Finanziamento ai partiti, melina a tutto campo tra rinvii e estate

di Riccardo Galli
Pubblicato il 12 Luglio 2013 - 12:37 OLTRE 6 MESI FA

Finanziamento ai partiti, melina a tutto campo tra rinvii e estateROMA – A progetto, secondo il modello canadese, detraibile, attraverso la dichiarazione dei redditi… Sono passati quasi tre mesi da quando il premier Enrico Letta aveva detto, nel suo discorso programmatico alle Camere, che il finanziamento pubblico ai partiti andava “abrogato”. Tre mesi e, nei fatti, nulla è stato realizzato. Il governo ha presentato un sua proposta di riforma ma i partiti, che lo stesso governo compongono, fanno melina: emendano, presentano nuove proposte, studiano, rinviano, discutono, distinguono. E intanto, la speranza di varare un nuovo sistema meno scandalosamente costoso per gli italiani entro l’estate, sembra già sfumata.

“Nun ce vonno’ sta” si direbbe a Roma per indicare quella che sembra essere la condizione comune a molti schieramenti politici in merito alla “riforma” del finanziamento pubblico. Da una parte, l’evidente e apparentemente improrogabile esigenza di modificare uno status quo che porta, tanto per avere una misura, solo per le ultime politiche oltre 40 milioni di euro nelle casse del Pd, una 40ina (non incassati) in quelle del M5S, 30 e passa in quelle del Pdl e via discendendo. Un sistema, pressoché fraudolento, lievitato a dismisura e dove sono potuti nascere, crescere e proliferare i vari Batman, Belsito e Lusi.

Siffatto finanziamento pubblico, che pur secondo un referendum non dovrebbe esistere e che infatti va sotto il nome di “rimborsi elettorali”, il governo per rispondere alle esigenze degli elettori, per dare un segnale all’antipolitica e ai partiti stessi, aveva indicato che avrebbe dovuto essere abrogato, che in italiano significa cancellato. I vari partiti però, pressati dai loro tesorieri in fibrillazione, nel passare dalle parole ai fatti divengono molto più cauti.

Il Pd ad esempio, dopo una trasferta in Canada, è tornato con un’idea nuova di zecca, già proposta in via informale al Pdl come fa sapere Mariastella Gelmini: il finanziamento a progetto. Lasciamo stare che a progetto non è proprio sinonimo di abrogazione ma è questa senz’altro un’ottima idea per gudagnar tempo nella speranza che, forse, non tutto cambi. Il tesoriere Pd, fortunato osservatore sul campo del modello canadese, sostiene che nel mondo anglosassone funzioni. Sarebbe bene che qualcuno gli facesse vedere quanto denaro pubblico i partiti incassano nel suddetto mondo anglosassone.

Il Pdl dal canto suo, avvicinato informalmente al finanziamento a progetto, è per ora impegnato a superare, cioè emendare, cancellare o riformare, il finanziamento tramite il 2 per mille delle tasse degli italiani. Il tutto mentre le cronache raccontano, ultimo solo in ordine di tempo, di un nuovo smemorato della politica: Maurizio Gasparri. La Banca d’Italia ha infatti segnalato un suo prelievo da un conto Pdl di 400 mila euro. Lui, semplicemente, non ricorda.

Commissione impegnata, audizioni in corso ma, come ammettono deputati e senatori interessati, difficile sarà calendarizzare la riforma prima della pausa estiva. Il premier Letta, ha promesso, che in caso di melina, cioè nel caso in cui entro settembre non si sia trovato un accordo e la modifica del finanziamento non sia cosa se non fatta almeno credibilmente in dirittura d’arrivo, è pronto ad andare avanti a colpi di decreti, nella speranza di svegliare i partiti che mai come ora sembrano colpiti da un misto di apatia quando si tratta di far sul serio e da un iper attivismo quando si tratta di portare nuove idee che comportano studi, e rinvii.