Roma cade a Napoli, campionato finito due mesi prima. Bagarre in coda

di Renzo Parodi
Pubblicato il 10 Marzo 2014 - 07:13 OLTRE 6 MESI FA

Soccer: Serie A; Napoli-RomaROMA – Uffa che noia! La Juventus ha vinto di nuovo. E sono 14 le vittorie casalinghe e 23 (su 27 partite) i successi in campionato. “Lo scudetto è nostro al 50%” si è sbilanciato Conte, di solito prudentissimo, prima ancora di conoscere l’esito della gara serale fra Napoli e Roma. Visto l’epilogo del match – vittoria del Napoli per 1-0, ne discende che la Juve allunga a + 14 sulla Roma (che pure deve recuperare la gara col Parma) e la pratica scudetto per Madama è virtualmente archiviata con la conquista del terzo titolo consecutivo. Resta aperta invece la questione secondo posto fra Roma e Napoli, ora distanziate di tre punti (virtuali, come ho detto: La Roma ha una gara in meno). A giudicare da quel che ha detto lo scontro diretto, non dovrebbe esserci match. La Roma ha gettato via la vittoria, dopo aver dominato l’avversaria infliggendole un palleggio estenuante, ancorché  improduttivo negli ultini sedici metri.Il tiki-taka in salsa giallorossa non ha trovato sbocchi concreti dalle parti di Reina. A proposito, impeccabili i due portieri. Quasi perfetto l’arbitro Rocchi, che tutavia ha graziato Taddei (fallaccio da dietro su Maertens). L’italo-brasiliano meritava il rosos, se l’è cavata col gioallo.Conb le Grandi, si sa, il regolamento diventa elastico.

Garcia aveva scelto una formazione prudente, con Gervinho unica punta, assistito al largo da Bastos e Florenzi, sebbene sia noto che l’ivoriano è un formidabile esterno d’attacco, non un centravanti. E se il “falso nueve” non si chiama Totti (assente come De Rossi), è difficile far quadrare i conti. Occasioni da gol ne sono peraltro arrivate da una parte e dall’altra (Gervinho, Florenzi, Maertens, Callejon). Alla fine ha timbrato Callejon con un imperioso colpo di testa su cross al bacio di Ghoulam. Il Napoli si era adattato, per necessità non per scelta, a reggere l’urto affidandosi al contropiede. Poco per fare paura alla Roma. Assente ingiustificato Higuain, stritolato nella morsa Benatia-Castan e morto di inedia per assenza di rifornimenti. Ma così va il calcio, alla fine chi la butta dentro ha sempre ragione e quindi il Napoli torna a sperare nel secondo posto. Garcia ha peccato di presunzione: Ha giocato come il gatto col topo, finendo per fare la fine del topo. Un centravanti di ruolo avrebbe forse messo a frutto il gran lavorio del centrocampo, il migliore d’Italia in termini di palleggio e copertura del campo.

Il ruvido Conte è sempre più propenso a scimmiottare Mourinho, inventandosi nemici ovunque (la polemica con Prandelli lascia di stucco), ma tira un bel sospiro di sollievo. Non è stata la solita Juve vorare e rapace, quella che ha piegato la Fiorentina. Bellissimo il gol-partita segnato da Asamoah. Poi poco d’altro. La Fiorentina ha giocato un gran secondo tempo, giungendo tre-quattro volte in odore di gol. Clamorosa la traversa colta da Matos con un colpo di testa che ha mandato in fumo una facile palla-gol. Conte ha limitato al massimo il turn over (fuori Bonucci e Pirlo) in vista del match di andata di Europa League, giovedì all’Olimpico proprio contro la Fiorentina. Se vorrà accumuluare un vantaggio tranquillizzante in vista del ritorno, la Juve dovrà ritrovare i sacri fuochi che l’hanno resa celebre. La temperatura della sfida è già vicina ai cento gradi Farenheit. “Buona la Fiorentina a pranzo. Ci vediamo fra quattro giorni per la cena”, ha twittato un anonimo spiritoso sul profilo ufficiale del club bianconero. Non precisamente il miglior modo per stemperare la tensione. Montella deve arginare i danni provocati dall’assenza di Pepito Rossi e dalla latitanza di Gomez, tornato in campo dall’inizio, ma tuttora l’ombra del goleador dirompente che aveva incantato in estate.

L’Inter non è ancora la squadra quadrata e tosta che vorrebbe Mazzarri eppure risale in classifica e insidia il quarto posto della Fiorentina. Decide Palacio con un gol di testa che nion so definire se fantastico op casuale, la sfida col Toro disputata al cospetto di Erik Thohir. Si è rivisto Ranocchia e la difesa se ne è giovata. Il Toro (quarta sconfitta filata) esce con l’onore delle armi ma senza neppure un punticino. Salvezza virtualmente in cassaforte, Cerci e Immobile hanno motivi personali (vedere alla voce Mondiale) per non infiacchirsi.

Anche il Parma rincorre il piazzamento Uefa, la vittoria sul Verona è limpida (ma Toni accusa l’arbitro De Marco e polemizza col dg parmigiano Leonardi) e segnala la squadra di Donadoni come l’autentica sorpresa del campionato. Con una gara da recuperare (a Roma) il Parma è la potenza emergente. Non si raccolgono per caso quindici risultati utili consecutivi. Donadoni non allena i giornalisti, va avanti per la sua strada, con umiltà inattaccabile. E i risultati lo premiano. Se poi Cassano fa il Cassano, tutto diventa più semplice. Donadoni si sbilancia e lo raccomanda a Prandelli. Pertché no, visto il deficit cronico dell’attacco azzurro? Purtroppo Prandelli declinerà l’invito, ha cassato Cassano da tempo e non si rimangerà la scelta.

Perde mestamente terreno dal treno di testa il Milan, battuto a Udine dalla prodezza solitaria di Di Natale (gol numero 184 in serie A, raggiunto Batistuta). Il turnover deciso da Seedorf in previsione del match dentro-fuori di martedì a Madrid, non ha pagato. Sono anzi riaffiorati antichi difetti. Difesa incerta, centrocampo monotono (ahi quanto manca la verve di Poli, uomo-dovunque) e attacco soffocato nell’imbuto con Pazzini terminale reso imnoffensivo dai difensori centrali firulani. Taarabt e Kakà non si concedono senza pagare dazio. Al Vicente Calderon il Diavolo si gioca la stagione e sono curioso di vedere cosa direbbe Berlusconi se l’esito risultasse infausto. Il patron ha negato di covare il progetto di vendere il club, ma non lui non si sa mai. Più probabile che cerchi soci in giro per il mondo, gente pronta a metter mano al portagfogli e migliorare la liquidità della cassafiorte sociale.

Brutto capitombolo casalingo della Lazio, battuta dall’Atalanta in uno stadio Olimpico disertato per protesta dai tifosi in guerra contro Lotito. Occasione sprecata per restare nel cuore della corsa all’Europa, la classifica non è ancora compromessa. Serve un cambio di clima. Se il braccio di ferro fra tifosi e presidente prosegue, addio Lazio. L’Atalanta festeggia il successo esterno che mancava da mesi. La salvezza è ad un passo, ma conoscendo Colantuono escludo che la squadra si fermi a guardarsi allo specchio.

Il fondo della classifica ribolle. Polemica a a fine gara tra Gasperini e Corini per il secondo rigore concesso dall’arbitro Gervasoni al Chievo, (contrasto fra Motta e Lazarevcic). Il Chievo – senza l’intera difesa titolare e senza Thereau – aveva subito acquisito il vantaggio grazie ad un primo calcio di rigore, indiscutibile, ancorché ingenuo (trattenuta vistosa di Konatè).Il Genoa aveva preso in mano la gara e sfiorato più volte il pareggio, colto sul finiire dei 90′ con una unghiata del solito Gilardino (dodicesimo gol stagionale). La moviola ha mostrato un braccio di Motta accavallarsi sul collo dell’avversario. A volte l’arbitro ignora, a volte rileva il fallo e fischia la punizione conseguente. Gervasoni ha scelto la linea dura. E il Chievo si è portato a casa tre punti pesantissimi.

Il Livorno ha accarezzato per un tempo il sogno di battere a domicilio la Sampdoria. Sembrava padrone della partita, la squadra di Di Carlo, in doppio vantaggio grazie a M’baye. Sotto lo scuardo dell’amico Mancini (venuto a Genova a dare un’occhiata a Gabbiadini), Mihajlovic nella ripresa è passato al 4-3-3 con l’inserimento di Krsticic al posto dello spento Obiang. E la Sampdoria è rifiorita dalle sue stesse ceneri. Formidabile la performance di Okaka, tornato agli antichi splendori. Il gigante nero si è battuto da solo contro l’intera difesa dei toscani e ha segnato il gol del 3-2, in collaborazione con una deviazione di Coda. Gabbiadini ha completato il ribaltone blucerchiato. La Sampdoria è praricamente salva e Mihajlovic giura che i suoi ragazzi non molleranno la presa. Vuole trasferire la sua squadra nella parte nobile della classifica. Nel frattempo ha avvicinato il Genoa che le resta sopra in classifica di appena un punto. Il Livorno ha perso i tre punti, non la faccia, anzi. Con l’organico che ha (Paulinho non ha segnato ma è un crack) Di Carlo è perfettamente in grado di portare la squadra sulla sponda della salvezza. Arranca invece il Catania, fermato nell’anticipo di sabato sul pari interno dai pali e dal vigoroso Cagliari allenato da Diego Lopez. Bologna e Sassuolo si sono accontentate di uno scialbo 0-0 che non toglie dai guai nessuna delle due squadre. La guerra continua.