Germanwings: infiniti 8 minuti per morire, ciò che la scatola nera non può dire

di Riccardo Galli
Pubblicato il 25 Marzo 2015 - 13:35 OLTRE 6 MESI FA
Germanwings: infiniti 8 minuti per morire, ciò che la scatola nera non può dire

Germanwings: infiniti 8 minuti per morire, ciò che la scatola nera non può dire (foto Ansa)

BARCELLONA – Otto minuti, quattrocentottanta secondi, tanto è durata l’agonia del volo GermanWings schiantatosi ieri sulle Alpi francesi. E’ questo il tempo che l’Airbus partito da Barcellona e diretto a Dusseldorf ha impiegato per passare dalla sua quota di crociera a circa 10mila metri ai poco più di 2mila del punto dell’impatto con la montagna. Perché l’aereo sia precipitato lo spiegheranno, è la speranza di tutti, le scatole nere. Cosa invece è successo ai passeggeri nessuna scatola nera potrà mai raccontarlo, quali siano stati i loro pensieri, la loro consapevolezza, gli ultimi sentimenti e azioni, possiamo solo immaginarlo.

Sei a bordo di un aereo che comincia a perdere quota, è mattina non stati dormendo. Quindi puoi accorgertene, puoi farci caso fin dall’inizio. Ma all’inizio un calo di quota è cosa che non interroga, tanto meno turba il passeggero. Diciamo che il primo, i primi due minuti degli otto dell’agonia passano così, senza che nessuno dei 144 passeggeri a bordo percepisca un rischio, un pericolo, un problema.

Ma dal terzo minuto in poi qualcuno avrà cominciato a fare attenzione al calo di quota. No n tutti, ma qualcuno di sicuro. Qualcuno ci sarà stato che ha pensato: siamo lontani, molto lontano dall’aeroporto di destinazione, perché scendiamo? Al terzo minuto curiosità, non ancora inquietudine. Curiosità almeno tra i non molti che a bordo di un aereo sanno che altitudine e velocità di crociera una volta raggiunti non si abbandonano se non per guai piccoli o meno piccoli al volo. Curiosità che però è assai contagiosa, curiosità che si trasmette quasi con gli occhi, da sguardo a sguardo tra le file e all’interno della carlinga.

Al quarto minuto la curiosità si ibrida, si macchia, si mescola d’ansia. Non ancora paura, nessuno ha ancora vera paura…l’aereo è in volo, i piloti sono in cabina…sì, certo è sceso di quota e laggiù ancora lontane ci sono le Alpi. Le puoi vedere dal finestrino più vicine di prima, la discesa continua, anzi sembra stia accelerando…Però sapranno quello che stanno facendo. Certo sarebbe meglio ci dicessero qualcosa, ma se non ci dicono nulla è probabilmente perché non c’è nulla da dire…Ma guarda che diamine sto pensando…ma figurati…sull’aereo abbiamo tutti un po’ paura, starò di sicuro ingigantendo la cosa, tra un minuto risaliremo e sorriderò di me stesso…

Al quinto minuto è paura. Paura che dà ancora il tempo a se stessa di tornare indietro. Paura ancora fusa con incredulità. Paura che ancora nelle mente di chi è in quell’aereo combatte con la speranza. Paura che in ogni mente e anima implora di essere smentita.

Al sesto minuto deve essere arrivata la consapevolezza della imminente, concreta possibilità di morte. Consapevolezza sia per chi è stato emotivamente in grado di reggerla, sia per chi l’ha subito negata e rifiutata, spingendo se stesso fuori dalla realtà e la realtà al di fuori di sè.

Che si fa, che si pensa, che si vive nei tre minuti in cui sai che stai per morire, che saranno gli ultimi tre minuti della tua vita? Sono un tempo lunghissimo, un’enormità per la psiche umana. Tre minuti in cui qualcuno, molti, avranno pregato. Pregato di essere salvati, lì e in quel momento dal disastro aereo. Ma soprattutto molti avranno pregato per ciò che avranno supposto attenderli in un’altra vita. Coloro che avranno preso questa strada, quella della preghiera, quella del consegnarsi e affidarsi al trascendente e alla promessa di un’altra vita, forse avranno perfino in certa misura anestetizzato il panico, il dolore fisico e più che fisico dell’annunciato impatto con la morte.

Altri avranno composto preghiera laica e immanente riepilogando la loro vita terrena, chi avrà richiamato alla mente genitori, figli, affetti. Chi avrà accarezzato quelle immagini mentali con tenerezza sapendoli ancora in vita dopo che la tua carezza non ci sarà più…chi avrà mescolato tenerezza con il pungolo incandescente del rimpianto. Chi avrà urlato, chi pianto, chi si è rannicchiato in silenzio, chi ha pensato alla mamma, ci sarà stato perfino chi ha guardato giù, chi avrà voluto guardare negli occhi la morte e avrà voluto veder scorrere gli ultimi granelli della sabbia della sua vita nella clessidra.

All’ottavo minuto qualcuno sarà svenuto per lo stress, altri avranno assunto posizione fetale sui sedili, altri avranno chiuso gli occhi, altri avranno gridato un “No…” di terrore disperato, altri avranno provato a sentire il sapore che hanno le ultime boccate d’aria. All’ottavo minuto qualcuno avrà anche implorato l’ultimo impatto stremato, sfinito, già ucciso dal tempo infinito della tortura, sì tortura, degli infiniti otto minuti per morire.

Che si fa, che si pensa, che si vive nei minuti, gli ultimi, prima di morire, sapendo che stai per morire? Ognuno di noi in muto dialogo con se stesso si è domandato qualcosa del genere, ha domandato a se stesso cosa farebbe in un caso del genere. Ovviamente non c’è risposta e quelle che ciascuno ha dato a se stesso non valgono. Perché ce lo chiediamo in un misto di genericissima ansia, più celia, ironia, auto ironia, scaramanzia…Non c’è simulatore mentale a terra per simulare quegli otto minuti, quello che hanno vissuto su quell’aereo e u altri che son venuti giù dando il tempo a chi stava per morire di sapere che stava per morire. Non c’è scatola nera che possa dire…

Tra le poche, finora pochissime certezze che ci sono sul volo precipitato ieri, c’è il suo percorso dall’aeroporto di Barcellona sino al luogo dello schianto. Non sappiamo perché, ma sappiamo che intorno alle 10.30 di ieri l’Airbus della GermanWings ha, apparentemente inspiegabilmente, lasciato la sua quota di crociera iniziando una discesa in tutto e per tutto simile a quella che si effettua per atterrare. La speranza è chiaramente che i passeggeri fossero già incoscienti, magari per la presenza di gas tossici in cabina capaci di far perdere i sensi, più o meno come già accadde ad un volo della Helios, la compagnia di bandiera greca. Ma questa non è che una speranza che, ad ora, non è corroborata da nessun indizio.

E non è quindi affatto escluso che a bordo dell’aereo fossero tutti ancora perfettamente coscienti. In questo scenario è facile credere che, all’inizio della discesa, i 144 passeggeri non si siano pressoché accorti di nulla e, al massimo, i 4 membri dell’equipaggio avranno giudicato una stranezza il cambio di quota in quel punto già percorso altre volte ad altitudini più alte. Ma le cose non possono che essere rapidamente cambiate mano mano che la discesa continuava e il profilo delle montagne, ieri perfettamente visibili viste le buone condizioni meteo, si avvicinava.

I primi a rendersi conto dell’esistenza di un problema saranno stati le hostess e gli stewart, spesso guardati come cartina di tornasole dai passeggeri che, a loro volta, non avranno impiegato molto a capire che la discesa non era normale.

Una volta capita la portata del problema, o almeno intuita, a bordo si deve certamente essere scatenato il panico. Ma questo non è che la forma esteriore dei mille pensieri che possono attraversare la mente di chi sa che sta per morire. Qualcuno avrà, come si dice, raccomandato l’anima a Dio, quale che questo fosse. I ragazzi tedeschi avranno pensato forse ai loro genitori, magari alle loro fidanzate e alla loro vita che troppo presto si stava avviando alla conclusione.

Certamente al figlio di pochi mesi che aveva deciso di portare con sé avrà invece pensato la cantante lirica a bordo del volo con la sua famiglia, e lo avrà stretto insieme al padre senza potersi dar pace per il destino a cui il piccolo era condannato. E ai figli avranno pensato tutti i genitori che erano a bordo, i più fortunati rivolgendogli un pensiero, l’ultimo, felici perché erano al sicuro a casa.

Qualcuno, forse, magari i più “machi” si saranno concessi l’ultima sigaretta, altri si saranno messi a piangere ed altri ancora avranno sperato di potersi salvare, fingendo di ignorare le statistiche secondo cui gli incidenti aerei sono rari ma ancor più rari sono i superstiti. Pensieri, emozioni e parole che nemmeno le scatole nere potranno raccontare.