Bye democrazia, se non hai soldi un Hitler ti smonta. Outing di neri pensieri

di Riccardo Galli
Pubblicato il 27 Febbraio 2013 - 17:17| Aggiornato il 11 Agosto 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La democrazia, in queste mondo che c’è, non funziona più come nel mondo che c’era, quindi bye democrazia . La tecnica politica di Grillo, la tecnica dello smontaggio del sistema parlamentare da parte di Grillo ricalca quella di Hitler, Grillo non è certo Hitler neanche alla lontana ma la tecnica è quella. L’Italia non rischia di fare la fine della Grecia ma quella dell’Argentina. Tre affermazioni politicamente scorrette che, sino a ieri, si potevano origliare a qualche cena dette a mezza bocca ma che da oggi hanno trovato i loro pubblici oratori. Insomma sono pensieri che stanno facendo outing A descrivere l’inadeguatezza delle democrazie occidentali di fronte all’attuale condizione socio economica è, sul Corriere della Sera, Dominique Reynié, politologo a Sciences-Po e studioso dei populismi. A ‘sdoganare‘ il parallelo grillini-nazionalsocialisti è, sempre sul Corriere, Piero Ostellino. Mentre a profetizzare un destino “argentino” per il nostro Paese è, su La Stampa, l’ex economista e veterano del Fondo Monetario Internazionale Vito Tanzi.

Per il politologo francese, studioso presso l’istituto che sforna le élites d’oltralpe, la democrazia come noi la intendiamo funziona a determinate condizioni. Funziona “se c’è crescita e redistribuzione delle risorse. E in Europa ormai non c’è più niente da distribuire”. Un sistema quello occidentale ormai quindi inadeguato ad affrontare l’attuale momento storico. Prodotto di un’altra epoca passato da migliore modello mai creato a modello se non da superare quanto meno da aggiornare.

In Europa, continua Reynié, abbiamo nell’ultimo periodo “bruciato” tutti i metodi per governare: governo tecnico, grande coalizione, elezioni ripetute. Ogni paese ha trovato la sua strada, ma era sempre una strada alternativa alla democrazia “normale”, sintomo di una diffusa a livello continentale fragilità della democratica come la conosciamo. In questo ragionamento l’Italia, e con lei Grillo e la rinascita berlusconiana, sono espressioni locali di un fenomeno più ampio e più grande. Sono la risposta, la deriva populista figlia di un’incapacità del sistema di fornire risposte e soluzioni. Ma se i populismi nascono storicamente dai problemi che altri non sanno risolvere, non sono mai stati storicamente portatori di una soluzione.

“Bastava averne seguito la campagna elettorale per capire che Grillo aveva ricalcato il modello, nei toni, nella tecnica di una campagna solo per distruggere l’esistente che per creare un futuro diverso. In Germania, allora, una propaganda siffatta aveva prodotto Hitler. Da noi, ha portato i seguaci di un comico. A ciascuno il suo e noi teniamoci il nostro”, scrive Ostellino.

L’accostamento Grillo/Hitler, ovviamente con alcuni fondamentali distinguo, non è certo un’invenzione dell’editorialista del Corriere della Sera ma è, Ostellino, probabilmente il primo a metterlo nero su bianco. E, si badi bene, Ostellino non è certo un amico e un sostenitore dello Stato che anzi giudica invadente e oppressivo. Però a suo giudizio la retorica grillina, i tasti da lui toccati e i problemi economici da cui trae linfa e voti sono incredibilmente sovrapponibili a quello che si verificò nella Germania degli anni ’30. Stessa perdurante e grave crisi economica, stessa incapacità della classe dirigente ad uscirne e conseguente crisi sociale, stessa invocazione di rinnovamento, di nuovo, di giovani e stesso sentimento antiparlamentare ed anticasta. Quello che sembra una follia, e che è anzi un insulto se scagliato nella polemica politica, cioè accostare qualcosa di contemporaneo al nazionalsocialismo, appare molto meno osceno se la riflessione e le assonanze sono di natura storica. Comunque qui non si segnala o si sostiene la correttezza di quanto scrive Ostellin0, si segnala il fatto che qualcuno lo scriva. D’altra parte è lo stesso Grillo che più volte ha rivendicato a suo merito: “non ci fossimo noi, ci sarebbero i nazisti”. Consapevole a suo dire di fare barriera al nazismo del terzo millennio e le barriere, anche nella storia e nella politica, stanno ai confini, proprio sulla linea di confine: un passo e si è di qua, un altro passo e si è già di là.

 

Non più la Grecia, ma l’Argentina. A verbalizzare la possibilità di una simile deriva è un’economista di lungo corso. Specie invisa ai grillini come ai berluscones ma specie con cui, volenti o nolenti, ci si deve confrontare. I mercati infatti, che piaccia o meno, condizionano la vita degli Stati e di conseguenza quella dei cittadini. Non foss’altro perché sono gli stessi cittadini a vivere nei mercati. E quindi nonostante la singolare opinione dello spread che Grillo e Berlusconi hanno, entrambi fondamentalmente concordi nel giudicarlo se non irrilevante al massimo come un fastidio secondario, questo condizionerà, e pesantemente, il nostro futuro. L’Argentina, spiega Tanzi, prima del grande “botto” aveva condizioni economiche persino migliori rispetto alle nostre. Ed era governata da altri interpreti del populismo. Quando per questo i rubinetti internazionali si chiusero, Buenos Aires andò in banca rotta. Se l’Argentina è lontana i programmi anti-mercato premiati in Italia la rendono assai più vicina. Quasi dietro l’angolo.

Due su tre dei personaggi citati sono italiani, il terzo francese. L’atavica ostilità intellettuale nutrita da buona parte dell’Italia nei confronti dei cugini d’oltralpe, unita alla storica difficoltà d’esser profeti in patria, rende le tre affermazioni se possibile ancor più preoccupanti di quanto di loro non siano.