Roma in fuga, Napoli e Juve crollano, strana Inter e super Verona

di Renzo Parodi
Pubblicato il 21 Ottobre 2013 - 08:15 OLTRE 6 MESI FA

Roma in fuga, Napoli e Juve crollano, strana Inter e super Verona ROMA – E’ aperta la caccia alla Roma, capolista solitaria a pieno punteggio. Crolla inopinatamente la Juventus a Firenze (2-4), rimontata e superata in tromba dalla Viola risbocciata miracolosamente nel quarto d’ora di eclisse bianconera. Il grande Fulvio Bernardini definiva queste temporanee amnesie “i cinque minuti del Califfo”. La Juve se n’è concessa un paio in successione ed ha regalato a Firenze una vittoria memorabile. Il Napoli sconfitto a Roma si ritrova affiancato in classifica a Madame, ma sono già cinque le lunghezze di distacco dalla Magna Roma del sergente Garcia, promosso generale sul campo, a suon di risultati. L’Inter pareggia (3-3) a Torino dopo aver rischiato la debacle ed essersi nel finale trovata a condurre per 3-2-. Grande Palacio (doppietta), ma la difesa senza Campagnaro sbanda. Il Verona vittorioso sul Parma (3-2) resta davanti alla Fiorentina (16 punti contro 15), che comunque tiene la scia delle migliori. Crolla la Lazio a Bergamo (2-1) e si fa scavalcare dalla fresca Atalanta di Colantuono, con Denis e Cigarini goleador. Attenzione a Cigarini, se si esprime a questi livelli, Prandelli non potrà non tenerlo in conto.

Roma – L’autentica sorpresa, ormai è una realtà consolidata. 8 vittorie in altrettanti match, finora chi era riuscito nell’impresa (la Juventus, a più riprese) alla fine si era fregiato del titolo nazionale. Impossibile strappare dalle labbra del’astuto Garcia la parola magica: scudetto. Il tecnico franco-spagnolo ha, come si dice, già mangiato la foglia. Ha capito come vanno le cose attorno al pallone italico. Guai ad alzare la cresta prima del tempo. Meglio l’undestatement. La Roma gode del vantaggio di non giocare le coppe europee. Ha perduto per infortunio nel match di venerdì Totti e Gervinho e non è poco. Il capitano è virtualmente insostituibile, Garcia si affiderà Borriello che, classe a parte, è tutto un altro tipo di attaccante. Per Gervinho è pronto Ljaic, talentuoso ma lunatico e discontinuo. Le ripartenze perderanno smalto e vedremo una Roma meno geometrica e più schematica.

Juventus – Aveva la partita in pugno e se l’è lasciata sfilare come il portafoglio da una Fiorentina, sotto la guida dell’eccellente Montella, che sa sempre trovare risorse insospettate. E’ chiaro che l’orologio svizzero assemblato da Conte sta andando in pezzi. La “Goeba” ha subito già dieci gol, all’incirca la metà dell’intero bottino al passivo accumulato nel campionato vinto a mani basse l’anno scorso. Conte ha diversi difetti, ma non mena mai il can per l’aia. Aveva intravisto le prime crepe già durante la tournée estiva e aveva lanciato l’allarme: “Sarà durissima ripetersi vincendo il terzo scudetto di fila”. Scrollasi di spalle, le e ironie assortite avevano accolto la sortita. Ma Conte sapeva quel che diceva. Il mercato lo aveva lasciato insoddisfatto – si aspettava ben più di un top player come l’ottimo Tevez – e l’occhio esperto aveva captato che i suoi avevano perso un bel po’ della furente vis agonistica sulla quale la Juve aveva costruito i successi in terra italiana. La società gli aveva chiesto di difendere il titolo nazionale senza trascurare le chances europee. Troppo anche per un assatanato domatore di leoni come Conte. La Juve di questo avvio di campionato è stata spesso costretta a giocare in svantaggio, ha recuperato il risultato ma faticando parecchio. A Firenze – supremo paradosso – aveva messo in cascina il doppio vantaggio (rigore di Tevez e gol di Pogba) in chiusura di primo tempo. Nella ripresa ha governato senza sforzo il forcing della Fiorentina, fino a che, incassato il rigore di Rossi – la tripletta lo ripaga di tante sventure – si è sfaldata come un castello di sabbia investito dalla marea. “Inspiegabile”, ha ammesso Conte che dovrà essere bravo a confessare i suoi e a tirar loro fuori ansie e paure, retropensieri e dubbi, in tempo per rimettere in campo una Juve competitiva. Mercoledì si scende nell’arena del Bernabeu, contro il Real che Ancelotti, con mano sicura, sta conducendo ai migliori livelli.

Napoli – Benitez lamenta a ragione che il rigore che ha spianato la strada alla Roma non esisteva proprio. Furbo Borriello ad ingannare l’arbitro aggrappandosi alla maglia di Cannavaro senza essere visto, trascinandosi addosso il difensore napolentano che, già ammonito, ha pagato con il rosso. Orsato non è nuovo a prender granchi. Il Napoli deve pianger soprattutto sui propri errori, Pandev e Insigne (il bosniaco sopratutto) hanno sprecato il pallone dell’1-0. Lassenza di Higuain (un fantasma anche nello spezzone finale giocato) segnala una volta di più che occorre una controfigura del centravanti argentino, tormentato da guai muscolari che lo tengono in dubbio per il match di Champions contro il Barcellona. Senza di lui il Napoli nei sedici metri avversari è leggero come una piuma, innocuo. Anche la difesa ha bisogno di un rinforzo forte. A De Laurentiis l’ultima parola, Benitez gli ha illustrato il caso.

Inter – Mazzarri ha un diavolo per capello. Partenza ad handicap a Torino, rigore provocato da Handanovic su Cerci dopo appena 5′ ed espulsione del portiere, il regolamento non dà scampo ma non sarà mai detto una volta di troppo che queste regole vessatorie mortificano lo spirito del gioco, alterando apertamente gli equilibri in campo. Grande prova della squadra nerazzurra in dieci uomini per tutta la partita. Risale la corrente, (pari di Guarin in rovesciata) va due volte in vantaggio con Palacio e si fa riacciuffare allo scadere dal giovane Bellomo. Gravi responsabilità di Padelli su due dei tre gol interisti e anche Carrizo sulla rete di Bellomo non ha la coscienza linda. Risultato equo, il Toro mette nel conto anche il calcio di rigore fallito da Cerci in apertura che aveva già colpito un palo. L’Inter ha problemi in difesa ogni volta che deve rinunciare a Campagnaro. Ma ha carattere e non perde mai la testa. La classifica è appena discreta ma neppure Thohir può pretendere che la Beneamata corra come per incanto per lo scudetto. A meno che il nuovo proprietario a gennaio non la rinforzi con un paio di inserimenti davvero di primissima fascia.

Milan – Non c’è da menar vanto per aver piegato a fatica l’Udinese. Lode e gloria a Birsa, goleador di complemento in assenza di Balotelli, El Shaarawy e Pazzini. Due suoi gol (contro Sampdoria e Udinese) hanno fruttato sei punti al Diavolo, alquanto povero di idee e di gioco. Non si può chiedere ad Allegri di spremer rosolio delle rape, al massimo di limitare i danni in attesa di tempi migliori. Se Balotelli metterà a servizio permanente della causa rossonera le sue immense doti calcistiche – senza ricadere nei vizi di comportamento che lo hanno affossato – alla lunga rivedremo il MIlan nei quartieri alti, altrimenti sarà un campionato di assestamento, non si sa bene a quale livello. Certo non ai piani più elevanti della piramide. In tutt’altre faccende affaccendato, Berlusocni osserva e affila la lama della ghigliottina. Allegri (contratto in scadenza a giugno) prova a tenere la barca in linea di galleggiamento. A gennaio arriverà Honda- un piede fino di propensione offensiva – ma è dietro e in mezzo che il Milan avrebbe bisogno di un paio di innesti forti.

Il Torino ha giocato col cuore Toro, trascinato da uno straripante Cerci, osservato con gusto, si immagina, da Prandelli, seduto in tribuna. Ventrura aveva la difesa titolare fuori (Bovo, Glick e Rodriguez) e ha pagato. La squadra, con i recuperi di Gazzi e Barreto, e la scoperta Farnerud (suo il primo gol) ha spessore tecnico e schemi collaudati. Non avrà problemi a traghettarsi verso una serena salvezza.

Verona – Alleluja per il Verona, gagliarda neopromossa. Il quarto posto dopo 8 giornate non è casuale, la squadra è equilibrata, gioca un bel calcio, propositivo e mai scriteriato, e di riffa o di raffa il gol lo trova con smagliante regolarità. Anche se le capita di subire un po’ troppo (due gol dal Parma, nella circostanza) sa remare con calma e risalire la corrente. Jorginho è un bel talento, Cacciatore (regalato dalla Sampdoria, complimenti all’ex ds Sensibile) una forza della natura, gioca in tutti e quattro i ruoli della difesa e ha già segnato tre gol. Iturbe un folletto imprendibile, di cui sentiremo parlare parecchio. L’obiettivo resta la salvezza ma avanti così la banda-Mandorlini si divertirà sgambettare anche qualche grande. .

Al Parma non è bastato segnare due gol al Bentegodi, reggendosi sul solito geniale Cassano che ha timbrato in proprio il provvisorio vantaggio per 2-1 per i Ducali. Resta un’incmpiuta, la squadra di Donadoni. Sempre sul punto di spiccare il volo, regolarmente chiude le ali sul più bello.

La Lazio soffre di labirintite e dei tormenti esistenziali di Hernanes, concupito dall’Atletico Madrid, o forse è lui che concupisce l’altra squadra della capitale spagnola, l’addio potrebbe suonare già a gennaio). Squadra lenta e prevedibile, per larghi tratti quasi svogliata. Se non è crisi poco ci manca. I 13 punti di distacco dalla Roma pesano come macigni. Lotito smania e non è escluso che si sfoghi con qualche colpo di testa. In coda vittorie preziose per le genovesi.

Il Genoa festeggia il ritorno di Gasperini a Marassi con una doppietta di Gilardino: 162 gol in A, splendido il primo, di testa, casuale il secondo, segnato involontariamente di faccia, su ribattuta dalla linea di porta di Bentivoglio, autore del gol del provvisorio pareggio clivense. Per il Gila l’azzurro e il Brasile sono sempre molto vicini.

Il Chievo precipita e Sannino vacilla. La Sampdoria piega il Livorno al Picchi, dove non vinceva dal 23 aprile 1967. grazie a due rigori, ineccepibili, l’ultimo segnato allo scadere dei 6 minuti di recupero . L’arbitro Celi ha convalidato la trasformazione di Pozzi che contro il Torino si era visto annullare il suo gol da Mazzoleni , nonostante il tap fulmineo sulla punizione calciata da Palombo. Giustamente Mazzoleni è stato messo a riposo da Braschi. E’ la prima vittoria stagionale per la squadra di Delio Rossi che adesso respira, ma deve assolutamente mettere a frutto le partite interne contro Atalanta e Sassuolo, inframezzate dalla trasferta di Verona contro con l’Hellas.

Traballa il Catania, battuto in 10 a Cagliari (2-1) dalla squadra di Lopez e da un micidiale uno-due firmato da Ibarbo e Pinilla. Se Cellino non disfa la squadra sul mercato di gennaio, il Cagliari si salva in carrozza. Pulvirenti rimedia ai guai di classifica licenziando Maran e sostituendolo con De Canio. Il patron rossazzurro farebbe meglio a ragionare su due eventi. Ha divorziato misteriosamente dal dg Gasparin, artefice del miglior piazzamento (ottavo posto) del Catania in A in tutta la sua storia. Ha venduto il Papu Gomez, Lodi e Marchese, sostituendoli con Biraghi, Gyomber e Plasil. A costruire nel calcio si fatica, a distruggere si fa prestissimo. Resiste invece Pioli sulla panchina petroniana, nonostante l’ennesima scoppola (sconfitta in trasferta col Sassuolo, 2-1). Generoso il rigore concesso ai neroverdi di Di Francesco, la partita l’ha fatta il Bologna ma alla fine ha ragione chi la butta dentro. Classifica orribile (3 punti e ultimo posto) e utili argomenti di riflessione anche per il presidente Guaraldi. Gabbiadini, Gilardino e Taider, tre pezzi da novanta, non ci sono più e Diamanti da solo non regge la baracca.