Derby di Genova: alla Sampdoria restano i dubbi, al Genoa le certezze (amare)

di Renzo Parodi
Pubblicato il 19 Novembre 2012 - 19:22 OLTRE 6 MESI FA
Icardi batte Frey, è il 3-1 che decide il derby Sampdoria-Genoa (Ansa)

GENOVA – Sull’infernale graticola della stracittadina che rosola a fuoco vivo sogni e ambizioni la figura del pollo l’ha fatta il Vecchio Grifone, spennato e arrostito da una Sampdoria capace di rigenerarsi come d’incanto. Una palingenesi francamente inattesa, viste le premesse. Leggi anche: Sampdoria-Genoa 3-1, lo spettacolo degli striscioni e delle coreografie del derby.

Ciro Ferrara, recordman alla rovescia della storia blucerchiata (sette sconfitte filate in campionato, mai accaduto prima) salva la panchina e il suo collega rossoblù, Gigi Delneri, si accomoda al suo posto sull’ottovolante con vista sul precipizio. Il Genoa raggiunge quota sei battute a vuoto (cinque col tecnico che aveva sostituito De Canio dopo al debacle casalinga contro la Roma, 2-4 il 21 ottobre, neppure un mese fa), il record negativo all times è già eguagliato.

Domenica a Bergamo, contro la frizzante Atalanta (20 punti reali raccattati), il Genoa rischia il testacoda mortale. Buon per Delneri che il presidente Enrico Preziosi si sia affrettato a precisare che finché sarà in sella lui il tecnico potrà dormire sonni tranquilli: “Del Neri resta quest’anno e l’anno prossimo, finché ci sono io resta al Genoa, lo garantisco perché sono certo di aver trovato un tecnico importantissimo. Io gli darò tutto il tempo necessario. Purtroppo abbiamo raccolto sei sconfitte, spero non ci sia la settima ma sicuramente l’allenatore resta al suo posto”. Meglio così, ci mancherebbe l’ennesimo scossone.

Sampdoria-Genoa: l’1-0 di Andrea Poli (Ansa)

Eppure si sa come vanno le cose nel calcio. Un altro passo falso e la panchina rossoblù diverrebbe un letto di spine. La squadra è scivolata da sola all’ultimissimo posto in classifica, umiliata anche dai cugini. I tifosi sono in rivolta contro Preziosi. Eloquente l’striscione srotolato in Gradinata Nord domenica sera: “Preziosi: Il nostro derby è contro di te”. E giù insulti al patron, colpevole, secondo la piazza, di aver impoverito paurosamente la “rosa”, con reiterate cessioni eccellenti (l’ultima, quella di Rodrigo Palacio, ma l’elenco è lungo è illustre e contempla, tra gli altri, gemme come Criscito, Bonucci, Ranocchia, Boateng, El Shaarawy) senza adeguate contropartite tecniche.

Va bene Borriello, molto amato dai tifosi, ma la difesa fa acqua (13 gol subiti nelle ultime sei partite) e la povertà tecnica esibita nel primo tempo del derby ha lasciato attoniti. Gioco, zero. Paura tanta. Nonostante le bocche da fuoco (Borriello, Immobile) la produzione offensiva è scarsa. Colpa di un centrocampo macchinoso e prevedibile (dove solo Kucka ha il passo e l’ispirazione giuste), e di due esterni (Antonelli e Jankovic) vanno a corrente molto alternata e quasi mai incidono. In attesa del miglior Vargas (ieri ha giocato un secondo tempo a passo ridotto, per via di una caviglia ancora in disordine) il prediletto 4-4-2 di Del Neri resta una realtà sbiadita.
Ancora più delicata e precaria a livello societario la situazione del Genoa.

Due piccoli tifosi di Sampdoria e Genoa (Ansa)

Preziosi ha ribadito la disponibilità a vendere la società – sbocco invocato con calore dall’ala dura della tifoseria rossoblù – ma ha precisato di voler restare alla guida del Genoa fino a che non si profilerà un acquirente serio e davvero intenzionato. “Fino a quando sarò al Genoa ho il compito di portare avanti al meglio questa società. Forse non è quello che si aspettano i tifosi, dispiace tantissimo anche a me ma credo che ne verremo fuori. Se vogliamo possiamo buttare tutto alle ortiche, ma non credo che il nostro organico sia da retrocessione, sicuramente ha bisogno di aggiustamenti e li faremo, seriamente e sperando di non sbagliare. Poi a fine anno, o anche prima, spero ci sia qualcuno che compri il Genoa e faccia meglio di me, perché tutto voglio essere tranne che un problema per il Genoa. I tifosi devono capirlo, nonostante gli errori e i comportamenti che non possono piacere, io non sono al Genoa a dispetto dei santi. E comunque se nessuno si farà vivo io non abbandonerò la nave in burrasca”.

Il tourbillon di allenatori (in appena due anni a Gasperini sono succeduti Malesani, Marino, ancora Malesani, De Canio e ora Delneri) segnala il malessere profondo del club, la politica ondivaga e umorale del presidente Preziosi che ingaggia promettendogli pieni poteri Pietro Lo Monaco, salvo licenziarlo dopo appena due mesi perché Lo Monaco fa il Lo Monaco, ossia pretende di decidere in piena autonomia – come ha sempre fatto anche a Catania – strategie e movimenti di mercato.

Ora il ruolo di ds appartiene a Rino Foschi, vecchio mestierante già transitato al Genoa nel 2008 (per sei mesi) e recuperato da Preziosi per tappare la falla aperta dall’addio di Lo Monaco. Una rivoluzione in corsa che non può fare bene agli equilibri interni, difatti la squadra appare disorientata e per di più la cura Delneri si è rivelata inefficace.

L’ex tecnico che nel 2010 condusse la Sampdoria di Cassano e Pazzini al quarto posto e alla prequalificazione alla Champions League (poi sfumata), ha perduto tutte e cinque le partite guidate dalla panchina. E la sconfitta nel derby è certamente la ferita più profonda e difficile da cauterizzare per le implicazioni anche psicologiche che si trascina appresso.

Morale, contro un Genoa slabbrato e inane, persino l’asfittica Sampdoria di questi tempi, con qualche cambio tattico azzeccato deciso da Ferrara (centrocampo infoltito e in avanti una sola punta, il coraggioso ma imberbe baby Icardi), nel primo tempo ha spadroneggiato, sfiorando la goleada. Avesse segnato 3 o 4 gol, non ci sarebbe stato nulla da eccepire.

Ma Icardi e Munari si sono divorati le rispettive occasioni per arrotondare il vantaggio e il Genoa, seppure appeso ad un filo, è rimasto in partita. Diversa la storia della ripresa. Delneri è corso ai ripari, ha corretto l’assetto tattico della squadra con gli inserimenti di Bertolacci e Vargas, togliendo un difensore (lo stralunato Bovo, autore di un autogol alla Ridolini che neanche Niccolai) e l’inutile Totzer, regista-lumaca regolarmente scavalcato dal dirimpettaio blucerchiato Munari, che pure non è un fulmine di guerra.

Il Genoa era quasi riuscito a rientrare in partita, mentre la Sampdoria, in preda ad antichi e recenti fantasmi, rinculava senza riuscire più a replicare in attacco. Il gol di Immobile ha illuso i grifoni che si sono arresi alla prodezza di Maurito Icardi (vent’anni il prossimo febbraio) argentino di Rosario, trapiantato in Spagna e prelevato a gennaio 2011 dalla cantera del Barcellona.

Nonostante il rude trattamento al quale lo hanno sottoposto Granqvist e Bovo, Icardi ha giocato a percussione, si è caricato l’intero peso dell’attacco sulle giovani spalle e, seppure acciaccato al costato, nel finale ha trovato l’estro e la corsa per timbrare il terzo gol. Gran bella notizia per Ferrara che ancora per qualche tempo non riavrà Pozzi e Maxi Lopez e ha perduto anche il terzo attaccante, il brasiliano Eder, assente anche domenica prossima nel match spareggio contro il Bologna a Marassi.

Sampdoria-Genoa 3-1: la coreografia della gradinata Sud (Ansa)

L’ennesima sfida che vale il doppio in chiave salvezza. Si vedrà subito se la vittoria nel derby è stata soltanto una effimera fiammata d’orgoglio o se la Sampdoria è davvero tornata ad essere una squadra, seppure afflitta da evidenti difetti. Il principale, una chiara mancanza di personalità, che alla prima difficoltà manda in tilt i giovani come Obiang, Krsticic, Rossini, Costa. Bravini ma caratterialmente fragili, in assenza di punti di riferimento. Gastaldello, Maresca e Munari evidentemente non bastano a dare equilibri alla squadra, dentro e fuori dal campo.

Ferrara ha salvato la ghirba ma la sua gestione ha denunciato lacune e incertezze non soltanto tecniche. La società ha valutato con estrema severità il ciclo nero delle sette sconfitte e soltanto una ricorsa poderosa potrebbe valergli la conferma. L’ombra di Delio Rossi continua ad incombere su di lui. Al primo accenno di cedimento da parte della squadra, il vicepresidente esecutivo, Edoardo Garrone, taglierà il nodo e cambierà cavallo alla carrozza. Non sta meglio, anzi, il ds Pasquale Sensibile, contestato apertamente in gradinata Sud con uno striscione che recitava: “Ds incompetente”.

La società gli contesta l’alto livello di investimenti nei nuovi acquisti (una dozzina di milioni tra Lopez, Estigarribia e De Silvestri) che non hanno prodotto rendimenti adeguati. E la scelta di allenatori eccessivamente verdi (in B Atzori, poi sostituito da Iachini, a sua volta giubilato, nonostante avesse condotto la squadra in A, a pro di un altro semiesordiente come Ferrara). La fiducia, posto che sussista, è insomma a tempo anche per lui. Già a gennaio, probabilmente, sarà sollevato dall’incarico.

Il mercato di riparazione richiede una mano diversa, fosse anche quella dell’amministratore delegato e direttore generale, Rinaldo Sagramola. Uomo dei conti, ma capace anche di scendere in campo sul versante squisitamente tecnico. In attesa dei correttivi di mercato, nello scorcio finale del girone di andata la Sampdoria dovrà vedersela con Bologna, Udinese, Lazio a Marassi, Fiorentina, Catania e Juventus in trasferta. Obiettivo minimo sette punti per girare a quota venti. Sperando che le altre (Palermo, Pescara, Siena, Chievo e Genoa) non indovinino il filotto vincente.