M5S, al sito arrivano soldi pubblici, proprio come a L’Unità

di Riccardo Galli
Pubblicato il 13 Maggio 2013 - 14:18 OLTRE 6 MESI FA

ROMA –Hanno finora restituito ben 42 milioni di finanziamento pubblico che M5S avrebbe a norma di legge potuto incassare e i parlamentari del MoVimento si sono dimezzati lo stipendio, anche se continua la via crucis sui soldi della “diaria”. Però nessuno è perfetto, anzi la perfezione non è di questo mondo, anzi chi predica la perfezione e dice di incarnarla sempre è fuori dalla realtà. I grillini e i soldi pubblici: almeno su un punto sembrano come gli altri, anche loro hanno di fatto il loro giornale di partito finanziato con i soldi pubblici. E’ questa la tesi di un articolo pubblicato da La Stampa.

E’ solo il “giornale” più moderno e si trova in internet sotto forma di sito, ma i finanziamenti pubblici che lo alimentano sono uguali e vecchio stile, come quelli dell’Unità o di chiunque altro. Una notizia bomba, quasi certamente persino oltre la blasfemia se confermata dai fatti, una “bestemmia” per gli elettori e gli eletti del MoVimento5Stelle. Infatti il blog di Beppe Grillo, sotto l’eloquente titolo “La calunnia è un venticello”, nega che “i soldi dei gruppi parlamentari siano gestiti da Beppe Grillo e che siano usati per finanziare il suo blog”. Grillo nega e annuncia querela a chi sostenga il contrario. Eppure c’è chi, leggendo tra le righe dello statuto, anzi del “non statuto”, crede di aver trovato proprio il contrario. Calunnia o scoperta?

Nell’organizzazione dei 5 Stelle spetta a Beppe Grillo la gestione completa della comunicazione del Movimento, compresa la parte che riguarda il finanziamento di questa. E’ in altre parole lui e solo lui la persona che decide come spendere una fetta non irrilevante di soldi pubblici e, con questi, organizzare la propria comunicazione politica. E nulla, assolutamente nulla di male ci sarebbe se Grillo e i suoi non fossero quelli che, ripetutamente e ferocemente, hanno criticato i finanziamenti pubblici ai giornali di partito. Ma se un giornale invece che di carta è on line la sostanza pubblica del denaro che lo alimenta certo non cambia. Ad esser precisi è una fissazione del MoVimento quella dei soldi pubblici ai giornali, tutti i giornali. Fissazione che non viene scossa dalla circostanza per cui da anni, molti, soldi pubblici ne arrivano solo e soltanto alla stampa di partito.

E’ comunque doveroso oltreché corretto ricordare che hanno i 5 Stelle, unici sinora nel panorama politico italiano, restituito o meglio rinunciato alla bellezza di 42 milioni di finanziamenti statali e rimandato indietro di soli stipendi quasi 400 mila euro ogni mese. Promesse quindi mantenute queste, ma un altro cavallo di battaglia dei grillini in campagna elettorale era la critica, feroce, ai pubblici finanziamenti per i giornali di partito.

Si domanda Andrea Malaguti su La Stampa: “Se Grillo utilizza soldi pubblici per la propria comunicazione politica, non fa un’operazione identica a quella dei giornali di partito? Usa soldi della collettività per fare informazione? Che differenza c’è, per esempio, tra i finanziamenti all’Unità e il denaro girato allo staff della comunicazione che utilizza il sito privato del fondatore del Movimento per diffondere il proprio lavoro?”. Recita, all’articolo due comma 5, lo Statuto: “Il gruppo riconosce nella rete internet lo strumento capace di assicurare l’informazione dei cittadini e la trasparenza del proprio operato, ed individua come strumento ufficiale per la divulgazione delle informazioni il sito www.movimento5stelle.it”.

Dubbi, quelli sulla gestione dei soldi destinanti alla comunicazione dei gruppi parlamentari, sorti anche all’interno del Parlamento dove l’onorevole Beppe Fioroni (Pd) ha annunciato un interrogazione in merito. Stando allo statuto è infatti come detto solo Beppe Grillo a poter gestire quei denari ed è, per di più, un non eletto. Chiederà, come annunciato ad Omnibus su La7, l’on. Fioroni alla presidente Laura Boldrini “come il compenso istituzionale di un gruppo possa essere affidato secondo Statuto a un soggetto diverso da un componente del gruppo stesso”.

Tradotta in euro la questione è perché Grillo, un non eletto, ha potenzialmente nella propria diretta disponibilità circa la metà degli oltre due milioni e mezzo di euro destinati annualmente al Movimento per il funzionamento delle attività di Palazzo?

Spiega quindi Malaguti:

La risposta è contenuta con chiarezza tra i 21 articoli dello Statuto stesso: per la comunicazione. Che storicamente rappresenta circa il 50% del budget dei gruppi. Grillo pretende di gestirla personalmente. Di scegliere a chi affidarla. E per questo ha chiesto, nel Codice di comportamento degli eletti, un impegno vincolante e scritto a tutti i suoi 163 parlamentari, ottenendo adesione unanime. Perfetto. Ma la domanda è: poteva farlo? Un’analisi più approfondita dello Statuto aiuta a capire meglio i dubbi sollevati dall’onorevole del Pd. L’articolo 16, intitolato ‘comunicazione’, recita testualmente: ‘Il gruppo utilizza il sito www.movimento5stelle.it quale strumento di comunicazione per la divulgazione delle informazioni sulle attività svolte, nonché quale mezzo per l’acquisizione dei contributi partecipativi dei cittadini all’attività politica e istituzionale.

Il Gruppo si avvarrà di un gruppo unitario di comunicazione (…). La concreta consistenza della struttura e composizione del gruppo Comunicazione, in termini di organizzazione, risorse e strumenti, sarà definita da Giuseppe Grillo, nella sua qualità di garante del Movimento 5 Stelle.

L’assemblea delibererà sull’assunzione dei singoli addetti e determinerà l’entità dello stanziamento di cui al comma successivo’. Oggi è la segreteria del Gruppo parlamentare a erogare gli stipendi ai dipendenti dello staff comunicazione (2.500 euro ai responsabili di Senato e Camera Messora e Biondo, 2.000 euro per gli altri), ma il testo non chiarisce se Grillo possa avocare a sé l’intera pratica. Per altro, sempre ipoteticamente, senza rendicontarla. L’articolo 4, intitolato ‘l’assemblea’, spiega infatti: devono essere deliberate dall’Assemblea tutte le spese che, unitariamente o per voce omogenea, superano i centomila euro. Tutte le voci di spesa comprese tra i diecimila e i centomila euro dovranno essere comunicate all’Assemblea con cadenza almeno trimestrale’. Per i lavori del gruppo, fa notare qualcuno nel Pd, vengono erogati all’incirca 1.300 euro a parlamentare. La cifra, moltiplicata per 163, supera i duecentomila euro Se la metà – centomila euro, appunto – dovesse andare alla comunicazione, potrebbe essere gestita senza consenso assembleare e senza pezze d’appoggio?