Chapeau a Galliani, una lezione di stile a Silvio e Barbara Berlusconi

di Renzo Parodi
Pubblicato il 30 Novembre 2013 - 13:41 OLTRE 6 MESI FA
Chapeau a Galliani, una lezione di stile a Silvio e Barbara Berlusconi

Chapeau a Galliani, una lezione di stile a Silvio e Barbara Berlusconi

ROMA – Alla fine Silvio Berlusconi ha confermato Adriano Galliani. Dopo giorni di tensioni tra lo storico dirigente milanista e la figlia dell’ex premier, Barbara, il presidente del Milan ha rimesso ordine e ha premiato il trentennale lavoro del manager coi rossoneri.

Da questa vicenda Galliani esce premiato, come sottolinea Renzo Parodi nel suo commento, scritto prima del colpo di teatro di Berlusconi.

 

Chapeau a Adriano Galliani, che ha dato a tutti, Silvio e Barbara Berlusconi in testa, una lezione di stile e dignità. Avrebbe potuto tirare in lungo la querelle con la primogenita di secondo letto dell’ex senatore, trascinando il Milan nel gorgo delle polemiche e del muro contro muro. Come se la squadra già non soffrisse delle proprie numerose incertezze e lacune tecniche. Appena si è reso conto che il suo mentore non l’avrebbe difeso – tra un fedelissimo sodale e una figlia la scelta era scontata – Galliani ha tagliato il nodo gordiano che stava soffocandolo, lui che aveva attraversato la palude del pallone per quasi tre decenni con il passo del padrone di casa. E ha staccato, prima di ricevere il benservito ufficiale dal Milan.

“E il modo ancor m’offende”, diceva il sommo padre Dante, nel V canto dell’Inferno dedicato all’amore impossibile tra Paolo e Francesca. L’amore fra il Milan (e Silvio Berlusconi) e Adriano Galliani viceversa è corso solido e senza turbamenti di sorta dal 1986, l’anno in cui all’ex installatore biranzolo di antenne tv il tycoon di Arcore consegnò il Milan del quale Galliani è stato il deus ex machina incontrastato. Fino all’avvento, due anni fa, di Barbara Berlusconi, ambiziosa rampolla di Silvio, che ha lavoratoda subito per esautorarlo. Se Berlusconi faceva sfoggio del fiore all’occhiello, incontestabile, ossia l’essere il Milan il club calcitico più titolato al mondo, doveva quel primato al suo fedele braccio destro. L’ex tifoso juventino – sì in gioventù Galliani tifava Juve – folgorato sulla via di Arcore e convertito alla religione ambrosiana di rito milanista.

Ciò che ha (giustamente) indignato Galliani, inducendolo a rompere subito col Milan, è stato, appunto, il modo scortese per non dire rozzo e sbrigativo con il quale è stato liquidato. Il famoso comunicato Ansa del 3 novembre con il quale Barbara Berlusconi brutalmente gli addossava le colpe del fallimento della corrente stagione milanista (tutta ancora da giocare) e l’imbarazzato silenzio da parte dell’amico Silvio, sono stati il segnale che la sua sorte era segnata. Il divorzio ormai era nei fatti e Galliani si preparava ad uscire dolcemente a fine aprile. Si aspettava tuttavia un congedo dolce, con tutti gli onori, accompagnato dal tributo riconoscente di Berlusconi alla sua lunghissima parabola vincente. E’ stato viceversa messo alla porta come un vecchio domestico ormai inutile. E il geometra Galliani ha detto no.

Il fatto che balli una liquidazione di qualche decina di milioni (fino a 50 si mormora) non è un dettaglio insignificante. La diplomazia di Bruno Ermolli, plenipotenziario berlusconiano sul tema dei quattrini, non ha raggiunto risultati. Galliani ha rifiutato tutte le offerte e a questo punto non è improbabile che la controversia economica si trasferisca in un’aula di tribunale. Galliani non è affatto insensibile ai soldi, ma la sua uscita sbattendo la porta indica che non sono i “danae” il cuore del problema. Galliani intende salvaguardare la propria dignità e la propria immagine pubblica e fa benissimo.

Quanto all’ambiziosa Barbara, del tutto priva di esperienza nell’infido pianeta-calcio, dovrà avere la mano felice nel circondarsi degli uomini giusti, pilotando dal ponte di comando la nave-Milan con la duttile abilità del suo predecessore senza vantare non solo la navigazione di lungo corso di Galliani ma neppure l’infinità di contatti e relazioni personali che Galliani aveva intessuto in tutto il mondo nel corso dei suoi 28 anni al Milan.

Ce n’è abbastanza per considerare perlomeno azzardata la rinuncia ad un uomo di questo calibro, stimato in ogni angolo del pianeta e considerato tra i migliori dirigenti calcistici mai apparsi. Certamente Galliani è stato, anche grazie all’endorsement di Berlusconi – uno dei cavalli di razza del nostro calcio e se un appunto gli si può, anzi gli si deve rivolgere, è che ha anteposto gli interessi del Milan a quelli del movimento calcistico nazionale. Dopo averne assunto per qualche tempo la presidenza nel 2002, Galliani è stato il vero padrone della Lega Calcio, in condominio con la Juventus di Moggi e poi – caduta la diarchia bianconera Giraudo-Moggi sotto le mazzate di Calciopoli – il vero e unico dominus, che si è avvalso di alleati come il laziale Lotito e il genoano Preziosi per pilotare le decisioni della Lega verso i lidi più graditi alla sua società. Attitudine peraltro che Galliani ha condiviso con quasi tutti i suoi colleghi presidenti di club, tenacemente abbarbicati al guicciardiniano “suo particulare”, e sordi alle esigenze mutalistiche che prue la Lega calcio dovrebbe perseguire. Lo dimostra la reiterata rielezione – con pochi e documentati dissenzienti – di Maurizio Beretta, una soluzione provvisoria che di fatto è diventata permanente vista l’impossibilità di convergere su un altra personalità, quel mitico manager che dovrebbe convertire la Lega daconsorteria ad efficiente private company dedita alla ricerca della maggiore efficienza in termini di ricavi e di organizzazione generale. il braccio di ferro infinito ha consegnato la Lega allo stallo permamente, con la sette sorelle (Inter, Juventus, Sampdoria, Fiorentina, Roma, Sassuolo, Verona) attestate sulla Maginot dei diritti televisivi, contro il fronte del rifiuto di ogni novità, fronte guidato, appunto, dal Milan. I 900 milioni garantiti dall’advisor Infront per i diritti tv domestici e i poco più di 100 per i diritti esteri sono considerati un boccone troppo avaro. Le società dissentono sul modo di affrontare la questione. Le sette sorelle vorrebbero innalzare il minimo garantito a 1 miliardo e 150 milioni, riducendo le commissioni di Infront e salire almeno del doppio sul fronte dei diritti esteri. Limitando l’accordo al 2018. Il fronte guidato da Milan e Lazio spinge per prolungare l’accordo con Infront al 2021, rimandando la discussione sul quantum. Si tratta.

L’addio di Galliani al Milan insomma si ripercuoterà anche sugli equilibri del calcio italiano.

E sarà interessante assistere all’ennesima notte dei lunghi coltelli in via Rosellini, sede della Lega Calcio, senza contare sulll’abilità di mediatore di Adriano Galliani. Al quale auguro nuovi successi magari al di fuori del mondo del calcio, anche se l’offerta di Berlusconi di occuparsi della neorinata Forza Italia lo ha lasciato freddissimo.E se ne intuisce il motivo…