Pd senza valori e identità: è questa la sinistra riformista?

di Sergio Cofferati
Pubblicato il 24 Aprile 2013 - 07:30| Aggiornato il 12 Febbraio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La propensione autolesionista del Pd è sempre stata forte, fin dalla sua nascita, ma si è riproposta con virulenza nelle ultime settimane. Gli annunci erano stati netti e forti, la decisione di sostenere il Governo dei tecnici ne era la riprova più recente. Invece di adoperarsi per andare a votare in una situazione drammatica sul piano finanziario ma molto positiva, per l’opposizione di allora, sul piano politico, si è accettata e sostenuta la nascita del governo dei tecnici in nome dell’emergenza. Berlusconi era al suo minimo storico nel giudizio dei cittadini, Grillo era un fenomeno contenuto e Monti non esisteva come riunificatore del Centro.

Il Pd avrebbe con ogni probabilità vinto le elezioni e affrontato con un governo forte in un quadro politico finalmente stabile il “mostro spread”. Invece il compito è stato affidato al secondo professore (Mario Monti) che ha varato, anche con il consenso del Pd, provvedimenti che hanno aumentato la pressione fiscale, cancellato diritti nel lavoro, mantenuto il precariato e colpito i pensionati accentuando la recessione avviata. Il “mostro spread” ha guardato indifferente l’azione del secondo professore e ha invece mostrato grande interesse per la decisione della Bce di aiutare le banche europee in difficoltà e, analogamente, ha apprezzato le decisioni fiscali degli Stati Uniti. Solo in quelle due occasioni si è vistosamente ridimensionato.

Appare evidente che se il Pd avesse governato avrebbe dovuto fare lui robuste azioni di contenimento della spesa ma lo avrebbe fatto con una forte idea di solidarietà e giustizia sociale, dunque senza incrementare – per effetto delle scelte – le file grilline. Si pensava in molti che la lezione sarebbe stata messa a profitto. Errore clamoroso. Infatti cosi non è stato. La campagna elettorale è finita con le primarie e i risultati si sono visti al momento del voto.

Ma la parte peggiore doveva ancora venire! Dopo lunghi tentennamenti su cosa fare con Grillo (alla fine nulla) la direzione all’unanimità dà mandato al segretario di individuare con il centro-destra un nome da proporre a candidato per la presidenza della Repubblica. Il povero segretario svolge il compito assegnatogli e la conclusione alla quale arriva (Franco Marini) viene sonoramente bocciata da gran parte di quelli che gliela avevano richiesta.

Allora in gran fretta si propone, come salvifico, il padre dell’Ulivo e del Pd, Romano Prodi. Proposta approvata per acclamazione e subito pugnalata nell’urna. A quel punto si torna mestamente ad implorare il Presidente uscente, Giorgio Napolitano, perché accetti la riconferma. Come poi avviene con relativa e scontata reprimenda del presidente rieletto ai partiti ed in particolare al Pd.

Si poteva fare peggio? No. L’elezione avviene con l’accompagnamento del coro “Napolitano si, Governo con Berlusconi no”. Passano solo poche ore e nasce il Governo Pd – Pdl – Scelta Civica. Ora per quale motivo gli elettori dovrebbero darci fiducia? La “posizione” (come si diceva un tempo) non è mai stata tenuta più di qualche ora. Opportunismi, tatticismi, demagogia e minimalismo. Valori niente, identità nessuna. È questa la sinistra riformista? In fondo al cuore spero di no. E in ogni caso non mi rassegno a che lo sia.