Roma incassa decima vittoria consecutiva: record assoluto, stacca Juve e Napoli

di Renzo Parodi
Pubblicato il 1 Novembre 2013 - 08:53 OLTRE 6 MESI FA
Roma incassa decima vittoria consecutiva: record assoluto, stacca Juve e Napoli

(Foto LaPresse)

ROMA – Viva la Roma, che non paga la decima, anzi l’incassa piena: 1-0 al coraggioso Chievo, il timbro lo mette Borriello, il vice-Totti, e non è un caso. Un’ora di sofferenza, Roma un po’ spenta e sottoritmo, contro un’avversaria concentratissima, che le disputa il terreno di gioco palmo a palmo. Infine Borriello spezza l’equilibrio e consegna la Roma alla storia: dieci vittorie filate in avvio di campionato, record assoluto per l’Italia. Un’impresa. I tre punti rinsaldano il primato in classifica e tengono a distanza il duo Juve-Napoli – entrambe vittoriose, su Catania e Fiorentina – che insegue a cinque punti. Il resto è noia.

Garcia non sarà un mago ma conosce il calcio e sopratutto si è ambientato alla perfezione, parla un italiano fluido e pensa già come uno di noi. Non è colore, è sostanza. Compimenti a Sabatini, ha spedito via in cambio di quattrini, tanti e subito, Osvaldo, Lamela e Marquinhos, tre stelle. Eppure ha rinfozato i ranghi con Strootmann, Gervinho (chiesto espressamente da Garcia), Ljajic e Benatia e s’è reinventato Totti “falso nueve”, grimaldello esimio che scardina qualunque difesa. Ma anche senza il capitano e l’ivorniano, fermi per infortunio, la Roma è rimasta in corsa alla grande, non ha perso il passo e questo significa che davvero non ci sono titolari e riserva e che, come sotolinea Garcia, il gruppo fa la forza.

L’Inter e il Verona, una realtà ormai consolidata, si dividono il quarto posto a undici lunghezze dalla Roma e a sei dalle due damigelle d’onore (si fa per dire). La Fiorentina sta un gradino sotto ma protesta, con tutte le ragioni, e invoca la prova televisiva per cancellare l’obbrobrio provocato dall’arbitro Calvarese (giallo per simulazione anziché calcio di rigore a Cuadrado e conseguente espulsione e squalifica del colombiano) all’ultimo minuto della sfida col Napoli. Il punto verosimilmente perduto non lo restituirà nessuno alla Viola violata, ma sarebbe un bel gesto se gli arbitri – che giustamente chiedono sia riconosciuto loro il diritto a sbagliare – ammettessero l’errore, anziché rinserrarsi – con evidente contraddizione logica nonché storica – nella negazione assoluta dell’errore.

Lo dico a Nicchi e Braschi, asserragliati nella eburnea torre del silenzio, interrotto soltanto per reclamare il privilegio dell’infallibilità. Delle sue l’una, insomma. O gli arbitri accettano di essere fallibili, come umanamente sono, e si fanno carico delle conseguenze, ammettendo pubblicamente i loro errori e ponendovi riparo, ogni volta che sia possibile (eventualmente come nel caso in esame, rimettendosi agli organi disciplinari). Oppure insistono nella pretesa di non confrontarsi con la loro umana fallacia e quindi accettano anche le rampogne – con contorno di sospetti e dietrologie assortite – che inevitabilmente l’accompagnano. Scelgano, una volta per tutte.

La prima opzione li collocherebbe su un piano più elevato e la loro terzietà ne uscirebbe rafforzata. Nella fattispecie di Fiorentina-Napoli peraltro non mi sfugge che ammettere la prova tv per cancellare il doppio errore di Calvarese farebbe nascere un precedente da maneggiare con cautela, potendo da oggi in poi le società aggrapparsi ad ogni errore arbitrale, vero o presunto, per rimettere in discussione non il risultato – che resterà comunque intangibile – ma i cascami disciplinari legati a questo o a quell’episodio.

Alle spalle delle magnifiche tre c’è il vuoto. L’Inter paga l’assenza di Milito – che rivedremo in campo a Natale – nonché l’indisponibilità a turno di Icardi e Belfodil. Anche l’innata prudenza del tecnico di Mazzarri a Bergamo ha spinto il risultato sull’1-1, con una condotta di squadra troppo prudente all’inizio. Al povero Palacio – ottimo bomber con 6 gol segnati, sta trattando il rinnovo, resterà interista a vita – non si può chiedere di reggere da solo il peso dell’attacco.

Alvarez ormai si è consegnato al centrocampo e Kovacic, che dovrebbe ispirare le iniziative d’attacco dell’Inter, è un fico gonfio di umori ma ancora parecchio acerbo. A soli 19 anni e senza esperienza del calcio nostrano, non ha la forza di trasformarsi nel trascinatore della squadra. Ma il talento c’è ed è tanto. Crescerà, Kovacic, se non lo soffocheranno con pretese eccessive. Anche al difesa nerazzurra barcolla e ogni volta che Campagnaro manca visita sono guai. Nelle cinque gare in cui l’argentino era in campo, l’Inter aveva subito 2 reti, dieci nelle altre cinque senza di lui.

L’Inter come la Roma può concentrarsi sul campionato, tenga meglio che può il passo delle migliori e confidi nel recupero di Icardi (pubalgia, non sarà breve) e dell’antico bomber argentino. Thohir ha già fatto sapere che se occorrerà provvedere un paio di esterni a Mazzarri non si tirerà indietro. Tocca al tecnico spiegare al neoproprietario della Beneamata quali sono le lacune tecniche da colmare. E non dubitate che il marmoreo allenatore toscano non si tirerà indietro.

La Juventus si è rianimata segnando sei gol in due gare (Genoa e Catania) senza subirne alcuno, e facendo balenare lampi della migliore allure. Conte si è un po’ ammorbidito nei toni, non parla più di manovre destabilizzati, e punta il match di Madrid, prima pietra con cui lastricare la rimonta in Champions. Il Napoli incombe e non ci sarà da divertirsi contro la corazzata che Benitez – al netto dei conclamati favori arbitrali, colti fra Torino e Fiorentina – sta allestendo con sagacia e realismo. Higuain non segna? Provvedono Callejon e Mertens e intanto il Ciuccio spara calci micidiali alle avversarie.

La vittoria di Firenze (anch’essa al netto della topica di Calvarese) è tanta manna e rafforza l’autostima della truppa. Quanto alla Fiorentina, segnalo l’esemplare self control di Montella dopo l’ennesimo scippo. Dopo il Cagliari si era imbufalito con De Marco (rigore negato allo scadere) beccandosi la reprimenda di Braschi, rimasto permaloso come quando fischiava. Nel post-Napoli il tecnico ha commentato l’espulsione di Cuadrado e il mancato calcio di rigore con fair play britannico e l’ombra di un sorriso alla Eduardo che lasciava intendere come Vincenzino, se avesse potuto, avrebbe pronunciato ben altre giaculatorie. Sabato attende la Viola la micidiale trasferta di Milano rossonera, e sarà l’occasione per provare a rimettere i conti in pari.

Il Milan, già. Allegri è il novello Oudini, si inventa travestimenti di ogni tipo ma la squadra barcolla, biascica calcio, non regge neppure il vantaggio confezionato dal gol d’antan del ritrovato Kakà. Schiava dei malumori di Balotelli, il Milan procede come un pugile rialzatosi da un duro ko. La difesa imbarca acqua e l’attacco fa quel che può, ossia poco. Servirebbero tre innesti di valore, uno per reparto, con precedenza assoluta alla difesa (17 gol subiti, come Catania, Chievo e Cagliari). Berlusconi ha dato ad Allegri gli otto giorni, se stecca il match con la Fiorentina possibile lo sollevi dall’incarico regalandogli, togliendolo dai carboni ardenti, pace e requie. Complimenti a Max per il self control che profonde a piene mani, respingendo suggestioni e insidie del quale è cosparso il suo cammino.

Lo scudo di Galliani, in cattiva fortuna pure lui, Barbara Berlusconi incombe – non basta più a proteggerlo. E dunque si compia il destino. Non giurerei che licenziando il condottiero, l’esercito rossonero si metta in marcia verso memorabili conquiste. I punti di distacco dalla zona Champions, obiettivo minimo fissato dalla società, sono già 13 e un recupero, allo stato, è largamente improbabile. La Lazio dell’altro tecnico periclitante (petkovic) merita il pari in rimonta di San Siro, il tecnico ha spiegato il cammino incerto con una certa qual mancanza di cattiveria da parte dei suoi. L’esame di San Siro porta appena uhj punto in classifica – la Lazio ha sei squadre davanti – ed attende conferma domani all’Olimpico contro il Genoa che Gasperini sta rivitalizzando (7 punti in quattro gare), pur con evidenti problemi tattici, attorno al super Gilardino, che ha ricevuto dal Canada una sontuosa offerta. Sette milioni di euro a stagione per tre anni dal Toronto (e sei cash al Genoa), ma ha giurato di finire il campionato a Genova.

Va molto celebrato il Verona di Mandorlini, addirittura quarto in classifica accanto all’Inter che in sede di mercato ha speso cinque volte di più. Una meteora? Non direi. L’organizzazione di gioco è solida, la guida salda e Toni, dato frettolosamente per finito, è l’anima, il trascinatore e il faro della squadra. Il Verona gioca un calcio tutto polpa e sostanza, lo dimostra la facilità con la quale si è sbarazzato della Sampdoria, peraltro fragile di gioco e di nervi, ripiombata negli antichi vizi che fanno perdere il sonno a Delio Rossi. Verona e Sampdoria sono due realtà paradigmatiche di come si possa spendere bene le rispettive non ricchissime risorse, centrando quasi tutti gli obiettivi (il Verona) ovvero fallendoli quasi al completo (la Sampdoria, come le accade da alcune stagioni a questa parte, non a caso condite da una retrocessione).

A proposito di lotta per la salvezza. Inestimabili i successi del Genoa sul Parma, con un supergol di Gilardino che in avvio aveva sprecato un calcio di rigore. Peraltro il Parma protesta per il gol del pareggio, probabilmente regolare, annullato per fuorigioco a Mesbah. E soprattutto del redivivo Bologna, corsaro su un Cagliari stranamente abulico, massacrato addirittura con tre gol e facendo a meno dello squalificato Diamanti. Misteri del calcio. Sei punti in due gare, il doppio dei tre raccolti nelle altre otto. Bene ha fatto la società a non silurare Pioli, un ottimo tecnico.

Si aggrava in coda la situazione del Catania, travolto a Torino dalla furia bianconera (4-0). Nel conto va messo il grave infortunio toccato a Bergessio (frattura del perone, due mesi di stop) vittima di uno scontro con Chiellini. Che si scusa ma dovrebbe piuttosto riflettere su certe prodezze agonistiche che il suo fisico da decathleta talvolta gli suggerisce. Nel risucchio della zona calda annaspa anche il Sassuolo, battuto in casa dall’Udinese che procede a strappi ma i punti finisce per farli, qua e là. Come l’Atalanta che ha imposto il pari all’Inter, cancellando il passo falso di Genova.

Combattutissimo il 3-3 fra Livorno e Torino, i toscani sotto di due gol avevano ribaltato addirittura il punteggio che il rigore di Cerci ha infine fissato sul 3-3. Dopo quattro turni in bianco la squadra di Nicola si rimette in marcia. Il Toro, afflitto da molte assenze, resta in linea di galleggiamento ed è già molto.

Il Chievo resta ultimo ma la gagliarda partita di Roma, persa di misura e facendo sudare la Capolista, depone a favore di Sannino. Di Carlo e Corini incombono, ma Campedelli gli concederà ancora una chance, l’ultima. Sannino per salvare la panchina, deve perlomeno strappare un pareggio, domenica a Bologna. Auguri, ne ha bisogno.