Ministri? No tax! Non sono “dipendenti”. Ultima provocazione della Casta

di Riccardo Galli
Pubblicato il 20 Ottobre 2011 - 14:28 OLTRE 6 MESI FA

Roberto Calderoli (Lapresse)

ROMA – Ricordate quando il ministro per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli, all’indomani del varo del “contributo di solidarietà”, rispose piccato ai calciatori che protestavano perché il contributo, a loro parere, doveva essere pagato dalle società? “Ve lo farei pagare doppio a voi che siete dei privilegiati”.

Probabilmente lo ricordate. Ovviamente era una sciocchezza, una tassa non può esser più alta perché fai un determinato tipo di lavoro invece di un altro. Non può essere più alta ma può essere felicemente cancellata, però devi fare il ministro, altrimenti paghi e stai zitto.

Ebbene sì, il ministro Calderoli, che evidentemente non è un privilegiato, come tutti i suoi colleghi ministri e sottosegretari il contributo non lo pagherà affatto. Almeno a giudicare dalla nota con cui il dirigente del ministero dell’Economia Roberta Lotti ha precisato che ministri e sottosegretari quella tassa non la dovranno pagare perché non sono lavoratori dipendenti bensì titolari di «cariche politiche». Non è uno scherzo. Perciò, niente sforbiciata. E anzi, poveri, a novembre gli verranno rimborsati i tagli erroneamente applicati dallo scorso gennaio. Giusto in tempo per i regali di Natale.

Per un attimo, quest’estate, era sembrato di capire che i politici avrebbero pagato sugli stipendi più alti una tassa doppia di quella già applicata a tutti i dipendenti pubblici e pensionati dall’inizio di quest’anno. Ovvero, il 10% anziché il 5% oltre i 90 mila euro, e il 20% invece del 10% oltre i 150 mila. Ma era solo un nuovo capitolo delle “prese in giro”, delle autentiche provocazioni alla pubblica opinione. Promesse di tagli e di rinunce a privilegi che mai divengono realtà. Mentre tutti gli altri son costretti a stringere la cinghia.

Per far digerire i sacrifici di Ferragosto avevano promesso la riduzione dei parlamentari, l’abolizione delle Province e altre cosucce. Passata la festa, gabbato lo santo, come si dice, e in autunno le estive promesse sono cadute come le foglie dagli alberi in autunno. La riduzione dei parlamentari è appassita all’interno dell’ennesimo progetto di riforma universale delle istituzioni, che come tutti i suoi predecessori non verrà mai approvato.

Per l’abolizione delle Province da mesi Idv e Udc premono, anche perché il taglio porterebbe secondo alcune stime fino a 2 miliardi di euro di risparmi. Ma dopo due rinvii in commissione, il 14 luglio la Camera ha respinto la proposta. Il governo ha annunciato allora, in pompa magna, il taglio di quelle sopra i 300 mila abitanti o la cui superficie superi i 3 mila chilometri quadrati e, in sede di conversione del decreto anti-crisi, la misura è stata eliminata e la palla passata alla Conferenza Stato Regioni. E tanti cari saluti.

E poi c’era la questione del ridimensionamento delle retribuzioni della casta. Insabbiata. Per stare tranquilli è stata istituita una commissione apposita che avrebbe dovuto decidere entro il 31 dicembre, se non fosse già nata con la deroga incorporata fino al 31 marzo, quando si andrà a votare oppure si ricomincerà a prorogare. Malgrado la Camera in giugno avesse sfornato un dossier costato sei mesi di lavoro sul trattamento economico dei parlamentari in Europa, il governo ha ritenuto infatti che la questione andasse approfondita da una commissione di cinque esperti guidata dal Presidente Istat, che dovrà stabilire la media ponderata dei trattamenti economici nei sei principali Stati dell’area euro.

E si potrebbe arrivare alla conclusione che i 5.500 euro netti di indennità degli onorevoli del bel paese rientrino nella media: anche se nessuno in Europa arriva ai 14 mila euro, netti e veri, di emolumenti, calcolati tenendo conto dei rimborsi forfettari che in altri Stati richiedono precisi giustificativi (viaggi, alloggi, trasporti). Mentre i portaborse vengono assunti dalle amministrazioni che spendono spesso di più rispetto ai circa 4 mila euro di cui beneficiano i nostri deputati a questa voce. II vitalizi sono stati invece aboliti, dalla prossima legislatura, naturalmente. E solo dopo la creazione di un nuovo sistema previdenziale. Auguri.

Oltre alle promesse mancate ci sono poi le follie dette o fatte dai politici e raccontate da Sergio Rizzo sul Corriere di giovedì 20 ottobre. Come ad esempio la stravagante idea avuta dalla regione Lombardia di approntare, nella sua nuova magnificente sede, un piccolo eliporto in grado di accogliere un mostro dei cieli tipo Agusta AW 139, elicottero da supervip in grado di ospitare fino a 15 passeggeri, e di abilitarlo per 40 (quaranta) voli settimanali, quasi sei voli al giorno domeniche e festivi inclusi.

Oppure il ricorso alla Corte Costituzionale promosso dalla giunta regionale ligure presieduta da Claudio Burlando contro l’articolo della manovra economica che limita per il futuro la cilindrata delle auto blu a 1.600 cc, seguito dall’invito a Giulio Tremonti «ad occuparsi di cose serie come gli eurobond, la speculazione finanziaria o il difficile equilibrio dell’Europa e della Germania».

E ancora la dichiarazione a Radio 24 di Catia Polidori, ex contestatrice di Berlusconi quando militava nel Fli di Gianfranco Fini, nominata sottosegretaria dopo aver votato la prima fiducia il 14 dicembre 2010 e rinominata viceministra dopo aver votato la seconda il 14 ottobre scorso. «Garantisco che avere un viceministro che si può chiamare viceminister all’estero fa la differenza». E probabilmente non tentava nemmeno di essere spiritosa. Anche la Polidori, ora che è viceministra anzi, viceminister, non pagherà il contributo di solidarietà.