Mangiatoia ricoveri pre-operazione: 900 euro a notte buttati in ospedale

di Riccardo Galli
Pubblicato il 3 Gennaio 2012 - 16:27 OLTRE 6 MESI FA

Ignazio Marino (Lapresse)

ROMA – La tariffa a notte è di 900 euro, più di un hotel di lusso. Ma in Italia non si bada a spese. Ricoverarsi uno o più giorni prima di un’operazione è un diritto che non si nega a nessuno. Peccato che non serva a nulla, ma chi se ne importa, tanto pagano i contribuenti.

A raccontare il malcostume e l’inutilità del ricovero “preventivo” è Ignazio Marino, responsabile salute del Pd, in un’intervista a la Stampa e, prima ancora, in un colloquio con il presidente Monti. Colloquio che doveva avere per oggetto la questione degli ospedali psichiatrici ma che, invece, ha affrontato il tema sanità in generale.

Solo nel 2011 in Italia sono stati eseguiti 400mila interventi chirurgici d’elezione, vale a dire quelli programmabili, non d’urgenza. – racconta Marino – In genere si viene ricoverati già la notte prima in ospedale. Questo costa allo Stato circa 900 euro a persona, soldi totalmente buttati perché il ricovero è del tutto inutile da un punto di vista sanitario e nessun paziente, se potesse scegliere, chiederebbe di rimanere per un giorno in ospedale anziché a casa propria. Ma quello che più è scandaloso è che la regione più virtuosa è il Friuli dove in media ci si ricovera circa un giorno prima e che esistano invece regioni come il Lazio dove la media è di un ricovero 2,8 giorni prima, vale a dire 3 mila euro buttati a paziente. O alcune regioni del Sud dove il ricovero preoperazione arriva anche a 6 giorni prima, 6 mila euro a paziente buttati”.

Una pessima abitudine che da sola costa oltre 400 milioni di euro ogni anno. Le colicistectomie, ad esempio. In Italia la degenza media è di quattro giorni. In Paesi come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti nemmeno un giorno. Ma gli sprechi nella sanità sono all’ordine del giorni e diffusi in ogni dove. “Gli ospedali al di sotto dei cento posti letto privi di una Guardia con anestesista e rianimatore 24 ore su 24. In tanti muoiono perché vengono trasportati in queste strutture dove non possono ricevere l’assistenza necessaria e devono essere trasferiti altrove, una perdita di tempo che può rivelarsi fatale. In questo caso il risparmio ammonterebbe a molti miliardi di euro. Oppure i parti cesareo, una cifra spropositata e inutilmente onerosa il nostro 37% rispetto al tetto del 13% previsto dall’Oms. E poi lo 0,5% del Fondo Sanitario Nazionale speso in consulenze, altri 500 mila euro di risparmi possibili”.

Ma non solo. Ogni anno dalle casse dello Stato escono circa 137 miliardi di euro per l’acquisto di beni e servizi: circa 77 miliardi vengono adoperati dalle amministrazioni locali per l’acquisto di beni e servizi nel settore della Sanità, secondo quanto risulta dai dati forniti dal ministero delle Finanze e dalla Ragioneria dello Stato. Una cifra lievitata di 24 miliardi in soli cinque anni. Nel 2004 la spesa complessiva era di 113 miliardi, le amministrazioni locali ne spendevano 53 per gli acquisti nel settore sanitario. E a questo dato si aggiunge che negli ultimi anni, all’aumento dei costi non è corrisposto un aumento del servizi. Tutt’altro. Dal rapporto “Ospedali & Salute 2011”, realizzato da Aiop, l’Associazione Italiana Ospedalità Privata, in collaborazione con Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema, risulta proprio il contrario. Cresce la quota d’inefficienza degli ospedali pubblici che ricevono un finanziamento più alto del valore delle prestazioni che erogano. In media sprecano oltre il 29% dei finanziamenti, pari a circa 13 miliardi di euro l’anno. Gli sprechi vanno da un minimo del 17,2% del Veneto ad un massimo del 46,4% della Calabria.

Se si guarda il quadro delle singole regioni i risultati cambiano anche di molto e ci sono alcune sorprese: infatti nonostante il Nord testimoni in generale una maggiore capacità di gestione delle risorse anche qui il margine di spreco è cresciuto: 21,8% rispetto al 20,5% dell’anno precedente. La Lombardia perde il primato di regione più efficiente d’Italia (19,3% contro il 16,9%) e cede il posto al Veneto (17,2% contro il 18,1%). Fra le regioni a statuto speciale il maggior tasso di inefficienza spetta alla Sicilia (37,8%) e alla Sardegna (41,8%).

Tentare di porre un argine a questi sprechi folli, continua Marino, frutterebbe un bel po’ di soldi. “Circa 15 miliardi che potrebbero esser usati per rendere più moderne le strutture, premiare il personale che lavori meglio, acquistare nuove apparecchiature e eliminare il ticket”.