Referendum, il No avanza. Obama tifa per Renzi e il Sì, ma la storia insegna…

di Pino Nicotri
Pubblicato il 27 Ottobre 2016 - 10:08 OLTRE 6 MESI FA
Referendum, Obama tifa per Renzi e il sì. Ma la storia insegna gli Usa...

Referendum, Obama tifa per Renzi e il sì. Ma la storia insegna gli Usa…

ROMA – Tutte le statistiche dimostrano che il No alla grande riforma voluta da Matteo Renzi avanza nonostante le dichiarazioni a favore del Sì rilasciate dal presidente USA Obama quando il 18 ottobre ha accolto alla Casa Bianca il nostro primo ministro. Obama è stato chiaro ed entusiasta: “Il Sì al referendum aiuterà l’Italia, le riforme di Renzi sono quelle giuste”; “Caro Matteo, faccio il tifo per te e per il tuo successo. E ti dico che dovresti restare al timone comunque vada”; “E’ interesse strategico degli Usa avere un’Europa forte. Ma questo non accadrà se non scatterà la crescita economica, in quanto senza crescita vincono i populismi. Per questo facciamo il tifo per Matteo, giovane, bello, che ama twittare e fa tante riforme”.

Negli Usa hanno già dimenticato che certe interferenze nei Paesi altrui rischiano di ottenere risultati pessimi. L’orgoglio nazionale infatti non è una prerogativa esclusivamente statunitense. Fare paragoni con Obama e l’Italia è decisamente fuori luogo, ma è utile ricordare il caso più clamoroso di guasti, comprese importanti riforme fatte abortire, provocati da dichiarazioni di un presidente Usa su un altro Paese: vale a dire, il discorso del 19 gennaio 2002 di George Bush Junior sull’Asse del Male, nel quale incluse l’Iran assieme all’Iraq e alla Corea del Nord.

Nell’Iran il presidente era Mohammad Khatami, un hojjatalislam: moderato, osteggiato dalla Guida Suprema Ali Khamene’i, succeduto nell’86 al fanatico Ruhollah Khomeini, e dai Guardiani della Rivoluzione, tutti nominati dalla Guida, era stato eletto nel 1997 dal 70% dei voti, tra i quali soprattutto quelli dei giovani desiderosi di cambiamenti e di riavvicinamento all’Occidente. Poiché il suo vasto programma di riforme era stato quasi totalmente bloccato da Al’ Khame’i e dai Guardiani delle Rivoluzione, Khatami aveva deciso di portarlo avanti candidandosi anche alle elezioni del 2005. Il programma di Khatami su basava su temi come la società civile, le libertà individuali, i diritti delle donne, il pluralismo politico e il dialogo tra civiltà.

Khatami distingueva “tra la religione e le tradizioni ammantate da religione” a affermava che bisogna ispirarsi alle idee dell’Illuminismo e apprezzare gli aspetti vantaggiosi dell’Occidente. Aveva dichiarato che il suo Paese non aveva “nessuna intenzione di minacciare lo scrittore Salman Rushdie”, condannato a morte da una fatwa dell’ayatollah Khomeini per il suo libro Versetti satanici. Dopo tale dichiarazione l’Inghilterra, dove Rushdie viveva protetto e sotto falso nome, aveva riallacciato le relazioni diplomatiche con Teheran. Il presidente iraniano aveva fatto importanti viaggi nelle più importanti capitali occidentali e a Parigi aveva voluto andare al Pantheon per omaggiare con una corona di fiori Rousseau, Emile Zola e Victor Ugo.

Khatami voleva maggiori libertà e incoraggiamenti allo sviluppo per la cultura, i giornali e il cinema, e con l’appoggio entusiasta di gran parte della popolazione puntava alla rielezione. Ma lo sconsiderato discorso di Bush offese violentemente il patriottismo degli iraniani e mise in moto per reazione la crescita della destra e degli anti occidentali. Fu così che il 3 agosto 2005 le elezioni presidenziali le vinse Mahmud Ahmadinejad, il candidato antagonista di Khatami. Con le note conseguenze.

Ripetiamo: fare paragoni con Obama e l’Italia sarebbe assurdo. E’ però un fatto che gli “aiutini” Usa al Sì di Renzi o non servono a nulla o fanno anche danno.