Carlo Cani, minatore riluttante: malattie, Cig, pensione. Mai lavorato

di Riccardo Galli
Pubblicato il 21 Ottobre 2014 - 15:08 OLTRE 6 MESI FA
Carlo Cani, minatore riluttante: malattie, Cig, pensione. Mai lavorato

Carlo Cani, minatore riluttante: malattie, Cig, pensione. Mai lavorato

CAGLIARI – “Là sotto stavo troppo male, sin dall’inizio io e il carbone non abbiamo legato”. Se il “là sotto” è il cuore di una miniera, una di quelle gli uomini lavorano decine o centinaia di metri sotto terra, in gallerie strette e nere e piene di polvere di carbone, si capisce come non sia questo un luogo piacevole e come si possa non legare col carbone. Si capisce e si comprende. Peccato che questa sia la confessione di un minatore.

La storia di Carlo Cani la racconta Nicola Pinna su La Stampa. Ed è la storia, paradossale, di un minatore che in miniera non ha mai messo piede o quasi eppure, nonostante lui stesso si definisca “un minatore-jazz”, visto che la sua passione e la sua attività principale, o cui almeno dedica più tempo, è la musica, ha maturato i requisiti per la pensione ed ora, ogni mese, l’Inps gli consegna il suo assegno.
L’avventura di Cani in miniera comincia quasi per caso. “Quasi” perché nella sua terra le alternative al carbone non erano e non sono molte ma certo, nonostante questo, non è stata esattamente una scelta.

«Quando l’hanno assunto in miniera – racconta Pinna – Carlo Cani non ha fatto salti di gioia. Il primo della lista dell’ufficio di collocamento ha rinunciato, mentre lui ha accettato subito. E dai primi giorni ha iniziato a studiare la strategia per faticare il meno possibile. “Era il 1980 e al mio paese – ricorda lo stesso Cani -, Santadi, spettava un’assunzione in Carbosulcis. Quando mi hanno contattato non ero entusiasta, ma l’orgoglio di famiglia mi ha spinto ad accettare. Mio padre Luigi, che ha 95 anni, era minatore alla vecchia Carbosarda. Minatore vero, come quelli dei suoi tempi”».

Per caso o per volontà Cani viene assunto e, dopo il corso di avviamento, arriva il momento di scendere e scavare. Arriva cioè il momento di lavorare. Ma Cani, per il lavoro e per la miniera, decisamente non è portato.

“All’inizio sembrava un gioco – racconta -: il casco, l’attrezzatura, tutto era divertente. Il brutto è venuto dopo. In mezzo, anche qualche momento drammatico: un collega di 28 anni schiacciato da un masso, lo prese tra la testa e il collo. Lo tirammo fuori che era già morto. Io ci ho sempre riso su perché sono un minatore per caso, ma quel momento mi è rimasto stampato nella mente. La mia è stata una storia strana ma laggiù, sotto terra, c’è gente che si è spaccata la schiena per anni e anni, gente che il salario se l’è guadagnato col sudore. Io li rispetto ma sono diverso sono un minatore-jazz”.

E diverso Cani lo è certamente: gli altri lavoravano, lui produceva certificati medici. Tutti però, Cani come i colleghi minatori, a fine mese ricevevano lo stesso identico assegno.

“Mi inventavo di tutto: amnesie, dolori, emorroidi, camminavo sbandando come fossi ubriaco. Mi capitava di urtare la parete con un pollice e lavorare con un dito gonfio ovviamente era impossibile. Altre volte mi finiva la polvere in un occhio. E poi il collo, mesi passati con il collare per tenere a bada una maledettissima cervicale. Ma la verità è che non ce la facevo, la miniera non era roba per me”.

In tempi di disoccupazione record la confessione del sessantenne di Santadi ha scatenato polemiche violente. Terrorizzato, ora non risponde più al telefono. Ma sui social è bersagliato di insulti, soprattutto dai giovani che un lavoro lo sognano da anni e che la pensione rischiano di non riscuoterla mai.

Invece lui, Cani, ce l’ha fatta: ha maturato i requisiti e dal 2006 l’Inps gli versa quella che probabilmente è la pensione meno meritata della storia.

“Ho maturato l’anzianità necessaria ma praticamente non ho lavorato mai – raccontava candido prima dello scoppio delle polemiche -. Là sotto stavo troppo male. Sin dall’inizio, io e il carbone non abbiamo legato”.

E sin dall’inizio, il minatore-jazz, l’avrebbe dovuto confessare. Avrebbe magari fatto altro o forse nulla nella vita, ma certo non sarebbe stato se non l’unico probabilmente il primo a raggiungere la pensione senza passare da quella seccatura che è il lavoro.