Referendum Costituzione, gli interessi del cartello del NO

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 13 Agosto 2016 - 07:12 OLTRE 6 MESI FA
Referendum Costituzione,  gli interessi del cartello del NO

Referendum Costituzione, gli interessi del cartello del NO

ROMA – Giuseppe Turani ha pubblicato questo articolo su “Uomini & Business” con il titolo “Piccoli affari e facce tristi”

Per qualche giorno ancora i costituzionalisti da tastiera che imperversano sulla Rete si saranno trasformati in esperti di guerre speciali nei deserti libici e quindi dovremo fare a meno dei loro pareri. E questo, paradossalmente, è un bene perché ci eviterà di leggere lunghissimi saggi sull’articolo 70 o 32 e su come loro li avrebbero scritti. O su come sarebbe stato bello abolire del tutto il Senato e dimezzare la Camera.

Tutte fantasie molto eleganti e suggestive. Che però non tengono conto di un fatto chiaro quasi a tutti gli altri. E cioè: questa non è la riforma costituzionale migliore di tutte quelle possibili. E’  semplicemente quella che si è riusciti a fare, con questa maggioranza e con questo parlamento.

Sbagliato? Mica tanto, soprattutto se si tiene conto del fatto che negli ultimi 40 anni a cambiare la Carta hanno provato fior di “statisti” (ultimo D’Alema) senza combinare nulla di nulla.

Qui, almeno, si passa al monocameralismo e si correggono un po’ gli errori fatti con la riforma del titolo V (poteri alle regioni).

E’ poco? E’ tanto? E’ troppo?

Si vedrà. Quale sia però la posta in gioco vera lo si scopre non appena si vada a vedere chi oggi ha interesse e si batte per bloccare la riforma. Insomma, il cartello dei NO.

I primi interessati a non cambiare niente sono i piccoli partiti (tutti). E’ evidente che in un sistema in cui si assegna la vittoria a un partito, che quindi poi governerà per una legislatura, il ruolo dei partiti minori diventa inutile. Non avrebbero più, infatti, la possibilità di essere “strategici”, cioè di ricattare i partiti più grossi, che non avrebbero bisogno di loro per governare in pace. Quindi i boss dei piccoli partiti sono i primi indiziati. Ma è anche evidente che non esiste alcuna ragione al mondo per cui si debba rinunciare a diventare moderni solo perché poi Alfano o la Meloni rimangono senza potere di interdizione. Troveranno altro da fare.

Il secondo gruppo interessato a non cambiare niente (anzi a tornare indietro) è quello della lobbies, grandi e piccole. Se c’è un sistema politico frastagliato, che deve dipendere da un’infinità di protagonisti per stare in piedi e per esprimere un governo, le lobbies hanno gioco facile: qualche sponda la trovano sempre (magari proprio nei piccoli partiti affamati).

D’altra parte, questa è esattamente la storia della prima repubblica (e in parte della seconda).

Intorno allo schieramento del NO non ci sono ragioni ideali o comunque meritevoli di tutela, ma solo i piccoli interessi di qualche lobbies (che infatti si batte anche in queste ore) e di quelli che con il 3 per cento dei voti vorrebbero contare come se ne avessero il 40 per cento.

Dietro i grandi paroloni e i sofisticati dibattiti in corso c’è semplicemente quello che ho appena descritto. Se ci pensate bene, non troverete altro. Spiace che una parte della cultura italiana e della politica non si siano ancora accorti della trappola nella quale stanno cadendo.

La loro non è una nobile causa: se dovessero vincere i NO, alla fine a guadagnarci sarebbero appunto i piccoli partiti e le lobbies. Non certo i presidenti emeriti della Corte Costituzionale.

Infine, ma è un capitolo a parte, tutto politico, ci sono la minoranza dem e alcuni altri gruppetti di sinistra-sinistra. Questi ultimi si battono perché sanno che, se il SI vince e Renzi passa, loro possono tirare giù la saracinesca e, forse, aprire una panetteria.

Quello della minoranza dem è invece una semplice guerra di potere, tot poltrone e tot posti. Sanno che, se non si riprendono il partito, per loro è finita. Niente più favori e candidature ali amici, niente più candidature ai clienti vari. Quando dicono che al referendum sono pronti a votare per la riforma come proposta (che in parlamento hanno già votato non una, ma sei volte) a patto che si cambi la legge elettorale, rivelano tutta la miseria del loro gioco. Vogliono, cioè, portare a casa comunque una vittoria (la legge elettorale) e vogliono una legge elettorale che grosso modo lasci le cose come sono, in modo che loro (specialisti in alleanze) possano infine rientrare in gioco. Magari riproponendo un governo Pd-Grillo, cioè quello che è già un cadavere politico da anni.

Però non hanno molte altre strade. Se il SI vince e se la legge elettorale non cambia, sinistra dem, sinistra per il no, rifondazione, ecc. possono davvero chiudere e aprire delle panetterie o delle gelaterie. Con dei cartelli bene in vista: “Qui non si parla di politica”.