Elezioni, una non basta se…al Senato niente maggioranza

di Riccardo Galli
Pubblicato il 23 Febbraio 2013 - 12:53| Aggiornato il 30 Luglio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un Senato senza maggioranza. E’ una delle ipotesi sul risultato elettorale di questo fine settimana, probabilmente la meno auspicabile, suggerita dal trend dei sondaggi e fatta propria sulle colonne del Sole24Ore da Roberto D’Alimonte. Uno spauracchio che la singolare formulazione delle legge elettorale italiana ha fatto sì che si agitasse fin dall’inizio di questa campagna elettorale. Una prospettiva che nei sondaggi non pubblicabili è divenuta poi via via più possibile, se non probabile, seguendo l’evoluzione  dei trend elettorali. Senato senza maggioranza che potrebbe tradursi addirittura in nuove elezioni a breve.

Un palazzo Madama senza una maggioranza sarebbe, come è ovvio, il risultato composito di diversi fattori. Primo fra tutti una supposta debolezza, se non disfatta, dell’area che all’attuale premier fa riferimento.

Monti debole

Se prima dell’inizio di questa campagna elettorale Pd e soci speravano, per non dire contavano, di riuscire a conquistare da soli i 158 seggi necessari a governare al Senato, nelle settimane successive la loro forza e le loro aspettative si sono andate ridimensionando. A questo punto, più o meno a malincuore, si è dato più o meno per scontato che con un appoggio, magari esterno, dei senatori montiani si sarebbe potuto formare comunque un governo.

Presupposto che si basava però su un assunto assolutamente non verificato e non verificabile sino a dopo le elezioni: e cioè che Mario Monti e i suoi riuscissero a portare a palazzo Madama un numero si senatori sufficienti per raggiungere, insieme a quelli eletti nelle fila del centrosinistra, l’agognata quota 158 e più. Monti però, come i suoi alleati Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini, non è detto che quella quota raggiunga. Si attendevano una trentina abbondante di senatori montiani, se fossero venti, sommando questi a quelli di Bersani/Vendola…Non ce la si fa una maggioranza. Perché ci sarebbe anche un centro sinistra debole.

Centrosinistra debole

Se la debolezza di Monti e soci è uno degli elementi che potrebbe produrre un Senato senza maggioranza, l’ovvia premessa è la debolezza dell’alleanza di centrosinistra. Debolezza almeno rispetto all’obiettivo di fare l’en plein al Senato dei 158 senatori tutti da solo. Da qualche settimana questa è considerata, al di là delle dichiarazioni da campagna elettorale, impresa quasi impossibile. Pierluigi Bersani più Mario Monti al Senato non farebbero dunque maggioranza. Ed è questa la novità che preannuncia ingovernabilità, massima ingovernabilità. Nella giostra delle Regioni ballano al Sicilia dove al premio per il primo arrivato concorre anche Grillo, la Lombardia, forse la Campania.

Se dai 30 e passa seggi a palazzo Madama che credeva Monti di avere qualche settimana fa si ritrovasse l’attuale premier con un ‘bottino’ di appena una ventina di scranni, e se il centrosinistra non solo non conquistasse i 158 senatori necessari, ma si fermasse tra i 130 e i 140, ecco che anche l’idea di una maggioranza targata Bersani/Monti svanirebbe. Altre maggioranze possibili al Senato?

Berlusconi e Grillo

Centrodestra e M5S. Nessuno dei due avrebbe un numero sufficiente di senatori per far da solo e ad una maggioranza non si arriva neanche nella fantascientifica ipotesi d Silvio Berlusconi e Beppe Grillo alleati.  Impropriamente sommati centrodestra e M5S farebbero 130 senatori circa. Beppe Grillo e il suo Movimento 5 Stelle comunque vogliono star da soli, quindi al Senato la maggioranza non ci sarebbe nè per un verso né per l’altro, non di dritto e neanche di rovescio.

Senato senza maggioranza

Quale sarebbe allora lo scenario se la somma di trasversali debolezze producesse un Senato senza maggioranza? Uno scenario drammatico. Drammatico perché i mercati certo non apprezzerebbero l’ingovernabilità e la conseguente instabilità in cui il nostro Paese e i nostri conti precipiterebbero. Spread alle stelle, di nuovo, e a pioggia tensioni non solo economiche ma anche sociali. Che si potrebbe fare, un governo Bersani/Grillo? Impensabile. Un governo Berlusconi/Bersani? Neanche negli incubi.Un governo con dentro tutti, Grillo compreso? Difficile crederci tanto per usare eufemismo.

E poi, alla Camera, dove il premio di maggioranza è calcolato su base nazionale, il centrosinistra dovrebbe avere il 55% dei deputati. E di conseguenza qualsiasi maggioranza al Senato non potrebbe non avere al suo interno Pd e soci. E quindi una coalizione che vada da Vendola a Monti passando per Grillo? Favolistica. Oppure un governissimo con tutti: Bersani, Berlusconi, Monti e Vendola? Risibile. Tutte ipotesi che poi non sarebbero certo buone a garantire stabilità, capaci al massimo, nella migliore delle ipotesi, di cambiare la legge elettorale e tornare al voto. Quello che in ambienti Pd viene definito, sottovoce, il doppio incubo: il governissimo oppure elezioni bis modello Grecia. Suicidio per il Pd e, forse, anche per l’Italia.