Monti va in carcere, immagina il giorno: un detenuto scrive racconto parabola

di Riccardo Galli
Pubblicato il 5 Dicembre 2012 - 15:03 OLTRE 6 MESI FA
Mario Monti

ROMA – “Da ormai un mese il professor Monti si trovava in carcere con l’accusa di omicidio. Leggeva, giocava a carte con Lo Falco, parlava con Caffarotti di truffe e bancherotte, di truffatori, di evasione fiscale contro lo Stato e sembrava che giocassero a chi ne sapeva di più”. Non è follia ma fantasia, Mario Monti non si trova dietro le sbarre ma a palazzo Chigi e la sua figura e il suo nome sono stati presi in prestito da Francesco Antonio Garaffoni, vincitore di un premio letterario riservato ai detenuti, per un racconto. Racconto pubblicato in estratto sul quotidiano La Stampa con il titolo appunto “Il giorno che Monti andò in carcere” e in versione integrale sul sito del giornale torinese.

Garaffoni quindi in carcere e Monti libero nella realtà, ma Monti che nel racconto del detenuto Garaffoni incarna l’alta carica istituzionale e l’uomo che, da innocente, finisce in carcere. Il racconto premiato nell’undicesima edizione del premio Emanuele Casalini, dal titolo “Il giorno che la Terra prese un altro giro”, è un apologo sul tema dell’innocente incarcerato ingiustamente dedicato, come è facile immaginare, ad Enzo Tortora.

“Il Professore non era entrato in cella in compagnia della sua celebrità, delle sue lauree, del suo sapere, cioè dell’odore della sua vittoria: era un uomo umile, cordiale ed educato. Lo Falco aveva un’idea di quello che Monti stava provando: rabbia. Rabbia impotente. Ma sapeva anche che il carcere è un killer spietato, un torturatore abilissimo che ti toglie vitalità e forza attimo dopo attimo”.

Garaffoni immagina l’arresto di Mario Monti dal punto di vista di uno dei detenuti che con lui dividerà la cella: Miki Lo Falco. La notizia dell’arresto del premier si diffonde nel carcere di Lo Falco prima attraverso le classiche voci di corridoio e, solo dopo, attraverso il Tg3, Lo Falco avrà la conferma che l’incredibile è invece verità. Mentre il mondo e l’Italia apprendono che Monti è accusato di omicidio, che ci sono prove schiaccianti e testimoni oculari, mentre già i vari specialisti discettano su come il potere possa dare alla testa, Lo Falco viene chiamato dall’educatore del carcere che gli comunica che Monti sta arrivando proprio lì e che sarà lui, Lo Falco, a dovergli fare da “tutor”, a doverlo far inserire fra i detenuti.

“Lo Falco, io ho bisogno di lei. Sta arrivando qui un detenuto, diciamo, speciale… ecco, un detenuto che va un po’ aiutato… Insomma, bisogna riuscire a farlo integrare un po’ nel nostro mondo prima che succedano cose che… Insomma, abbiamo gli occhi puntati addosso. Lo Falco, tra un’ora arriva in cella il professor Monti, conto su di lei”.

Comincia a questo punto la cronaca delle giornate trascorse dietro le sbarre dall’ormai ex premier. Delle sue partite a carte e delle sue discussioni di economia con i compagni di cella, delle lettere scritte per un altro detenuto con l’obiettivo di riconquistare moglie e figlio e delle lunghe, interminabili e monotone giornate dietro le sbarre.

Da innocente, nonostante le prove schiaccianti, Monti trascorre un mese in carcere. Trenta giorni in cui, ovviamente, stringe rapporti con i compagni di cella e si lega a loro al punto che “il giorno di Pasqua Lo Falco aveva avuto il permesso di andare a casa. Cominciò a prepararsi fin dalle sei del mattino, tutta la cella era emozionata per lui. Chiese in prestito un po’ a tutti capi d’abbigliamento, poi annusò fuori dalle grate, era una giornata un po’ fredda. Guardò il Professore: ‘Professo’, me lo presterebbe il suo loden?’. Lo Falco era vestito come mai nella vita”.

Proprio mentre Miki è in permesso con sulle spalle il loden del Professore, anche per Monti arriva la tanto sospirata libertà. Le prove schiaccianti non sono più tali e l’ex premier deve abbandonare la lettura di Grossman. Si stanno aprendo, per lui, quelle porte che un mese prima gli erano state chiuse dietro le spalle.

“Si sedette su una panca e cominciò a mettere in ordine i suoi abiti, i suoi libri, e ciò che aveva raccolto in un mese di detenzione. Gli capitò in mano la foto con Lo Falco, la baciò, se la mise in tasca. Pensò al suo cappotto finissimo sulle grosse spalle di Miki e sorrise”.