Rcs (quasi tutta) di Cairo: il golpe che ha chiuso il tempo dei “salotti buoni”

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 29 Luglio 2016 - 06:01 OLTRE 6 MESI FA
Rcs (quasi tutta) di Cairo: il golpe che ha chiuso il tempo dei "salotti buoni" titolo blu

Rcs (quasi tutta) di Cairo (60%): sono finiti i tempi dei “salotti buoni”, commenta Giuseppe Turani (nella foto)

 

MILANO – Cairo Communication è salita al 59,69% di Rcs. Lo si legge in una nota di Borsa Italiana diffusa nell’ultimo giorno per le adesioni di chi aveva sottoscritto dell’Opa di Imh. Del 12,9% che ha consegnato le azioni alla cordata Bonomi, Della Valle Pirelli, il 10,1% ha esercitato il diritto a cambiare offerta. Giuseppe Turani, in questo arrticolo che ha pubblicato anche su Uomini & Business  commenta:

“Il 15 luglio, con la scalata (riuscita) di Urbano Cairo alla Rcs, è stato chiuso l’ultimo salotto buono esistente in Italia. Per la verità era un salotto già agonizzante, dopo l’uscita degli Agnelli. Per dargli una parvenza di solidità avevano dovuto imbarcare anche Diego Della Valle (che è nato contro i salotti) e Andrea Bonomi, la cui famiglia era uscita dai salotti nel 1985, cioè più di trent’anni fa, senza mai più rientrarci.

Non si sbaglia sostenendo che ormai la lunghissima stagione dei salotti buoni, del capitalismo di relazione, dove più soggetti si mettono d’accordo per comandare su qualche realtà (società per azioni, di solito), è finita, tramontata. Per lunghi decenni l’ala nobile del capitalismo italiano si è retta su questi salotti, ma ormai tutto ciò è storia. E non se ne parlerà mai più. E c’è un’altra novità. Per la prima volta nella sua lunghissima vita (140 anni) il “Corriere” non è nelle mani di un pezzo di establishment (i Rizzoli, in quanto grandissimi editori, lo erano), ma di un rampante imprenditore di prima generazione, uno che è partito dalla gavetta. O quasi. La leggenda metropolitana (vera in questo caso) racconta come Cairo entra nel mondo degli affari.

Una mattina Silvio Berlusconi entra nel proprio ufficio e incrocia la segretaria che sta litigando con qualcuno al telefono piuttosto animatamente. Chiede di che cosa si tratta. Risposta: è uno che telefona tutti i giorni da una settimana, dice che è nato per fare il suo segretario. Bene, me lo passi. E Cairo ripete lo stesso concetto direttamente a Berlusconi. Il cavaliere di Arcore rimane talmente colpito dalla sfacciataggine, ma anche dal coraggio, del giovanotto, che lo assume davvero. Cairo è simpatico e sveglio, fa subito una gran carriera nella pubblicità. Poi ci sono dei contrasti (rivalità) e se ne va. Passa qualche tempo e fonda una sua casa editrice rilevando quella di Giorgio Mondadori. Con il tempo ci aggiunge qualche buona rivista di gossip. E infine fa il colpo di prendere La7 dalla Telecom.

E qui si dimostra un buon rottamatore e tagliatore di costi. Infine, fa il salto con la scalata alla Rcs, una società che è circa cinque volte la sua e che è anche piena di debiti. Ci riesce perché alle spalle ha la banca IntesaSanpaolo e, soprattutto, il suo presidente onorario, Giovanni Bazoli.

Perché questi signori, un tempo frequentatori di salotti buoni, cambiano cavallo e puntano su Cairo? I “buonisti” dicono che è perché vedevano Rcs sprofondare e, essendo suoi robusti creditori, cominciavano a temere per i propri soldi. Da qui la decisione di mettere tutto nelle mani di un giovane imprenditore per rialzare le sorti della casa editrice. Giovane imprenditore che loro terranno comunque al guinzaglio perché gli hanno prestato altri denari. I maligni dicono invece che si tratta di un’operazione non priva di contenuti politici. Contenuti anti-renziani (e forse anti-riforma costituzionale), visto che La7 è da sempre in prima linea contro il premier), naturalmente.

E perché mai IntesaSanpaolo e Bazoli dovrebbero essersi spesi per una cosa del genere? Ancora i maligni rispondono: la riforma costituzionale, e ancora di più quella elettorale, puntano a avere anche in Italia una politica e un governo forte. Ma questo rischia di creare difficoltà a chi è abituato a muoversi dentro una politica fragile e quindi facilmente manovrabile. Obiettivo non diverso sarebbe quello dell’altro grande gruppo editoriale (Stampa-Repubblica). I maligni, insomma, vedono in quest’operazione (e in altre) una sorta di rassemblement della “vecchia Italia” per fermare il “nuovo”.

Molto più speditamente, altri dicono che i vecchi poteri stanno puntando le loro carte sul Movimento 5 Stelle così come a suo tempo fecero con Craxi. E chi è oggi l’imprenditore più vicino ai pentastellati? Cairo, naturalmente. E quindi Cairo viene premiato. Difficile capire dove stia la verità. Probabilmente sono vere entrambe le cose. Sia la voglia di Cairo di crescere (e di Intesa di aiutarlo per tutelare i propri crediti) sia la sensazione che il Movimento sia vincente e che quindi valga la pena di fiancheggiarlo. Il risultato, comunque, non cambia.

È probabile che Cairo sia così abile da non schierare apertamente il Corriere dalla parte del comico genovese, ma di sicuro non lo schiererà in modo deciso a favore della riforma costituzionale, di Renzi e della riforma elettorale. Il “nuovo” quindi, paradossalmente rappresentato in parte anche da Cairo, dovrà camminare sulle sue sole gambe. E quasi certamente dentro un’atmosfera che si farà via via sempre più ostile. Senza l’appoggio delle grandi concentrazioni editoriali. La ragione di tutto ciò è appena stata spiegata: quasi a tutti (tranne i cittadini) fa comodo una politica che non diventa adulta e che continua a essere manovrabile da interessi particolari, piccoli e grandi. La battaglia in corso nei prossimi mesi in Italia sarà esattamente questa. Non altra”.