boom della Lega Nord, intervistato nella piazza Duomo di Milano, gremita di bandiere Forza Italia e Alberto di Giussano, gongolava felice davanti alla telecamera del telegiornale e gridava orgoglioso al microfono: “A far vincere le elezioni siamo stati noi giovani! E ora le cose cambieranno grazie a noi giovani”.

Sono passati non ricordo quanti anni, ma di cambiato non s’è visto molto. Se non in peggio, telefonini e iPad a parte. Cosa che non mi rallegra neppure un po’. Anzi.