ROMA – Quarantacinque giorni di black out. Quarantacinque giorni di silenzio, pena il carcere, magari commutato in maxi multa ma sempre carcere. Questo in sostanza prevede, tra le altre cose, la “legge sulle intercettazioni” in discussione in Parlamento. Legge sulle intercettazioni, formula su cui applicare le grafiche virgolette perché in realtà non blocca solo la pubblicazione delle intercettazioni ma oscura per un mese e mezzo tutto ciò che nel gergo giuridico è definito “ordinanza”, cioè il perché e il per come di un atto giudiziario. Quarantacinque giorni in cui, in attesa dell’udienza filtro o dell’udienza preliminare, non si potrà pubblicare nulla, non solo le intercettazioni “private”, non solo le intercettazioni “pertinenti”, ma nemmeno il loro oggetto, la loro sostanza . Per dirla con il gergo non della magistratura ma degli estensori della legge, non solo il “gossip” ma anche la “notizia”.
“2-bis E` vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare. 2-ter.
E’ vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari. Di tali atti è tuttavia consentita la pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell’ordinanza del giudice, fatta eccezione per le parti che riproducono la documentazione e gli atti di cui al comma 2-bis”. Questo recita il testo. In sostanza si potrà dire che Tizio è stato arrestato, ma non perché e non su quali basi sino al pronunciamento di un giudice, e comunque almeno pero 45 giorni.
E’ arrivato il sì, a maggioranza, alla norma che vieta di pubblicare il contenuto delle intercettazioni fino al momento dell’udienza filtro. Il presidente della commissione Giulia Bongiorno si è dimessa da relatore per protesta. Unica nota positiva, come commenta Roberto Rao (Udc), è il sì bipartisan alla modifica della norma “ammazza-blog”: avranno l’obbligo di rettifica entro le 48 ore solo i siti registrati. Inoltre, ha ricevuto il parere favorevole del sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, una proposta di modifica che porta la firma di Manlio Contento (Pdl) che punta a inserire nella norma che prevede il carcere da sei mesi a 3 anni per i cronisti (alla riforma dell’art.617 del ddl) anche le intercettazioni considerate «irrilevanti». Nel testo ora in Aula, si prevede che ci sia il carcere da 6 mesi a 3 anni per chi pubblica atti di cui è stata ordinata la distruzione o che dovevano essere espunti. Ora Contento precisa che in questa previsione ci deve rientrare anche chi pubblica gli ascolti considerati irrilevanti.
Il capogruppo del Pdl in commissione Enrico Costa, indicato come nuovo relatore, definisce «politica» la decisione della parlamentare finiana di dimettersi. La Bongiorno però ribatte e parla di «accordo violato». Il testo, ora in Assemblea, ricorda, «era già il frutto di una mediazione raggiunta in due anni e mezzo di confronto. E io su questa versione del provvedimento avevo già fatto la mia relazione». Poi, aggiunge, basta che Berlusconi «schiocchi le dita» per rimettere tutto in discussione. E così «il testo viene stravolto» e a lei non resta che «dimettersi». Ora, assicura Rao, «noi non potremmo che votare no contro il black out per l’informazione». L’approvazione della “norma-Costa”, infatti, spiega ancora la Bongiorno, comporterà che di tutte le intercettazioni successive all’udienza filtro «non se ne potrà nemmeno dare notizia».
«Se c’è un’ordinanza di custodia cautelare che può arrivare anche dopo un anno di indagini e in questa ordinanza ci sono delle intercettazioni rilevanti, non solo non si potrà pubblicare il testo – prosegue l’esponente di Fli – ma proprio non si potrà dare notizia del fatto storico di queste intercettazioni». In più, incalza Donatella Ferranti (Pd), «è assurdo vietare la pubblicazione delle intercettazioni contenute, ad esempio, nelle ordinanze di custodia cautelare perché in questi casi il Gip ha già compiuto una selezione degli ascolti.
Intanto, Jimmy Wales, co-fondatore di Wikipedia, dice che quello sulle intercettazioni è un disegno di legge “idiota”, che infligge un duro colpo alla libertà di espressione. Ma tutti i governi sono avvertiti: “Non potete farci tacere”.
In un’intervista al sito di Valigia Blu, parla di gravi limitazioni alla libertà di stampa. “Non ho mai sentito di una legge simile in nessun’altra parte del mondo”, dice nell’intervista, e continua: “L’Italia ha già leggi assolutamente efficaci contro la diffamazione, e questa proposta di legge va oltre in modo drammatico”.
In questo clima rovente il governo nel frattempo pensa di porre la questione di fiducia su quella che l’opposizione chiama “legge bavaglio”. “Sulle intercettazioni è probabile che metteremo la fiducia”, lo conferma Massimo Corsaro, capogruppo del Pdl in commissione. Nessuna mediazione sul testo, ma la certezza di approvarlo in tempi rapidi. Con la fiducia, appunto. Ma, anche se Umberto Bossi mostra ottimismo (“Il ddl passa anche senza fiducia”), qualche piccola crepa si apre. Un primo segnale di disagio dai cristiano popolari che fa capo a Mario Baccini e Pino Galati. Spiega Baccini: “Consigliamo al governo di non porre la fiducia sulle intercettazioni”.
Ma Bossi insiste: “Il ddl serve a far diventare l’Italia un paese normale. Le intercettazioni vengono usate indipendentemente dal processo”. E indipendentemente da come verranno usate, se questa legge vedrà la luce, per 45 giorni almeno non si potrà parlarne.