Populismo e Pd, la via di Renzi, fra i sogni della sinistra massimalista di ieri e le promesse irreali del M5s

di Giovanni Valentini
Pubblicato il 12 Luglio 2018 - 13:01 OLTRE 6 MESI FA

Populismo e Pd. La via di Renzi, fra i sogni massimalisti di ieri e le promesse irrealizzabili del M5s di oggi, sarà capace di portare la sinistra di domani alla sua missione, “rendere il pianeta sempre più giusto, o meno ingiusto, attraverso una redistribuzione della ricchezza che salvaguardi le condizioni di sopravvivenza e di dignità”

Populismo e Pd, la via di Renzi, fra i sogni della sinistra massimalista di ieri e le promesse irreali del M5s. Giovanni Valentini, sulla Gazzetta del Mezzogiorno, si interroga

Populismo e Pd, la via di Renzi, fra i sogni della sinistra massimalista di ieri e le promesse irreali del M5s. Giovanni Valentini, sulla Gazzetta del Mezzogiorno, si interroga

. Ma non venda illusioni in cambio di voti. Giovanni Valentini rintraccia il percorso e gli interrogativi, in questo articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno.

Se è vero che “il Partito democratico è l’argine contro il populismo”, come ha detto recentemente Matteo Renzi nel suo intervento all’ultima Assemblea del Pd, [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,-Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] c’è da chiedersi che cosa potrebbe accadere nel caso in cui dovesse subire una nuova scissione, dividendosi tra favorevoli e contrari a un accordo con il Movimento 5 Stelle, secondo le previsioni formulate da diversi osservatori. Lo “tsunami” populista fagociterà ciò che resta della sinistra italiana? Abbatterà gli ultimi bastioni dell’Unione europea? Sposterà verso Est, e in particolare verso la Russia, la collocazione internazionale del nostro Paese?

Bene ha fatto Renzi a ricordare in questa occasione che il Pd è un partito di centrosinistra, senza trattino. Ma che cosa diventerebbe la sinistra senza il Pd? E il Pd senza Renzi? In una tale prospettiva, la sinistra subirebbe verosimilmente il “richiamo della foresta” e rischierebbe di essere attratta dalle sirene della demagogia, rinnegando l’impegno della responsabilità e della governabilità. E così lascerebbe campo libero a una forza liberal-democratica, sul modello di “En Marche”, il movimento fondato dal presidente francese Emmanuel Macron, destinato a diventare l’asse portante di una nuova alleanza transnazionale. 

Gli ultimi a potersi sorprendere o scandalizzare per l’ondata di populismo che investe l’Italia e l’Europa sono proprio i politici di sinistra e specialmente gli ex comunisti. Per tutto il secolo scorso, la loro dottrina ha dispensato il sogno o l’utopia dell’uguaglianza assoluta, fondata sul rifiuto della proprietà privata, sull’idea della proprietà collettiva dei beni e dei mezzi di produzione, sull’egemonia del proletariato rivoluzionario. E oggi, dunque, quella sinistra massimalista deve fare i conti con i suoi epigoni o eredi, con chi promette l’impossibile nel segno della demagogia; diffonde illusioni; annuncia un mondo migliore per tutti; vagheggia una società ideale in cui ognuno detiene gli stessi diritti su ogni cosa.

Non è così e non potrà mai essere così. Per la semplice ragione che gli uomini e le donne non nascono uguali. Né sul piano fisico né su quello intellettuale. E non sono uguali, purtroppo, neppure le rispettive condizioni familiari, sociali ed economiche.

Un altro è il compito che compete a uno schieramento riformista. Ed è quello di garantire a tutti pari opportunità e di ridurre il più possibile le disuguaglianze, attraverso la leva fiscale e gli ammortizzatori sociali, l’erogazione dei servizi pubblici fondamentali, la lotta agli sprechi, la difesa e il sostegno dell’occupazione: in una parola, attraverso la solidarietà. Nel mercato globalizzato, la competizione internazionale impone il rigore e il rispetto dei vincoli di bilancio per sfidare la concorrenza sul piano della produzione e del lavoro. L’uguaglianza assoluta di tutti gli uomini e di tutte le donne del pianeta è soltanto un mito, una chimera, utile forse per vincere le elezioni, non per governare una società moderna, equa ed efficiente.

È proprio all’ombra della demagogia che allignano la protesta, la rabbia e l’odio nei confronti dell’altro o del diverso, sotto l’effetto di una crisi epocale che ha cambiato non solo il nostro modo di vivere, ma anche quello di pensare, di agire, di comportarsi. Una crisi che ci rende più egoisti, più aggressivi, più cinici, più cattivi. E abbassa il livello di umanità e civiltà, come dimostrano i contrasti e le polemiche sull’emergenza immigrazione.

La verità è che il mondo è diventato più piccolo e più stretto. Masse crescenti di poveri e diseredati premono ai confini dell’Occidente e in particolare dell’Europa. E si sa che quando c’è meno da mangiare o da spartirsi, gli appetiti aumentano, le rivalità emergono e i conflitti esplodono. Una grande sfida interpella perciò i Paesi più progrediti ed evoluti: rendere il pianeta sempre più giusto, o meno ingiusto, attraverso una redistribuzione della ricchezza che salvaguardi le condizioni di sopravvivenza e di dignità.

Il confronto politico passa, dunque, tra le forze progressiste che intendono farsene carico per gestire la transizione e quelle “sovraniste” che si rinchiudono nei propri confini. Queste ultime possono anche vincere le elezioni e conquistare i governi, cavalcando l’onda dell’egoismo e della paura. Ma alla lunga sono destinate fatalmente a perdere, nell’impossibilità materiale di mantenere tutte le promesse e di soddisfare tutte le illusioni che hanno alimentato.

Nella nostra povera Italia, può anche darsi che il Pd si spacchi ancora una volta, indebolendo così ulteriormente il fronte progressista. Ma non si può escludere neppure che prima o poi si rompa l’unità del Movimento 5 Stelle, di fronte alla difficoltà di governare una situazione incerta e complessa come quella in cui viviamo. Si tratterà di vedere allora chi avrà la capacità di esprimere una leadership culturale e di guidare il Paese verso una reale crescita collettiva.