Google, che succede se Brexit? Prima votano, poi chiedono

di Riccardo Galli
Pubblicato il 29 Giugno 2016 - 13:22 OLTRE 6 MESI FA
Brexit e Google

Brexit e Google

LONDRA – Che succede se lasciamo l’Ue? Domanda più che legittima di questi tempi, specie in Gran Bretagna, peccato che i sudditi di sua Maestà abbiano cominciato a porsela solo dopo il referendum della settimana scorsa. Così come, solo dopo l’esito del voto, hanno gli inglesi cominciato a fare ricerche per capire cosa fosse, chi appartenesse e come funzionasse l’Unione Europea che avevano appena deciso di lasciare.

A rivelarlo è Google, la versione contemporanea dell’oracolo a cui chiedere tutto, che dal giorno dopo il voto inglese ha registrato tra gli interrogativi che più gli venivano posti dagli utenti di oltre Manica quelli riguardanti l’Unione. “La seconda domanda più digitata sul motore di ricerca dai prodi secessionisti britannici risulta essere: ‘What is the Eu?’ (‘Che cos’è la Ue?’) ­- scrive nel suo Buongiorno di oggi Massimo Gramellini su La Stampa – Seguita da un quesito non meno amletico: ‘What happens if we leave the Eu?’ (‘Che succede se lasciamo la Ue?’). Ma non potevano chiederselo venerdì mattina? Magari avrebbero votato allo stesso modo, ma almeno dopo averci pensato su. Altro che ‘conoscere per deliberare’. Questi prima hanno deliberato e poi, con molta calma, hanno incominciato a informarsi sull’oggetto e sulle conseguenze del loro voto. Ooopss… è crollata la sterlina. Ooopss… i capitali fuggono dalla City. Ooopss… da Bruxelles ci intimano di andarcene per davvero. Chi l’avrebbe immaginato, milord”.

Già, chi l’avrebbe immaginato? Effettivamente in pochi lo avrebbero fatto e, con ogni probabilità, nemmeno i sostenitore della Brexit credevano davvero di poter centrare il loro obiettivo. E dimostrazione ne è l’incertezza del leader dell’Ukip Nigel Farage che ha dovuto ammettere davanti alle telecamere che la meraviglie promesse dopo il divorzio da Bruxelles non saranno così meravigliose, così come dimostrazione ne è la voglia, quasi la necessità che ha ora Londra di prender tempo perché, di fatto, è impreparata a ciò che ha scelto. Impreparata appunto come i suoi cittadini che, dopo essere andati alle urne ed aver scelto in maggioranza il ‘leave’ il 23 giugno, dal 24 hanno fatto registrare sul motore di ricerca di Mountain View il picco delle ricerche con le frasi “cosa significa lasciare l’Ue” ma soprattutto “cosa è l’Unione Europea”.

Al terzo posto di questa classifica a dir poco imbarazzante per la sua tempistica si trova “Quali sono i paesi che appartengono all’Ue” seguita da “Cosa succede se lasciamo l’Ue” e infine: “Quanti sono i Paesi nell’Unione”. “Nessuno auspica di mettere paletti al suffragio universale: le alternative sperimentate nei secoli si sono rivelate peggiori”, scrive ancora Gramellini che dal dato relativo alle ricerche on line fa discendere una riflessione sul modus operandi degli elettori inglesi e non solo. Anche importanti quotidiani americani si sono, all’indomani della Brexit, interrogati in modo anche più organico sulla bontà del suffragio universale e qualche quotidiano nostrano ha usato queste riflessioni (sostanzialmente speculazioni teoriche) per attaccare i suoi avversari storici. Polemiche a parte speriamo che l’esito del voto inglese, e soprattutto lo sgomento dei cittadini che hanno capito (forse) quello che hanno scelto solo dopo averlo scelto, serva di lezione a loro e ad altri elettori perché questo non si ripeta. Anche se, nella società di Google, dell’immediato e del superficiale, probabilmente lo avranno già dimenticato tutti, magari distratti dalla nuova moda del momento pronta a diventare il nuovo ‘trend topics’ della Rete.