Pd, partito da buttare, se Renzi si sposta a sinistra è perduto

di Giusepe Turani
Pubblicato il 29 Giugno 2016 - 07:05 OLTRE 6 MESI FA
Pd, partito da buttare, se Renzi si sposta a sinistra è perduto

Pd, partito da buttare, se Renzi si sposta a sinistra è perduto, avverte Giuseppe Turani (nella foto)

Pd, partito da buttare. Se Matteo Renzi si sposta a sinistra è perduto, avverte Giuseppe Turani in questa analisi pubblicata anche su Uomini & Business. Renzi ha ereditato da Bersani e Letta un partito scalcinato, se  cade nel giochetto “spostati un po’ più a sinistra”, apri alla minoranza dem, pensa alle periferie, sii più umile è perduto, deve semplicemente  fare quello che ha  fatto fino a oggi, consapevole che se non ribalta il partito, sono finiti entrambi.

Improvviso affollarsi di medici pietosi al capezzale del Pd di Matteo Renzi: è quasi morto e quindi va rianimato, non è meglio lasciarlo morire così ci togliamo il pensiero. Abbiamo preso in giro Bersani, Cuperlo, Fassina, Civati, ma quelli sì che erano compagni. È urgente avviare subito un dialogo con i 5 stelle per salvare la patria (ma non ci aveva già provato proprio Bersani, e non l’hanno preso per il culo in diretta streaming?).

Tutti questi pareri discordi partono comunque da una premessa non detta: e cioè che i seguaci di peppecrillo siano in condizioni di amministrare le città che hanno appena conquistato. E questa è una partita ancora tutta da vedere. Se la Appendino, bocconiana prudente figlia e moglie di industriali, si è almeno predisposta una giunta di buon livello, la Raggi (romana e più sbarazzina) è ancora lì che cerca benché sapesse da mesi che sarebbe diventata sindaco.

La Appendino, che è appunto una brava bocconiana e di famiglia borghese, ha subito puntato sui soldi: ha chiesto immediatamente il controllo della Fondazione San Paolo (cioè della cassaforte di Torino), attraverso la quale poi si arriva alla più grande banca italiana, Banca Intesa Sanpaolo.

Ma certo, dopo sarà il turno delle periferie, delle buche, del reddito di cittadinanza, della guerra alla Tav. Ma intanto cerchiamo di mettere le mani sui soldi.

A Roma la Raggi non è così fortunata: i soldi non ci sono più, da decenni. E quindi non resta che lanciare idee strampalate: dalla funivia ai kit comunali alle mamme per lavare i pannolini dei bimbetti, si torna insomma a un po’ prima degli anni Cinquanta. Ma si vivrà senza dubbio meglio: aria più pulita e, forse, anche se non si sa con quali soldi, anche un po’ di reddito di cittadinanza. Si potrà stare di più al bar, forse avremo anche qualche campione nazionale di biliardo. Si può sperare.

Però, se qualcuno pensa che una grande (e semi-distrutta) città come Roma o una metropoli intelligente come Torino abbiano un futuro in mano agli adepti della Casaleggio & Associati, allora siamo vicini alla follia. Falliranno sicuramente, e clamorosamente, ma non domani e nemmeno la settimana prossima. Ci vorrà un po’ di tempo.

E intanto Renzi che fa? Affonda giorno dopo giorno? Non si può escludere, soprattutto se cade nel giochetto “spostati un po’ più a sinistra”, apri alla minoranza dem, pensa alle periferie, sii più umile.

In realtà Renzi deve fare quello che ha  fatto fino a oggi, con qualche aggiornamento. Nel senso che deve rendersi conto, e accettare, che dai predecessori ha ereditato un partito di … Salvo qualche eccezione (al Nord soprattutto), quello che ha strappato a Bersani e Letta è un mucchio informe. Seduto lì sopra non può andare lontano. Anzi, ha già fatto troppa strada e è già arrivato al capolinea.

Allora? Allora se non fa pulizia, se non inventa un nuovo Pd, può andare a casa anche domani. Certo, rifare il Pd non è un’impresa semplice. Ci sono gli statuti da rispettare, le posizioni di forza consolidate, i potenti boss locali. Ma liquidare tutti questi è appunto fare politica. Un solo esempio: con il Pd napoletano non si va da nessuna parte, si può solo perdere fino al 22 esimo secolo. Deve trovare un modo, quindi, per chiudere quell’accozzaglia di clientele e di incapacità.

C’è un minimo standard nel Pd e è l’esperienza milanese. Qualunque cosa al di sotto di questo standard risulterà perdente: iscritti che ci credono e classe dirigente nuova, competente, provata nella realtà. Non c’è  da inventare niente, c’è solo da copiare l’esperienza milanese.

Ma, si dirà, Roma e Napoli (tanto per fare qualche citazione) non sono mica Milano. No, certo. Ma è per questo che c’è Renzi alla testa del partito: per cambiare quelle realtà. E alla svelta, i segnali devono partire subito e devono essere forti.

Senza perdere tempo in vuoti sociologismi. Le periferie e il disagio sociale si curano con delle buone dosi di sviluppo economico non con le chiacchiere e i maglioncini usati delle Dame di San Vincenzo. Ma lo sviluppo economico dipende solo in parte da palazzo Chigi e, in ogni caso, si muove lentamente. I limiti di intervento reale sono modesti.

E non esistono ricette magiche, non le ha nessuno. Quello che c’è è che con un partito decente tutto questo può essere spiegato alla gente, si può rimettere insieme lo spirito delle, comunità e, lentamente, muoversi tutti verso una situazione migliore.

Con il  partito di oggi, invece, tutto è perso, anche l’onore.