Egregio Buffon, questa delle scommesse non la sapevamo, lei però sì e stava muto

di Riccardo Galli
Pubblicato il 1 Giugno 2012 - 15:13 OLTRE 6 MESI FA

Lapresse

ROMA – Egregio signor Buffon,  non ci conosciamo direttamente e neanche per interposto tifo, non avendo chi le scrive i colori bianconeri nel cuore. Nonostante questo lei, in qualità di capitano della nazionale di calcio, in qualche modo mi rappresenta e, ogni due anni circa, mi ritrovo a sperare, e spesso godere, delle sue abilità tecniche tra quei legni distanti circa sette metri che puntualmente difende in modo egregio.

Appena pochi giorni fa però, la categoria a cui appartengo, i giornalisti, specie tutt’altro che esente da errori e orrori per carità, è stata da lei duramente attaccata, invitata a letteralmente “vergognarsi”. E’ vergognoso, lei ha detto con tono irato, che i media sappiano di indagini prima dei diretti interessati. Forse lei ha qualche ragione, anche se mi ha riportato alla mente uno dei cavalli di battaglia berlusconiani. Questa volta però eravamo all’oscuro di tutto. Questa non la sapevamo prima. Era di un anno fa e ce l’ha dovuta dire la Polizia e la Guardia di Finanza. Soltanto sapevano di quel milione e mezzo di euro da lei versato ad un tabaccaio di Parma. Tabaccaio incidentalmente abilitato ad effettuare scommesse sportive. Soltanto loro, oltre lei ovviamente. Che questa la sapeva ma è rimasto muto. Muto sul punto, non privo di interesse converrà, proprio quando lei e non altri di sua iniziativa e volontà impartiva lezioni e pareri sulle scommesse sportive e dintorni. Lei diceva: “Meglio due feriti che un morto…”. E spiegava così che se tra due squadre c’è reciproca convenienza a pareggiare la partita, che male c’è? Spiegava ma stava muto su quella nota informativa della Guardia di Finanza di cui lei sapeva. Lei si indignava sulla giustizia spettacolo ma stava muto sulle indagini vecchie di un anno su se stesso.

La stampa, i media, di questa storia erano assolutamente all’oscuro. E quando lei li ha così duramente criticati, cosa è stata amnesia od omissione il non far parola della vicenda che la riguarda in prima persona? Dica lei… Ha speso parole come “vergogna” per chi della diffusione delle notizie è responsabile. Ma lei dei suoi assegni sapeva, e non potrebbe essere altrimenti visto che li firmava, ma muto. Lo riteneva forse un particolare trascurabile, un frammento di inviolabile vita privata? Probabilmente sì, decisione personalissima ma che sinceramente stona visto che il tema del contendere era proprio il calcio scommesse e non una decisione arbitrale controversa o un investimento in Borsa.

Ora, oggi, sappiamo anche noi che il 13 giugno del 2011, cioè un anno fa, gli investigatori delle Fiamme gialle inviarono alla procura di Torino un’annotazione di polizia giudiziaria che la riguardava. Diceva e dice, quell’annotazione, che “nell’ambito dell’attività istituzionale demandata a questo Reparto, è pervenuta dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, una segnalazione di operazioni sospette nei confronti di Buffon Gianluigi, sopra generalizzato, e di soggetti a lui collegati”. Nel rapporto in questione vengono riassunti gli “elementi informativi ritenuti di possibile interesse”, così come riferiti dalla banca che ha inviato la segnalazione su un conto corrente intestato al calciatore che “ha registrato un’anomala movimentazione caratterizzata dall’emissione, nel periodo gennaio 2010 – settembre 2010, di n. 14 assegni bancari, di importi tondi compresi tra euro 50.000 ed euro 200.000, per un totale di euro 1.585.000, tutti a favore di Alfieri Massimo, titolare di tabaccheria a Parma abilitata, tra l’altro, alle scommesse calcistiche”.

Nessun giornalista in questo caso, ma una banca che segnala movimenti anomali, cioè sospetti. “L’istituto di credito segnalante ipotizza che le liquidità possano essere oggetto di scommesse vietate”. Le puntate sono infatti interdette dal codice di giustizia sportiva “ai tesserati delle società appartenenti al settore professionistico” in qualunque forma, “direttamente o per interposta persona, anche presso i soggetti autorizzate a riceverle”.

Per carità, come ha tenuto a precisare il suo legale quegli assegni non sono automaticamente scommesse. Ci spieghi allora, di grazia, a cosa servivano visto che il tuo avvocato sul tema è stato piuttosto evasivo. “A tutela della privacy del suo assistito”, secondo quanto riferisce la Finanza, il legale “si è limitato a descrivere il beneficiario degli assegni come persona di assoluta fiducia, spiegando che i trasferimenti di liquidità sono volti a tutelare parte del patrimonio personale di Buffon”. “L’avvocato ha inoltre accennato a una società fiduciaria e all’acquisto di immobili a Parma, senza specificare l’esistenza o meno di scritture private o atti di compravendita / donazione”. Come comprenderà anche lei, invocare in questi casi la privacy è piuttosto risibile. Essere un calciatore di successo, un uomo pubblico ammirato e osannato ha certamente i suoi vantaggi. Ma comporta anche qualche fastidio, come alcune compressioni della privacy appena invocata. Anche se non c’è reato, a differenza dei cittadini qualsiasi, in veste di uomo pubblico e capitano della nazionale, sarebbe tenuto, sarebbe quantomeno opportuno che lei fornisse a tutti i tuoi tifosi, giornalisti compresi, qualche spiegazione in merito. Non vorremmo tra un po’ dover scoprire che erano, dio non voglia, scommesse “a sua insaputa”.

Anche perché dei suoi assegni si sono interessati anche i detective antiriciclaggio della Banca d’Italia, l’Unità di informazione finanziaria, i quali hanno verificato i conti correnti della tabaccheria dell’amico del calciatore. Giungendo a queste conclusioni: “A fronte dei rilevanti fondi trasferiti da Buffon sono puntualmente identificabili addebiti di importo abbastanza comparabile disposti automaticamente tramite Rid bancari a favore della Lottomatica spa e della Lis Finanziaria spa”, altra società del gruppo Lottomatica. Come se a ogni assegno seguisse una giocata.

Qualche esempio: il 16 aprile 2010 Buffon accredita al tabaccaio 150.000 euro, e lo stesso giorno Lottomatica riceve un pagamento di 145.807,24 euro; tra il 13 e il 16 luglio, il capitano della nazionale stacca tre assegni da 100.000 euro ciascuno, “a cui fa seguito un addebito, sempre tramite Rid, di oltre 380.000 euro a Lis Finanziaria”. L’Unità antiriciclaggio ipotizza che la non precisa coincidenza degli importi possa dipendere, “plausibilmente”, dal fatto che “i versamenti da e verso Lottomatica avvengono a saldo (in alcuni casi positivo, in altri negativo) degli introiti per la raccolta delle scommesse e l’offerta di servizi di pagamenti con i pagamenti di eventuali vincite”.

Ad oggi non ci sono ipotesi di reato e lei non è persona indagata, come ha precisato il 16 gennaio scorso il procuratore di Cremona Di Martino mettendo nero su bianco che “allo stato questo ufficio non ha in programma iniziative investigative nei confronti del predetto Buffon, che non risulta tra gli indagati”. E siamo sicuri, vogliamo esser certi che non c’è reato.  Anche in considerazione dei precedenti:  nel 2006 quando, come ricorda il Nucleo di polizia tributaria di Torino, lei fu indagato dalla procura di Parma proprio per “esercizio abusivo di attività di giuoco e scommessa”. Allora lei si difese sostenendo di essere “un giocatore accanito”, ma di aver scommesso sempre e solo sul calcio straniero e altre discipline, finché era consentito. A maggio del 2010, la stessa Procura emiliana  chiese l’archiviazione del procedimento e lei ne uscì assolutamente pulito: scommettitore sì, ma solo sui giochi su cui si poteva scommettere, è andata così anche stavolta?

Molti poi, a cominciare dal suo presidente Andrea Agnelli, hanno sottolineato la tempestività con cui la notizia dei suoi assegni sia divenuta di pubblico dominio proprio all’indomani del suo sfogo anti stampa e anti indagini. Tempestività sospetta in effetti. Ma tempestivo potrebbe anche essere stato il suo sfogo sapendo lei dei famosi assegni. Chi è stato “tempestivo” di che? Bella domanda. Qui la saluto egregio signor Buffon mentre apprendo che lei è “amareggiato”. La capisco, al suo posto sarei perfino qualcosa in più.

Post Scriptum: Non più tardi di questa mattina (1 giugno) Cesare Prandelli ha detto che “se serve l’Italia può rinunciare agli europei”. Non serve. Non serve che gli italiani rinuncino agli europei, serve casomai che chi non è limpido rinunci. Perché scommettere non è reato m raccontare mezza verità e tener nascosta l’altra metà, cioè raccontar di fatto bugie, questo è vergogna.Per lo meno pubblica, l’unica che ci riguardi, quella privata ognuno, se ce l’ha, la misura come gli aggrada.