Serie A. Fiorentina rimonta il Milan, Palermo fa l’impresa e rivede la salvezza

di Renzo Parodi
Pubblicato il 7 Aprile 2013 - 20:16 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Serie A, 31esima giornata: il punto di Renzo Parodi.

Fiorentina-Milan 2-2

A Firenze tutto è complicato e ne sa qualcosa il Milan che è andato ad infilarsi in un pareggio (2-2) che spezza la rincorsa al Napoli e al secondo posto proprio alla vigilia dello scontro diretto di San Siro. Quel che fa più male al Diavolo è di aver permesso alla Fiorentina (in 10 uomini) di rimontare il 2-0 nella mezz’ora finale. I due rigori concessi alla Viola dall’ondivago arbitro Tagliavento hanno suscitato le proteste rossonere, a mio parere infondate.

Ha tutte le ragioni il Milan viceversa a recriminare sul tocco di braccio di Roncaglia all’ultimo minuto, un episodio da calcio di rigore secondo regolamento e casistica. Galliani si è prodotto in tribuna in una litigata colossale con un contestatore (la Fiorentina parla di un bimbo) che lo aveva aggredito verbalmente. A metter pace è intervenuto nientemeno che Matteo Renzi, per una volta nelle vesti del pompiere. L’ad rossonero qualche motivo di rammarico ce l’ha, ma non dovrebbe dimenticare due episodi che hanno fatto girare la partita sul versante milanista.

L’espulsione molto severa di Tomovic sul finire del primo tempo. Tagliavento ha considerato l’azione una chiara occasione da gol, il fallo da ultimo uomo infatti non è più contemplato. Il rosso al difensore ha lasciato la Fiorentina in dieci per quasi un’ora di gioco. Secondo episodio-chiave, il mancato cartellino giallo a Montolivo, già ammonito, che a termini di regolamento era inevitabile. Se sanzionata, l’espulsione di Montolivo (un ex fischiatissimo, in gol su erroraccio di Pizarro) avrebbe pareggiato l’inferiorità numerica della Viola.

E forse avremmo visto un’altra storia. Esemplare il fair play di Montella (che si è limitato a punzecciare l’arbitro sull’espulsione di Tomovic, in palio una cena) e Allegri che non si sono appigliati a mo’ di alibi agli errori arbitrali. Evidentemente i due tecnici hanno individuato – e censurato – gli errori delle rispettive squadre.

Meglio il Milan nel primo tempo, ficcante e tranquillo. Brava la Fiorentina a reagire nonostante l’inferiorità numerica e a raddrizzare una gara che chiunque all’intervallo avrebbe dato per persa. Balotelli, multato sul treno Milano-Firenze per aver fumato una sigaretta in bagno, ha rovinato la giornata a sé e alla sua squadra rimediando una banalissima ammonizione per comportamento non regolamentare, Si era piazzato sul pallone di una punizione viola, ma a centrocampo! E quindi Supermario, opaco e svogliato a Firenze, andrà incontro alla squalifica e la sfida col Napoli la vedrà dalla tribuna di San Siro. Pazzini entra in preallarme.

La Fiorentina, sei punti sotto il Milan, continua ad accarezzare il sogno Champions, ma con speranze ridotte. Preoccupa l’infotunio a Jovetic, forse recuperato con fretta eccessiva, e la endemica propensione a subire gol. Comunque termini la stagione, sarà Europa e quindi il bilancio di Montella è più che positivo.

Udinese-Chievo 3-1

“El segna semper lu”, griderebbero i tifosi milanesi, non fosse che l’eroe eponimo dell’Udinese è napoletano e si chiama Antonio Di Natale. La doppietta di Totò apre la strada al successo dell’Udinese sul Chievo. Papera di Puggioni e prodezza dell’antivo boimber e – dopo il break clivense con Papp – assist a Benatia per il 3-1. Guidolin va in vordo di giuggiole, concede giustamente a Di Natale la passerela finale per la standing ovation del Friuli e negli spogliatoi scioglie la supplica: “Ttoto ti prego, non smettere di giocare”.

A giudicare da quel che ha mostrato in campo, il bomber tascabile dell’Udinese ha ancora gambe e fiato per miracol mostrare. Tenera la dedica finale a Franco Califano. Il Chievo falcidiato dalle squalifiche (quattro giocatori out) ha fatto quel che ha potuto, ossia non abbastanza per agguantare il pari. La classifica (35 punti) non vale ancora la salvezza e opportunamente Corini ha richiamato i suoi al massimo impegno.

Sampdoria-Palermo 1-3

Sfiancata nelle teste e nelle gambe dalla pletorica e inutile (ai fini della classifica) fatica infrasettimanale contro l’Inter, la Sampdoria è affondata senza combattere al cospetto di un Palermo che con i tre punti raccolti a Maassi si rilancia alla grande nella lotta per non retrocedere. La vendetta immaginata (due anni fa il Palermo vincendo a Genova sigillò la retrocessione blucerchiata) non si è materializzata. Al contrario la Sampdoria ha gentilmente spianato la strada alla rimonta siciliana in classifica. Grottesco il primo gol, casuale tocco sottomisura del difensore Von Bergen, paperissima di Romero.

Dentro ci sta tutto il momento della squadra di Delio Rossi, il tecnico ha le sue colpe nel disastro di giornata. Gli mancavano due pilastri del centrocampo, Poli e Krsticic, e una volta di più si è misurata la pochezza delle seconde linee blucerchiate. Munari (ad onta del gol del provvisorio 1-1) non ha il passo adeguato ai ritmi della serie A e Soriano spreca un indubbio talento vagando distratto per il campo e sbagliando appoggi elementari.

Maresca non sarà un profeta del dinamismo ma i piedi li ha buoni e occupa con profitto la posizione di Krsticic. Perché dunque schierarlo solo a giochi fatti, sull’1-3? Icardi ed Eder assolutamente nulli e non solo per colpa di rifornimenti mai pervenuti. Il ventenne centravanti argentino, già promesso all’Inter, è frastornato e sconta, evidentemente, i turibolari elogi che lo hanno raggiunto da quando è esploso, segnando nove gol. Il brasiliano non azzecca neppure i controlli più semplici e non parliamo di tirare in porta. Un ectoplasma.

Davanti non restano che Sansone, un comprimario, e Lopez, estinto da tempo. Rossi da settimane predica che la salvezza non è ancora raggiunta e adesso giura di non essere preoccupato per la discesa a picco della sua squadra. Un punto nelle ultime quattro partite sono qualcosa in più di un campanello d’allarme. Rossi farà bene a ricalibrare l’analisi, anche in vista di un derby di domenica prossima che assume il valore dell’autodafè. Tra l’altro, perdendo contro il Palermo, la Sampdoria ha resuscitato un pericoloso rivale del Genoa nella corsa per evitare la serie B. Autorizzando anche le maligne speculazioni dei cugini, inviperiti per la resa blucerchiata senza condizioni di fronte alla squadra di Sannino. Veleni in vista insomma, domenica prossima, nel catino del Luigi Ferraris.

Il Palermo è ridiventato una squadra e vola sulle ali di Ilicic, un talento purissimo che si era smarrito per chissà quali motivi. A Genova ha retto da solo l’attacco siciliano, ha segnato un gol superlativo e ha spaventato da solo la difesa della Sampdoria. Finché le forze l’hanno sorretto, Miccoli è stato una degna spalla dello sloveno e il resto della squadra ha giocato con lo spirito di chi ci crede ancora. A questo punto il suo destino è tornato nelle gambe e nelle teste dei giocatori. E di Sannino che ha dimostrato a quel pazzerellone di Zamparini di che pasta è fatto. Del resto, se lo aveva scelto in estate, il presidente del Palermo, qualche virtù Sannino doveva pure averla.

 

Siena-Parma 0-0

Beppe Iachini aveva chiamato il pubblico senese alla mobilitazione generale, ci si poteva dunque attendere un Siena tutto muscoli e grinta,. Viceversa la gara della squadra bianconera è risultata fiacca e inoffensiva per un Parma quadrato e vicino in un paio di occasioni al gol. Non è un caso se il Siena ultimamente va meglio in trasferta che in casa dove è all’asciutto di gol da tre partite.

Dopo una convalescenza infinita si è visto Pozzi, mai impiegato prima, al fianco di Emeghara che stavolta non è riuscito a fare il miracolo. Appaiato al Palermo (e provvisoriamente al Genoa che in serata gioca a Napoli) a quota 27, il Siena è in vantaggio negli scontri diretti contro le due rivali. Prossima fermata, Pescara. Se fa il pieno, la squadra di Iachini si rilancia definitivamente. Dettaglio non trascurabile. I punti raccolti dal Siena sono 33 e non 27 e tanto vale a rincuorare i ragazzi di Iachini.

Catania-Cagliari 0-0

Il Cagliari peripatetico controvoglia dimostra di avere gli attributi e anche a Catania, su un campo dove sono cadute molte Grandi, fa la sua bella figura mettendo i bastoni tra le ruote al collaudato Catania che guarda addirittura alla zona Europa. Partita noiosetta, ma vera. A 39 punti il Cagliari è virtualmente salvo ed è una autentica impresa, valutate le obiettive difficoltà, logistiche e psicologiche (vicenda Is Arenas), che hanno tormentato il cammino della squadra sarda.

Complimenti sinceri al duo Pulga-Lopez, al dg Marroccu e limitatamente all’aspetto tecnico e della gestione societaria, compimenti anche al presidente Cellino, tuttora confinato agli arresti domiciliari per le accuse che lo vedono coinvolto nell’inchiesta penale sullo stadio di Quartu Sant’Elena. La società ha chiesto di tornare a giocare al Nereo Rocco di Trieste e logica vorrebbe che fosse accontentata. In futuro, si vedrà. Perché escludere un ritorno nello stadio Sant’Elia, a Cagliari? Magari cospargendosi preventivamente il capo di cenere…

Napoli-Genoa 2-0

Il Napoli allunga battendo più netto di quel che dica il 2-0 finale il Genoa sempre più disperato, terzultimo a 27 punti con Siena e Palermo. E ringrazia la Fiorentina, che ha fermato il Milan, scivolato a quattro punti dal Napoli. Nello scontro diretto tra sette giorni Mazzarri avrà a disposizione due risultati su tre. Un vantaggio psicologico notevole.

Napoli quasi un scioltezza su un Genoa discreto in fase propositiva ma fragilissimo e irresoluto negli ultimi 25 metri di campo. Ballardini può ringraziare Frey se il punteggio non ha assunto dimensioni imbarazzanti. Il portiere rossoblù ha ingaggiato una sfida personale con i tiratori del Napoli, in particolare con Cavani al quale sul 2-0 ha anche parato un calcio di rigore. E domenica al Ferraris va in onda un derby da disperati. Anche la Sampdoria, sconfitta in casa dal Palermo, ha i suoi problemi.

Troppo lento e macchinoso in difesa con Portanova, Granqvist e Moretti il Genoa per arginare il Napoli, agile, veloce e implacabile nell’armare contropiede micidiali (cinque nei primi venti minuti di gioco). Per il Grifone sono stati dolori ogni volta che Srmero, Maggio e Hamsik, al largo e Cavani Dzemaili e Pandev in zona centrale, si gettavano palla al piede negli spazi che il centrocampo rossoblù generosamente regalava alle ripartenze azzurre. E’ mancato equilibrio alla squadra di Ballardini, piacevole nell’orchestrare il gioco offensivo anche con cinque-sei giocatori. E un vivace Immobile terminale offensivo capace di tenere in allarme Cannavaro e Britos. Il Genoa si è rivelato inerme quando si trattava di coprire la difesa chiudendo gli spazi alle incursioni degli avversari. Dodici gol subìti in quattro partite sono una enormità e spiegano largamente le pessime condizioni di classifica del Grifone. Inevitabili in questo quadro tattico, i due gol del Napoli, segnati da Pandev e Dzemaili (nono centro stagionale, dopo la tripletta al Toro), Due azioni quasi in fotocopia, al culmine di azioni ficcanti concluse in rete. Se Frey non avesse sventato altre sei o sette palle-gol, il Genoa sarebbe andato sotto un passivo umiliante. Il portiere si è confermato anche nella ripresa, quando il Napoli ha alzato il livello del forcing. E ha fallito un calcio di rigore con Cavani. Anzi Frey lo ha parato alla grande.

In partenza Mazzarri aveva rinunciato a Inler, Gamberini e Zuniga (nonché a Insigne), tutti in diffida a rischio di squalifica nel derby di domenica prossima. Anche Ballardini aveva lasciato in panchina un paio dei suoi sei diffidati, precisamente Borriello e Jorquera, rischiando invece Portanova, Jankovic e Antonelli (Bovo è infortunato). Insomma, formazioni scelte col bilancino del buonsenso, la sfida con la Sampdoria per il Genoa promette di essere il bivio della stagione. E per il Napoli il posticipo col Milan a San Siro potrebbe decidere la lotta per il secondo posto.

Nella ripresa, Ballardini ha corretto lo schema del Genoa con l’ingresso di Vargas per l’acciaccato Bertolacci, quindi di Olivera per Jankovic e infine di Jorquera per l’infortunato Kuck, passando al 4-4-1-1. Il Napoli non ha fatto una piega (salvo un arretramento sulle fasce di Armero e Pandev) e ha continuato a giocare a percussione, facendo perno della punta avanzata, Cavani, e agendo con gli inserimenti di Pandev, Hansik, Armero, Maggio. Un tipo di gioco che ha messo allo scoperto la lentezza di Portanova, Granqvist e Moretti, saltati in breccia ogni volta che accettavano di farsi risucchiare lontani da Frey. Cavani ha avuto palle invitanti, le ha fallite per eccesso di frenesia o in una occasione perché sbattuto a terra da Portanova. L’arbitro, il livornese Banti, non ha giudicato l’intervento meritevole del calcio di rigore. Il dubbio è legittimo. Con Matuzalem e Kucka il Genoa si è fatto vivo con De Sanctis, ma senza sfondare. Ha sfondato invece il Napoli, ma solo perché Kucka abbattendo in area Hamsik, ha procurato al Napoli un calcio di rigore, ma Cavani si è fatto parare da Frey il tiro dal dischetto.Le statistiche dicono che il Napoli ha fallito la metà dei penalties (9 su 18) dei quali ha usufruito in due stagioni. Mazzarri probabilmente se lo aspettava l’errore del Matador, che ha mancato così il gol numero 23 in campionato. Spazio per Inler e Insigne (fuori Behrami e Pandev) e Napoli in surplace fino al 90’. Di Immobile l’ultimo brivido, sventato da De Sanctis. Nessuno dei diffidati delle due squadre è stato ammonito. E dunque non ci saranno squalificati.

 

Inter-Atalanta 3-4

Pazza, pazza, pazza Inter. Nella serata in cui perde per infortunio, alla mezz’ora, Antonio Cassano e dopo Milito e Palacio si ritrova col solo Rocchi attaccante di ruolo. Ebbene in questa serata da streghe l’Inter è riuscita nell’impresa di segnare tre gol (Rocchi e doppietta di Alvarez) ma anche nell’impresa alla rovescia di subirne quattro (Bonaventura e tripletta di Denis) da una intraprendente Atalanta. E di perdere in casa la partita che segna la fine dei sogni di Champions League. Campane a morto anche per Stramaccioni, colpevole di qualche peccato di inesperienza ma sfortunato la sua parte – errori societari a parte, vedere alla voce Sneijder – visto che è rimasto col solo Rocchi attaccante di ruolo. Il tecnico ha dovuto fare i conti anche con una morìa imprevedibile di calciatori, colpiti da infortuni i più varii. Insomma non era l’anno dell’Inter, Moratti ha avviato male la rifondazione, restando a metà del guado. E anche in sede di mercato invernale non ha saputo intervenire a dovere, al contrario ha squilibrato ancor più la squadra e riempito di guai lo spogliatoio. Cassano ci ha messo del suo, azzuffandosi con Stramaccioni, e mandando in frantumi l’ennesima avventura calcistica della sua carriera. Il ritorno a Genova, sponda blucerchiata, resterà per Fantantonio una chimera. In attesa del posticipo del posticipo (Roma.Lazio) di lunedì sera, l’Inter resta inchiodata al quinto posto (50 punti) a braccetto della Lazio. E dovrà difendere la zona Europa League. Sempre che l’Europa “minore” interessi a Moratti, naturalmente. Per adesso si contano le macerie. E si prepara la resa dei conti. La testa di Marco Branca non è più così salda sul collo, mi si passi la metafora bersaniana.