Renzi: un governo e un miliardo! Grillo: col cavolo! Perché mors tua vita mea

di Riccardo Galli
Pubblicato il 3 Gennaio 2014 - 13:40 OLTRE 6 MESI FA

renziROMA – Un governo vero, figlio legittimo e diretto delle elezioni e del risultato elettorale. E un miliardo tondo tondo da togliere davvero ai costi della politica. O Matteo Renzi porta a casa questa e non altra roba e allora vive, oppure Matteo Renzi si affloscia e svanisce e insieme a lui il Pd. Renzi lo sa bene, lo scrive, lo dice, mette questa roba nella sua proposta di riforma elettorale e di riforma del Senato e delle Regioni. Lo sanno però anche gli altri che la posta in palio, la sostanza, la “ciccia” è un governo e un miliardo. Per cui faranno di tutto perché Matteo Renzi non li ottenga (Grillo), proveranno a fregarlo Matteo Renzi (Berlusconi), a fargli da sponda e soprattutto da freno (Alfano) e da socio concorrente (Enrico Letta e quel che resta del Pd che fu di Bersani e D’Alema).

Matteo Renzi vuole e ha bisogno qui, ora, quest’anno di un governo “vero” e di un taglio simbolico e non solo simbolico dei costi della politica. Ne ha bisogno per dar sostanza alla sua leadership e lo vuole perché è questa la sua idea di programma. Due condizioni che ne lancerebbero l’ascesa verso palazzo Chigi e che, proprio per questo, dai suoi “nemici” saranno osteggiate. Come già s’intuisce dalle prime reazioni, vedi l’obbligo al silenzio imposto da Grillo ai suoi.

Per arrivare ad avere un governo “vero”, diverso cioè da quello frutto delle coalizioni post elettorali forzate come è l’esecutivo Letta, la strada maestra e unica è quella della riforma della legge elettorale. Su questo punto il neo segretario mette sul piatto tre ipotesi: la “spagnola”, il mattarellum rivisto e corretto o, in alternativa, il doppio turno.

Il modello spagnolo prevede 118 circoscrizioni in ciascuna delle quali si eleggono tre o quattro parlamentari, con un premio di maggioranza del 15% dei seggi ed una soglia di sbarramento del 5%. Modello questo che piace a Silvio Berlusconi, che ha non a caso plaudito all’iniziativa renziana, mentre molto meno piace ad Angelino Alfano e al suo Nuovo Centro Destra. Lo “spagnolo” non piace ad Alfano perché rende più deboli i piccoli partiti o meglio diminuisce la loro forza contrattuale verso il probabile alleato più grande. Piace a Berlusconi per il motivo opposto e sta, starebbe, bene anche a M5S purché non sia pattuito con nessuno altrimenti ne va della vergine purezza del Movimento che accordi non ne fa né con Forza Italia né con il Pd né con nessuno.

In alternativa, secondo le ipotesi avanzate dal sindaco di Firenze, una rivisitazione del cosiddetto Mattarellum, con 475 seggi parlamentari su 630 eletti in collegi uninominali e assegnazione del 25% dei restanti parlamentari attraverso l’attribuzione di un premio di maggioranza del 15 per cento, oltre al diritto di tribuna per il 10% del totale dei seggi.

Infine, ultima ipotesi, quella di mutuare la legge che sceglie i sindaci delle grandi città. Un doppio turno di coalizione dove chi vince prende il 60% dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste corte bloccate, con preferenze o con collegi e soglia di sbarramento anche in questo caso al 5 per cento.

Minimo comun denominatore delle tre proposte quello di evitare il pareggio. O, per così dire, evitare il “triangolo”. Evitare cioè quanto accaduto alle ultime politiche dove, dalle urne, sono usciti di fatto 3 vincitori-perdenti e nessun governo. E così facendo assicurare al Paese un governo “vero”, scelto dagli elettori e non frutto di per quanto obbligate alleanze post voto.

Una condizione che consenta, come ha spiegato Renzi, di sapere chi ha vinto un minuto dopo le elezioni ed una condizione che garantisca governabilità ed alternanza. Una condizione che fa il paio con l’altra proposta arrivata dal rottamatore che vuole riformare la riforma del Titolo V della Costituzione. Che vuol dire? Vuol dire togliere soldi alle Regioni, o meglio ai Consigli Regionali. In più Renzi vuole un Senato della Repubblica dove i senatori siano rappresentanza dei territori e quindi non siano pagati.

Una riforma questa che unirebbe due aspetti, uno più di facciata e uno più di sostanza. L’idea di Renzi è quella di superare il bicameralismo perfetto arrivando ad avere un Senato fatto dai governatori delle regioni e da altri amministratori locali. Un modo per risparmiare gli stipendi dei senatori, la parte di facciata, e per riportare almeno in parte sotto il controllo centrale le Regioni e, soprattutto, i loro conti, la parte di sostanza.

Una doppia mossa che consentirebbe al segretario Pd di presentarsi agli elettori con delle cose fatte davvero, e non con le solite promesse, con un risparmio di un miliardo di euro sulla politica e con una legge elettorale che consentirebbe di fare un governo.

Una prospettiva che non può piacere agli altri attori della politica italiana che, in vario modo e con diverse forme, osteggeranno le proposte renziane. Basti pensare ad esempio al MoVimento5Stelle: se Renzi potesse presentarsi alle urne con in tasca il taglio del Senato, fatto in pochi mesi e “da fuori” il Parlamento, il MoVimento e Grillo vedrebbero diminuire il consenso che va a loro.

Sarà, è Grillo il più fiero e diretto avversario di Renzi. Un governo figlio legittimo e diretto del voto, del risultato delle elezioni è quanto di peggio possa capitare agli innamorati della democrazia del blog e un miliardo vero tolto alla politica è per la rabbia grillina contro la Casta una gigantesca pasticcona di valium. Lo sa Renzi, lo sa Grillo e, per chi vuol vedere, si vede a occhio nudo.