Juve cuore di leone con la Lazio, ma la Roma va a – 6. Napoli e Inter si fermano

di Renzo Parodi
Pubblicato il 27 Gennaio 2014 - 08:30 OLTRE 6 MESI FA

Juve cuore di leone con la Lazio, ma la Roma va a - 6. Napoli e Inter si fermanoROMA – Se serviva la controprova, ma non serviva, eccola qua. La Juventus ha il cuore del leone, uscire con un pareggio dalla fornace laziale, sotto di un gol e di un uomo (e che uomo, Buffon!) è un’impresa al livello delle dodici vittorie consecutive, interrotte appunto all’Olimpico biancazzurro. Sangue e arena, la Juve non si spaventa mai. Doti tecniche eccelse e carattere d’acciaio, sarà dura per la muta dei cani all’inseguimento di Madama arrivare a morderle i garretti. La Roma tuttavia lievita e accorcia a sei punti il distacco dalla Capolista. Vinc ere sul campo del Verona è un’impresa pure questa e va annotata con la giusta evidenza. Garcia adesso ha un organico ben calibrato, esce Nainggolan entra Pjanic, fuori Destro, dentro Totti, non so se mi spiego. E Gervinho trova la porta, altra notiziona. Il Verona cade in piedi, contesta il rigore del 3-1 ma la sostanza è che la Roma è di un altro pianeta.

Arranca invece il Napoli, scampato in articulo mortis, grazie al gol di Albiol, dalla clamorosa sconfitta casalinga contro il tetragono Chievo di Corini. Squadra molle e incerta, dov’è finita l’ìspirazione felice del girone di andata? La difesa non brilla ma anche in mezzo, perduto Behrami, il frangiflutti e la catapulta, il Napoli viaggia a fari spenti. Jorginho è un talentino ancora verde, difficile possa ristabilire da solo la scala dei valori perduti. E davanti la rinuncia a Pandev nella circostanza risulta alquanto misteriosa. Anziché crescere nella cifra di gioco e nell’autorevolezza nello stare in campo, la squadra di Benitez si è come afflosciata su se stessa. Se gioca sottoritmo come nel primo tempo anti-Chievo non ne vince più una. Ingeneroso lo striscione esposto in curva dai tifosi contro De Laurentiis. La gente ha la memoria dei pesci rossi, si è già scordata della stagione scorsa, condotta all’assalto della Magna Juve. Ha archiviato come offerta dovuta la sontuosa campagna acquisti estiva e mostra pollice verso ad un personaggio, De Laurentiis appunto, che ha rimesso il Napoli all’onore del mondo. Ingrati. State attenti, napoletani. Se il produttore si scoccia e vi abbandona in mezzo alla strada il Napoli ci mette un attimo a tornare fra le quinte, in mezzo ai comprimari. L’aggancio alla Roma (sei punti sopra in classifica) appare complicato. Stiamo a vedere come si conclude la campagna di rafforzamento e giudicheremo le obiettive chance di rincorsa al secondo posto, che vale l’accesso diretto alla Champions League.

Perde il passo anche al Fiorentina, nel pareggio imposto dal Genoa (3-3) pesano gli errori dell’arbitro Tommasi, disastrosa la sua direzione di gara. Un rigore dubbio e un gol in fuorigioco concessi al Genoa, un gol probabilmente buono annullato ai Viola (nelle ultime due occasioni la responsabilità è tutta dell’assistente La Rocca) impongono di concedere le attenuanti generiche alla squadra di Montella, che paga le assenze (Rossi, Gomez e nella circostanza anche Borja Valero) e il naturale momento di flessione atletica, dopo tutto quel tirare la carretta. Senza nulla togliere al vigoroso Grifone, schierato da Gasperini col consueto acume tattico, la Viola ha sprecato un’occasione d’oro per avvicinarsi al Napoli. Viene da chiedersi dove sarebbe in classifica la Fiorentina – comunque saldamente quarta –  se non avesse patito i gravissimi infortuni a Gomez e Rossi, il primo prossimo al rientro, il secondo perso per il resto della stagione. Certamente avrebbe raccolto diversi punti in più e saremmo qui a parlare di fenomeno viola. Così va il calcio, anche nella scienza del pallone che rotola il fattore C. è fondamentale.

Prosegue nel mare procelloso l’incerta navigazione dell’Inter, fermata a San Siro sul pareggio bianco dal Catania, fanalino di coda del campionato. Mazzarri si è doluto dell’atmosfera ovattata che circondava la squadra lasciando intendere che i suoi in trasferta giocano più tranquilli. Forse non si accorto, Mazzarri, della contestazione dei tifosi che ha accolto la squadra all’arrivo allo stadio: striscioni eloquenti invitavano Thohir (accorso in tribuna dall’Indonesia per valutare la situazione e muoversi sul mercato, ha chiarito il presidente) a non trattare con Juve e Milan e a fare un robusto repulisti nei quadri dirigenziali e tecnici, rimasti quelli dell’era Moratti. Difficile dare torto alla vox populi, chi comanda e mette i soldi deve avvalersi di collaboratori di sua assoluta fiducia. Il pubblico della Beneamata è alquanto severo ma tant’è. Il vero problema risiede nella qualità della squadra, che definire mediocre non è un azzardo. Contro l’ultima della classe si è visto poco gioco e poche occasioni da gol (Milito, Palcio e Rolando), ma anche il Catania (primo punto sotto la gestione-bis di Maran) avrebbe potuto segnare, con Rinaudo. I punti di distanza dalla terza piazza salgono a undici e l’aggancio alla zona Europa League resta l’unico obiettivo raggiungibile. Salvo colpi risulutivi di mercato, la trattativa Vucinic potrebbe rifiorire ma l’Inter ha bisogno di innesti in mezzo, un regista alla Pirlo (absit iniuria verbis) che detti i ritmi di gioco è una necessità evidente.

Battendo l’Atalanta con un rigore molto contestat,o procurato e trasformato da Cerci, il Torino zitto zitto aggancia il Verona battuto dalla Roma al sesto posto, accompagnato nell’exploit dal Parma, vittorioso di misura sull’Udinese, sempre più inguiata nella lotta per la salvezza. Da quando Cassano ha rinunciato al sogno di rivestire la maglia della Sampdoria la squadra di Donadoni ha isnerito il turbo. Delizioso l’assist di Fantantonio dalla linea di fondo per la testa di Amauri (quarto gol in stagione) che ha siglato il gol vittoria. In un campioanto tanto equilibrato, beato chi ha con sé i rari fuoriclasse, capaci di estrarre il coniglio dal cilindro. Guidolin aveva respirato una bocata d’aria in settimana eliminando il Milan in Coppa Italia, ora si ritrova sui carboni ardenti. Si affida alla società, ma per lui non tira aria di licenziamento. O l’Udinese si salva con Guidolin o affonda con lui. E’ scritto. Edè giusto così.

Sarebbe stato bello (è un modo di dire, eh) verificare la sorte di Seedorf se il Milan fosse caduto a Cagliari come ha rischiato sul serio capitasse. Balotelli e Pazzini (bentornato!) hanno salvato capra e cavoli e il tecnico olandese può disquisire sulle sorti future, meravigliose e eprogressive del Diavolone rossonero. Altrimenti si sarebbe dovuto confrontare con l’ira funesta di Lady Barbara, potete giurarci. E’ fin troppo chiaro che Clarence non può che ricostruire, mattoncino su mattoncino, una reputazione e un gioco di una squadra raccolta alla deriva. Le ambizioni sono rimandate e l’arrivo di Essien, opportuno, ma difficilmente salvifico in sé, è appunto il primo tassello di una rinascita che si annuncia lunga e complicata.

L’arrivo di Seedorf al Milan fa il paio col ritorno di Reja alla Lazio, ancora imbattuta con il vecchio Edy in panca. Il pari raccolto al cospetto della Juve è nuova linfa alle ambizioni di Lotito che si è convinto a non mollare l’estroso Hernanes (e ci mancherebbe) e magari spenderà qualche euro per rafforzare la squadra, che marcia a centroclassifica, a braccetto col Milan, ma coltiva sogni di gloria.

In fondo alla classifica la tonnara si alimenta di delusioni e nuove speranze. La Sampdoria ha gettato al vento due punti di diamante, concedendo a Diamanti (scampato alle sirene cinesi) di pareggiare al 90′ dal dischetto una partita che sembrava perduta, dopo il vantaggio doriano dell’ex Gabbiadini. Mihajlovic se l’è presa col pessimo stato del terreno di gioco del Ferraris che ha propiziato l’azione sfociata nel calcio di rigore. Ma è un fatto che la sua squadra fatica a gestire il vantaggio (era accaduto anche contro la Lazio) e raramente assesta il colpo del ko all’avversario messo in ginocchio. Difetti di gioventù? Anche, ma non solo quelli. La cifra tecnica blucerchiata è mediamente modesta e nessuno dei ragazzi doriani ha nel proprio arsenale personale il colpo di genio che risolve le partite da solo. Mediti il presidente Garrone che ancora non ha autorizzato rinforzi sul mercato invernale. Si parla di Maxi Lopez, un fantasma nel Catania. Mihajlovic giura di riuscire a rivitalizzarlo e spera anche di schierare Julio Cesar.

L’arrivo di Ballardini ha rivitalizzato il Bologna (tre punti in tre partite, due in trasferta), che a Genova si è salvato aggrappoandosi al suo talento (Diamanti) e ad un pizzico di buona sorte. Prima del rigore non avreva praticamente mai tirato in porta. Il cambio di panchina ha fatto bene anche al Livorno, l’arrivo di Di Carlo ha trasformato la squadra molle che aveva perso in casa col Parma e si era lasciata strapazzare dalla Roma. Il 3-1 rifilato al Sassuolo rimette la squadra di Spinelli in corsa e scaraventa gli emiliani nell’ennesima crisi, Di Francesco è di nuovo appeso ad un filo e ad horas potrebbe essere sollevato dall’incarico. Strano destino quello del Sassuolo che si sta rafforzando molto sul mercato: alterna belle prove (la vittoria sul Milan) a debacles sconcertanti. Le sconfitte patite da Cagliari e Udinese le risucchiano nella bagarre, i sardi hanno ceduto di fronte ad un Milan che sembrava condannato. Brutto segnale. Partito Nainggollan, escluso Agazzi (che piace al Milan per giugno), Astori in bilico, Cellino a caccia del Leeds, il quadro turbolento non poteva non incidere sul rendimento della squadra. L’Atalanta stra un po’ meglio in classifica ma è furente per via del rigore concesso da Tagliavento che l’ha condannata alla sconfitta nella Torino granata. In silenzio stampa Colantuono e i giocatori, una forma di protesta eloquente più di tante parole urlate. Il Torino ha sprecato un secondo calcio di rigore con Immobile che avrebbe probabilmente messo la sordina (quella vera) alle recriminazioni bergamasche. E fa giustamente festa. Dopo l’avvio così così chi si aspettava una rincorsa tanto lunga e felice. Ventura, ecco chi…