Natale, Pasqua: astronomia decise i riti 20 mila anni fa

di Pino Nicotri
Pubblicato il 29 Dicembre 2015 - 07:09 OLTRE 6 MESI FA
Natale, Pasqua: astronomia decise i riti 20 mila anni fa

La festa del sole, in Perù, ricorda il Natale degli Inca, il 24 giugno. Anche dall’altra arte del mondo il sole risorge

MILANO – Che origini ha il Natale? La festa che dà il nome a tutte le feste è passata lasciandoci in eredità i blocchi del traffico. Ora aspettiamo Capodanno. Le feste non sono finite, anzi, chi può, è nel pieno delle vacanze. Costretti ai domiciliari ecologici, possiamo parlare di questa sequenza di festività dal punto di vista storico senza correre il rischio di guastarlo a qualcuno.

Natale è una festa che in realtà esiste da almeno 5.000 anni, ben prima del cristianesimo, ma forse è ancora più antica. Esiste da quando gli esseri umani si sono accorti non solo che il sole morente al tramonto risorge all’alba successiva, ma anche che dopo il solstizio d’inverno – che nel nostro emisfero si verifica il 21 dicembre – il sole nel suo percorso quotidiano riprende ad alzarsi rispetto la linea dell’orizzonte, le notti riprendono ad accorciarsi e il dì ad allungarsi.

Esiste anche dall’altra parte del mondo, a date opposte. In Perù il 24 giugno, quando noi andiamo al mare e nelle steppe e nelle foreste del profondo Nord ancora festeggiano il giorno più lungo, celebrano per i turisti la antica festa degli incas in onore del Dio sole:  per loro è il solstizio d’inverno e il sole rinasce.  A rifletterci, dato che in America latina gli uomini sono arrivati probabilmente 20 mila anni fa, già allora, prima che passassero da un continente all’altro, gli uomini già avevano il loro Natale.

Il termine solstizio derivata dal latino solstitium, che significa “sole fermo”. Tale espressione nasce dal fatto che nell’emisfero nord della Terra, quello dove noi viviamo, dal 22 al 24 dicembre il sole sembra tramontare sempre nel punto più basso della sua traiettoria rispetto l’orizzonte. Poiché nell’antichità le osservazioni astronomiche le facevano ad occhio nudo o con attrezzi molto più rudimentali dei nostri, in quei tre giorni il sole pareva sconfitto: ovvero, “morto”. Poi l’occhio ne percepiva la rinascita o resurrezione, cioè la nuova ciclica ascesa nel cielo. Con il conseguente nuovo allungarsi del dì e dell’accorciarsi della notte.

Sono decine, se non centinaia, gli dei nati nel mondo antico il 25 dicembre o immediati dintorni del solstizio d’inverno a seconda dell’abilità e della precisione degli osservatori astronomici. Divinità nate anche loro quasi sempre da una vergine, spesso seguiti da 12 discepoli e uccisi per poi risorgere dopo qualche giorno, di norma tre come i giorni della morte apparente del sole nel solstizio. Eccone alcuni:

– Tammuz, unico figlio della dea Ishtar nell’antica Babilonia;
– Oro nell’antico Egitto;
– Mitra, della Persia, nato da una vergine il 25 dicembre, aveva 12 discepoli e compiva miracoli. Dopo la sua morte venne sepolto e dopo tre giorni risorse. Veniva chiamato anche “la Verità”, “la Luce”,ecc. Il giorno sacro del culto è la Domenica.
– Quetzalcoat, nell’antico Messico.
– Bacab, che si credeva messo al mondo da una vergine di nome Chiribirias, nello Yucatan;
– Huitzilopochtli, nell’antico regno azteco;
– Freyr, in Scandinavia;
– Bacco, nell’antica Grecia;
– Baal-Marduk, dio supremo del pantheon Babilonese.
– Adone, nell’antica Siria;
– il dio Attis, divinità Frigia: noto anche come “il Salvatore” e simbolizzato con un agnello esattamente come Gesù Cristo, nato da una vergine il 25 dicembre, crocifisso, sepolto e dopo 3 giorni risorto;
– Krishna dell’India: nato da una vergine, Devaki,il 25 dicembre con una stella dell’est che segnalava il suo arrivo, ha compiuto miracoli con i suoi discepoli, fu crocifisso e dopo la sua morte è risorto;
– Dioniso delle Grecia: nato da una vergine il 25 dicembre, era un insegnante viaggiatore che compiva miracoli come trasformare l’acqua in vino, chiamato anche “Re dei Re”, “l’Unigenito di Dio”, “l’Alfa e l’Omega”. Fu crocifisso, e risorto;

Ma veniamo al Natale che ci riguarda più da vicino perché è il padre del nostro Natale. Nell’antica Roma quando vigeva il calendario giuliano e non ancora quello gregoriano, il solstizio d’inverno non cadeva il 21 dicembre, bensì il 25. Ricordiamo, en passant, che il calendario giuliano è stato inventato dall’astronomo Sosigere di Alessandria d’Egitto, e si chiama giuliano perché prende il nome da Giulio Cesare, che lo introdusse nel 46 a. C. dopo averne appreso l’esistenza dalla sua amante Cleopatra, faraone d’Egitto. Sempre su indicazione di Sosigene, Cesare introdusse anche l’anno bisestile ogni quattro anni, ma anche in questo modo con il calendario giuliano ogni anno era più corto di quello solare di circa 11 minuti e 14 secondi, pari a un centesimo di giorno in meno ogni anno, differenza ridotta nel 1582 ad appena 26 secondi dal calendario detto gregoriano perché voluto da papa Gregorio VIII.

Nell’antica Roma si festeggiava il “Dies Natalis Solis Invicti”, cioè il “giorno del natale del Sole invitto”, dove il sole era un Dio, che la religione mitraica, nata in Medio Oriente, associava al Dio Mitra. E nei giorni delle nostre feste natalizie c’erano le feste dette saturnali, nome che deriva dal Dio Saturno. Il culto del Sole Invitto e quindi la festa del suo Natale sono stati introdotti dall’imperatore Eliogabalo, nato ad Emesa in Medio Oriente, che sul Palatino fece erigere un apposito tempio a Elagabalus Sol Invictus, dio della sua città natale e dal quale prese anche il nome. Cultore di Mitra Sole Invitto era anche l’imperatore Aureliano, il cui nome non a caso significa Dio Oro. Nerone si fece rappresentare con una statua di bronzo dorato alta tra i 25 e i 35 metri – un vero colosso, dal quale prese in seguito il nome il Colosseo edificato a pochi metri di distanza – e non è chiaro se la corona di raggi solari la fece inserire lui o il suo successore Vespasiano. Seguace del dio Mitra era e rimase fino a poco prima di morire lo stesso Costantino.

Insomma, nulla di nuovo sotto il Sole invitto, cioè post solstizio d’inverno. Il cristianesimo – una volta diventato religione di Stato, grazie a Costantino che lo ha sdoganato e a Teodosio che ha messo al bando le altre religioni – non ha fatto altro che impossessarsi dei riti e delle usanze preesistenti – compresa quella dell’uso dell’incenso durante le sacre funzioni – dopo avere dovuto constatare l’impossibilità di estirparle. Dal mitraismo il cristianesimo ha copiato molto, compresi il termine “missa” della messa (“ite, missa est”), il rito della comunione, la funzione e il nome “papa” del pontefice, perfino il nome del suo copricapo, che non a caso ancora oggi si chiama appunto mitria. A un certo punto il prefetto di Roma ha confiscato ai legittimi proprietari e regalato al vescovo di Roma – tra molti altri templi e annessi tesori – anche il tempio mitraico che sorgeva sul colle che si chiama Vaticano perché i sacerdoti mitraici andavano a “vaticinare” il futuro osservando il volo degli uccelli. Il motivo per cui fino alla scoperta della stele di Rosetta è andata persa, tra molta altra ricchezza culturale, anche la capacità di scrivere, leggere e capire i geroglifici egiziani, è appunto il fatto che le religioni egiziane vennero messe fuori legge al pari di tutte le altre “pagane”, i loro templi distrutti o regalati alla Chiesa assieme alle ricchezze accumulate con le donazioni dei devoti e il loro clero disperso anche ferocemente. Il geroglifico, che significa scrittura sacra, cadde così in totale disuso.

L’origine astronomica del Natale è dimostrata ancora oggi dal rito della messa di mezzanotte del 24 dicembre, cioè dei primi momenti di quel 25 dicembre durante il quale le orbite del sole riprendono a salire sull’orizzonte, il dì ad allungarsi e la notte ad accorciarsi. Del resto nessuno sa in che giorno e tanto meno a che ora è nato Gesù detto il Cristo. Del quale non si sa neppure se sia nato a Nazaret o nella “Casa del pane”, cioè a Betlemme. Lo si dice nato a Nazaret perché lui era un “nazireo”, vale a dire un sacerdote della setta ebraica dei nazirei, cosa che però non ha nulla a che spartire con il paese che si chiama Nazaret. E lo si dice nato alla “Casa del pane”, cioè a Betlemme, solo perché si vuole credere e far credere che si sia avverata la profezia biblica secondo la quale il Messia che avrebbe liberato gli ebrei sarebbe nato dalla stirpe di re Davide, che secondo la tradizione aveva appunto casa a Betlemme. Il fatto che il padre di Gesù fosse in cielo Iddio e in terra il padre putativo Giuseppe fa a pugni con la discendenza da Davide, ma tant’è….

Questa faccenda del Sole è più importante di quel che potrebbe parere, perché mostra altre sovrapposizioni forzate che il cristianesimo ha fatto a spese di ciò che esisteva da ben prima. Quella che noi chiamiamo domenica era infatti al tempo dei romani il dies Solis, cioè il giorno del Sole, così come il lunedì è ed era il giorno della Luna, il martedì quello di Marte, il Mercoledì quello di Mercurio, il Giovedì quello di Giove, il venerdì quello di Venere, il sabato quello di Saturno. Fu Costantino che, quando decise di puntare le sue fortune politiche sui cristiani, per ingraziarseli ulteriormente adottò nel 321 la settimana di sette giorni e quello che era il “dies Solis” lo chiamò “dies Domini”, “giorno del Signore”, facendo contenti i cristiani senza però scontentare i mitraici: infatti, se per i cristiani il Signore era Dio, o Gesù, per i mitraici il Signore era Mitra, visto che anche loro così lo chiamavano. E a credere in Mitra era lo stesso Costantino: oltre a far coniare a lungo monete con l’effigie di Mitra Sol Invictus, a dire del suo biografo Eusebio ebbe prima della battaglia di ponte Milvio la famosa apparizione della croce e della scritta “In hoc signo vinces”, ma la ebbe sovrapposta per l’appunto al Sole. E tralasciamo che non è affatto chiaro se Costantino quella visione la ebbe invece prima della battaglia di Torino o mentre visitava il tempio di Apollo-Grannus a Grand, località tra Lione e Treviri.
Come che sia, nonostante Costantino il giorno del Signore, cioè la domenica, è rimasto il Giorno del Sole sia in Germania che in Inghilterra e negli Stati Uniti. Domenica infatti si dice Sontag in tedesco e Sunday in inglese: due parole che significano entrambe “Giorno del Sole”.

Anche il giorno della Pasqua è fissato con criteri astronomici, ordinati dall’imperatore Costantino al concilio di Nicea. Nessuno sa quale sia il giorno della asserita resurrezione di Gesù, se lo si sapesse la Pasqua avrebbe un giorno fisso, sempre lo stesso nel calendario, invece a Nicea è stato stabilito che la Pasqua deve cadere la domenica successiva alla prima luna piena di primavera. Come ci si è impadroniti del Natale altrui così ci si è impadroniti della Pasqua altrui. Non solo di quella ebraica, che è celebrata al tramonto del 14esimo giorno del mese di Nisan del calendario ebraico, ma anche e soprattutto di quella “pagana”, che nel periodo annuale nel quale è stata fissata la scelta del giorno della Pasqua festeggiava la “resurrezione” della natura, cioè l’arrivo della primavera, del tempo delle semine, ecc., tutte cose da fissare con criteri astronomici (ancora oggi gli agricoltori tengono d’occhio le fasi lunari e non solo quelle per decidere quando fare alcune cose).

E da dove viene l’usanza delle uova pasquali? Viene dall’antica tradizione degli antichi romani di sotterrare uova per propiziare la fertilità della terra.
Anche Madre Natura veniva dotata di ovaie….