Quelli che “Faraone, nella Piramide con te”. Ma Berlusconi: sarcofago no

di Riccardo Galli
Pubblicato il 11 Novembre 2011 - 16:19 OLTRE 6 MESI FA

Giuliano Ferrara (Lapresse)

ROMA –Quelli che vogliono accompagnare e seguire il Faraone, magari anche nella Piramide…Ma Berlusconi Terzo, come peraltro il Primo della omonima dinastia, non ha alcuna voglia del sarcofago, anche se Ferrara, Sallusti, la Santanché, Brunetta e Sacconi dovessero farsi seppellire con lui. Se Berlusconi sia finito o meno, politicamente parlando, non è ancora dato saperlo. Certo tutto è contro di lui: l’economia, il Paese, i mercati, l’Europa, quello che ha fatto e che non ha fatto come primo ministro, persino l’anagrafe. Ma da uno come il Cavaliere ci si può aspettare di tutto. Intanto un manipolo, anzi una brigata di quelli che sono i suoi seguaci più duri e puri sta organizzando una manifestazione per chiedergli di non mollare, cioè di morire sul campo, eroicamente secondo loro, pronti a seguire il Capo anche in questa forse ultima battaglia. Peccato però che lui, il Cavaliere, di fare l’eroe e di morire non abbia nessuna voglia. E tantomeno di trascinare con sè la cosa che gli è più cara: le sue aziende.

Il luogo scelto per l`ultima resistenza è suggestivo: il Teatro Manzoni di Milano. Fu lì, una trentina di anni fa, che Silvio Berlusconi vide sul palco una giovane attrice che si faceva chiamare Veronica Lario. E sarà in quel teatro, che tra l`altro è pure di proprietà di Berlusconi, che sabato mattina (12 novembre) si raduneranno i fedelissimi del premier, riuniti da Giuliano Ferrara, per chiedergli di non mollare e di andare subito al voto. Ferrara è convinto che Berlusconi non debba cedere alle imposizioni di quelle che secondo lui sono lobby affaristiche. Se Silvio deve morire, che sia per mano dalla politica, non dalla finanza.

Di sicuro oltre a Ferrara ci saranno Alessandro Sallusti, Vittorio Feltri e Daniela Santanchè. Il direttore del Foglio è certo che arriveranno anche molti membri del governo: ministri e sottosegretari che non vogliono l’esecutivo Monti. Quella che nelle prime ore sembrava una piccola minoranza è andata via ingrossando le sue fila e con il passare delle ore s’è visto che a volere le elezioni non è solo un manipolo di irriducibili. Il Pdl è spaccato in due. Contro l’ipotesi di un governo Monti si sono espressi sicuramente Sacconi, Romani, Rotondi, Matteoli, La Russa, Meloni, Carfagna e Brunetta. E non è escluso che ribadiscano le loro posizioni al fianco di Ferrara. Chi di sicuro non ci sarà, come qualcuno aveva ipotizzato, sarà Augusto Minzolini, direttore del Tg1. Come non dovrebbero esserci neanche Maurizio Belpietro (Libero) e Mario Sechi (Il Tempo).

Alessandro Sallusti (Lapresse)

Ma gli irriducibili non chiedono solo a Berlusconi di non cedere al governo tecnico, ma anche di ricandidarsi, convinti che avrebbe non poche possibilità di rivincere. E anche se non vincesse, sarebbe comunque meglio morire per mano degli elettori che di un governo tecnico.

Peccato però che Berlusconi di morire non ne abbia nessuna voglia, comprensibilmente. Seguire la strada del voto sa bene che gli costerebbe, oltre forse alla sua vita politica, anche molto come imprenditore. Le sue aziende stanno infatti vivendo tutti gli effetti della crisi e, come tutta la nostra economia, non potrebbero che peggiorare la loro situazione con altri mesi d’incertezza. E allora meglio un governo Monti per il Cavaliere, governo che anche rappresentando una sconfitta politica e personale per lui, è un’ancora di salvezza per le sue aziende.

Come andrà a finire con tutti coloro che si oppongono alla «deriva consociativa» è apparso chiaro dalle sue parole al vertice di ieri e nella riunione con i senatori in serata. «Non possiamo andare contro i mercati. Se provocassimo elezioni anticipate mi verrebbero attribuite tutte le colpe del mondo, il crollo delle Borse, il fallimento delle banche e l’impennata dello spread. Ci cascherebbero in testa le bombe». Berlusconi ha ascoltato, ha detto che in ogni posizione ci vede buona fede e un fondamento di verità. Che lui avrebbe preferito la via più lineare delle urne per difendere il bipolarismo, ma questo non è un momento di ordinaria politica. Non vuole assumersi la responsabilità di una bufera sull’Italia; se poi questa si abbatterà comunque, allora potrà dire che lui ha fatto quanto gli è stato richiesto. A cominciare dal capo dello Stato.

Una citazione a parte merita poi l’ultrà per eccellenza, l’Irriducibile con la “i” maiuscola: Emilio Fede. “Prima di vedere Berlusconi finito io avrò superato i 120 anni. Lui ha una forza pazzesca. Spero che si ricandidi, non posso pensare ad altro. Se lui dovesse uscire da questo ruolo, lascerei la cosa a cui tengo di più al mondo dopo la famiglia: il mio lavoro. Lo lascerei perché mi dovrei confrontare con un paese diverso. Oppure gli chiederei di ospitarmi nella sua villa ad Antigua”.