Imu e Iva resuscitano, a fine anno si paga. Governo senza soldi e idee

di Riccardo Galli
Pubblicato il 14 Giugno 2013 - 14:29 OLTRE 6 MESI FA
Imu e Iva resuscitano, a fine anno si paga. Governo senza soldi e idee

Imu e Iva resuscitano, a fine anno si paga. Governo senza soldi e idee

ROMA –Angelino Alfano, vice premier: “Ci battiamo e ci batteremo per eliminare l’Imu sulla prima casa e per evitare l’aumento dell’Iva. Non è un capriccio ma un obiettivo”. Renato Brunetta, diciamo così economista capo del Pdl: “I tecnici risolvano il problema”. Già il problema è che le tasse, specialmente se sepolte a chiacchiere, son come le messe: senza denari non si cantano. E quindi le tasse seppellite con un lenzuolo di parole a volte, anzi spesso resuscitano. E’ il caso appunto dell’Imu e dell’Iva, il cui aumento si sperava venisse congelato.

La tassa sulla prima casa (quella sulla seconda inesorabilmente si paga entro lunedì 17), al momento sospesa, e lo scatto dell’imposta sul valore aggiunto dell’un per cento per l’aliquota massima del oggi 21%, valgono insieme 8 miliardi di euro. Il governo è a corto di soldi e lo ha ammesso con Saccomanni e Zanonato. Purtroppo e quel che è peggio, il governo e i partiti sono anche  corto di idee su come trovare quegli otto e anche altri miliardi. Perciò Imu e Iva resuscitano. Resuscitano e va a finire che si pagano entrambe. magari a fine anno, ma si paga. Sia l’Imu sulla prima casa per molti che l’Iva maggiorata.

finisce che si paga, magari a fine anno perché Enrico Letta premier è un “decisionista riluttante”. Dovrebbe decidere qui e ora dove trovare i miliardi per l’Imu, l’Iva e l’Irpef da abbassare su lavoro e salario. E c’è un solo modo per trovarli: bloccare, tagliare la spesa pubblica. Pompare via dai centomila rivoli e laghetti e paludi delle centinaia di miliardi con cui lo Stato irriga, bagna e inquina l’industria, il commercio, l’intermediazione, le professioni, i “territori”. Insomma gli almeno 270 miliardi annui di agevolazioni fiscali di cui gode tre quarti d’Italia e che tutta l’Italia che ne gode ritiene diritti naturali, acquisiti per l’eternità. Di qui la “non reperibilità”, come è stata battezzata dagli stessi ministri.

Non reperibilità di che? Non reperibilità in che senso? “Non reperibilità” dei soldi e miliardi per tagliare le tasse perché nessun partito, neanche quelli che a chiacchiere reclamano meno Imu, meno Iva e meno Irpef, hanno cuore, stomaco e intelletto per assumersi la responsabilità e la fatica di trovarli quei miliardi togliendoli a qualcuno che oggi ne beneficia. Non reperibili sono i miliardi, ma non reperibile è soprattutto l’onore e l’onere della politica.

L’onere di spiegare come stanno le cose è toccato al ministro dell’Economia Saccomanni. Per non aumentare l’Iva di un punto e per rinunciare all’Imu sulla prima casa ci vogliono otto miliardi, ha detto in sostanza Saccomanni, tuttavia non ci sono soldi disponibili e quindi una cifra così ingente dovrebbe derivare da “tagli finora non rinvenibili”.

Dove non rinvenibili è una simpatica locuzione che nasconda la difficoltà dell’esecutivo Letta nel fare delle scelte concrete e anche difficili. Non è probabilmente un caso che “la non rinvenibilità” dei fondi sia stata comunicata dal meno politico dei ministri.

Come rileva infatti Stefano Folli sul Sole24Ore:

“Quei fatidici otto miliardi possono scaturire solo da riduzioni della spesa pubblica, attraverso tagli che tuttavia non sono di fatto praticabili. Perché non lo sono? Saccomanni non lo dice, ma è chiaro che mancano le condizioni politiche per procedere a scelte così drastiche e ovviamente impopolari. Ci si può domandare a questo punto quale sia il grado di convinzione dei partiti che hanno dato vita alle “larghe intese”.

In fondo la differenza fra una grande coalizione nata in una fase d’emergenza e un esecutivo di buona volontà ma di ordinaria amministrazione dovrebbe essere proprio questa: la capacità di affrontare scelte difficili. I tagli sono sempre ‘non rinvenibili’ a causa dei veti delle forze politiche o dei sindacati. Eppure un governo allargato dovrebbe avere la forza di andare oltre i veti e di spezzare le ingessature. Se così non è – e Saccomanni lo ammette con sincerità – vuol dire che siamo già ricaduti in quel groviglio di lacci e laccioli che rendono così incerta l’azione di governo nel nostro paese”.

“Non rinvenibili” quindi quegli 8 miliardi. Eppure tutte o quasi le forze politiche, tutti o quasi i partiti che l’esecutivo Letta sostengono avevano promesso prima delle elezioni, e anche dopo, che l’Imu sarebbe sparita o comunque sarebbe stata fortemente ridimensionata e, con lei, anche l’aumento dell’Iva sarebbe stato scongiurato. Promesse facili, a parole, e parole che alla prova dei fatti risultano pressoché risibili. Il Pdl, per bocca del Cavaliere del fido Brunetta, aveva individuato le risorse necessarie ad eliminare l’Imu e congelare l’Iva nei trasferimenti derivanti da un accordo fiscale con la Svizzera e da nuove tasse su giochi e birra. Il primo punto semplicemente non esiste, e anche qualora esistesse impiegherebbe qualche anno prima di trasformarsi in euro. Il secondo, ovviamente, non è sufficiente a far nulla. Resta, sul fronte Pdl, la promessa di Berlusconi che disse che al limite ce li avrebbe messi lui di tasca propria i 4 miliardi dell’Imu. Li aveva promessi in caso di vittoria, è vero, ma anche se non ha vinto è comunque al governo. facciamo due miliardi, magari uno di tasca sua, che ne dice il Cavaliere?

Il Pd invece, al gran completo prima delle elezioni, con Bersani, Vendola e Fassina aveva individuato nei grandi patrimoni la fonte a cui attingere per finanziare i tagli di Imu e Iva. Idea ottima, ma tutti e tre, chi al governo e chi no, ancora stanno cercando di individuare quali sarebbero i fantomatici grandi patrimoni da cui attingere. Quando poi la sinistra italiana spiegherà soprattutto a se stessa come si fa ad abbassare le tasse sul lavoro e salario, leggi Irpef, esentando otto italiani su dieci dal pagare tassa sul patrimonio immobiliare e bloccando la tassazione sui consumi e tutto insieme sarà un gran giorno. Ultima, ma non ultimi, la lista civica di Monti e i montiani. Secondo loro gli euro per finanziare le promesse sarebbero potuti e dovuti arrivare dai tagli, dalla famosa spending review. Spending review: il più grande anche se il meno lamentato fallimento di Monti premier. Lì eravamo e lì siamo: partiti senza idee e senza “attributi” politici e governo senza soldi. In questo il passaggio da Monti a Letta non ha cambiato quasi nulla. Senza dimenticare l’idea alla Grillo: non occuparsi di fermare l’Imu ma fermare chi la riscuote, più o meno Equitalia. Carità per la logica impone di non c0mmentare.

Settori in cui tagliare e risparmi da fare nel nostro Paese ce ne sono eccome ma, e qui si torna al punto che sottolineava Folli, per realizzarli serve coraggio politico, servono delle scelte. Due punti, quello del coraggio e della capacità di fare delle scelte, su cui il governo Letta sembra, ad essere buoni, leggermente in difetto. Di mezzo poi ci si è messa anche l’Europa che ha spezzato l’illusione non si sa perché dilagata in Italia secondo cui, usciti dalla procedura d’infrazione per eccesso di deficit, avremmo potuto allegramente sforare di nuovo i patti di bilancio portando, ad esempio, il deficit al di sopra del 3% subito, di corsa e nonostante il debito al 130% e il Pil in calo. Bruxelles e soprattutto la Bce hanno chiuso questa strada. Strada che sta chiudendosi nel mondo, mondo dove sta finendo l’era dei bassi tassi d’interesse. La Fed americana lo ha annunciato, i mercati finanziari si stanno dando una regolata, d’ora in poi farsi prestare denaro costerà di più, lo si è visto già all’ultima asta Btp. Finisce che a fine anno resuscitano Imu e Iva, però per evitarlo davvero senza togliere qui in casa niente a nessuno possiamo sempre dichiarare guerra commerciale e monetaria alla Germania e finanziaria e bancaria agli Usa. Affidando il comando delle truppe a Brunetta.