Piove, in Italia qualcuno muore. Normale, che ci vuoi fare?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 5 Ottobre 2018 - 14:49 OLTRE 6 MESI FA
Maltempo. Piove, in Italia qualcuno muore. Normale, che ci vuoi fare?

Piove, in Italia qualcuno muore. Normale, che ci vuoi fare? (nella foto Ansa, il nubifragio in Calabria)

ROMA – Piove, in Italia qualcuno muore. Praticamente ogni volta che piove qualcuno in Italia muore. Muore di pioggia. E’ normale che piova, è la normalità della natura. Da noi è ora anche normale che quando piove qualcuno muoia di pioggia, è la normalità acquisita della nostra vita associata.

Certo che fa ancora notizia, certo che è ancora dramma, certo che è ancora lutto e tragedia. Ma è un po’, anzi parecchio, come gli incidenti stradali. Li si può limitare con la prudenza e con la vigilanza gli incidenti stradali, limitare. Ma non eliminare, cancellare. Ci sarà sempre un incidente stradale quando auto, camion, moto girano per le strade. E qualcuno ci sarà sempre mortale. L’incidente non verrà mai sconfitto totalmente, non ci sarà mai rischio zero su strade e autostrade.  E così è diventato anche quando piove, in Italia quando piove l’incidente mortale c’è. Ci si può difendere con la prudenza e la vigilanza, ma annullare l’incidente quando piove no.

In Italia la pioggia, il piovere è diventato evento pericoloso. Non è questa, proprio no, la normalità in natura. La nostra vita associata però ha trasformato la pioggia in in pericolo, pericolo per la vita. Se piove, quando piove in Italia puoi morire perché un torrente esonda e causa una frana che ti porta via. Oppure, più classicamente ormai, puoi morire in un sotto passo che si allaga. Si allaga perché le acque piovane non hanno percorsi di scolo. Oppure puoi morire in auto perché un’onda di piena ti trascina con tutta l’auto. Onda di piena che non sa più dove sfogarsi perché il territorio, la terra è tombata e/o cementificata.

In Italia l’ultima volte che è piovuto, stanotte, gente sui tetti, case e strade allagate, qualcuno è morto. In Italia, non Indonesia-tsunami. In Italia dove pioveva e basta. Non dove c’è stato cataclisma. In Italia pioveva e basta. Stavolta in Calabria.

E ogni volta che piove, qualcuno muore. In Liguria, e lì mica una volta sola. In Toscana è successo, con fiumiciattoli che diventavano autostrade d’acqua. In Sardegna, al Sud e al Nord della Sardegna, ad Olbia ancora tracce indelebili di alluvione. E in Sicilia  e in Veneto e in Campania. Roma ogni volta che piove si allaga ma qui ormai è tradizione, abitudine.

Piove, in Italia qualcuno muore. Normale, da noi è ormai normale. Che ci vuoi fare, te la vuoi prendere col governo? Quello di adesso? Quello di prima? Ridicolo, inutile, patetico. Te la vuoi prendere con i sindaci e i governatori delle Regioni? Inutile, patetico e anche ridicolo. Eppur qualcuno la fa. Serve a fare un po’ di scena, magari un’inchiesta, giudiziaria o giornalistica che sia. Così, per dovere e abitudine d’ufficio. Ci si sorprende alquanto, ci si interroga, ci si scandalizza un po’, si analizza, ci si ripromette il tutto. Per poi fare, realizzare, smuovere, cambiare il niente.

Che ci vuoi fare, te la vuoi prendere con la gente? Con i milioni di italiani che si sono fatti la casa lungo le coste, sopra i torrenti, al posto dei boschi? Che hanno costruito città , villaggi, ponti, raccordi, hotel, magazzini al posto dei torrenti e dei fiumi? Con i milioni di italiani cui non frega nulla quando c’è il sole o piove a un chilometro da casa loro e che urlano come polli spennati vivi se una qualche pubblica autorità vuole spendere un euro per la prevenzione? Con le migliaia di italiani che hanno fato mangiatoia dei pochi cantieri aperti? Con la pavidità/complicità della politica di territorio verso ogni abusivismo?

Tempo perso, chiacchiere al vento. Che ci vuoi fare? Niente ci vuole fare quella collettività di umani denominata Italia. Piove, in Italia qualcuno muore. Qua e là qualcuno muore di pioggia ogni volta che piove. Normale, dispiace ma in fondo è così, che ci vuoi fare? Di sicuro una cosa l’abbiamo fatta: ci abbiamo fatto l’abitudine e il callo.