Odissea della Norman Atlantic: 30 e più ore su quell’ultimo ponte

di Riccardo Galli
Pubblicato il 29 Dicembre 2014 - 12:16 OLTRE 6 MESI FA
Odissea della Norman Atlantic: 30 e più ore su quell'ultimo ponte

Odissea della Norman Atlantic: 30 e più ore su quell’ultimo ponte (foto Ansa)

BARI – L’allarme antincendio è scattato alle 4.30 della notte tra sabato 27 e domenica 28 dicembre. Trenta e passa ore dopo, alle 12 di lunedì 29 dicembre, più di cento persone attendevano ancora di essere salvate ed almeno una era morta. In mezzo, la paura, il fuoco, il fumo, le onde, la pioggia ed il freddo; sintesi della lunga attesa vissuta dai naufraghi del traghetto Norman Atlantic.

“Eravamo vicino alla reception del traghetto – ha raccontato alla tv greca Mega Channel uno dei passeggeri tratti in salvo – dal pavimento sotto i nostri piedi saliva un calore che ha fuso le suole delle nostre scarpe”. Ma non era in realtà che l’inizio.

Dai frammenti di racconti di chi è già arrivato a terra, donne e bambini per lo più, dalle descrizioni fatte dalle autorità che coordinano i soccorsi e dalle immagini che arrivano dall’Adriatico emerge un quadro che racconta di un’attesa simile ad un’agonia.

Dopo la sveglia nel cuore della notte che butta giù dal letto le quasi 500 persone a bordo tra passeggeri ed equipaggio, inizia infatti l’evacuazione, che però si trasforma in fuga, disperata e difficilissima. Il fuoco si è sprigionato certamente a poppa della nave, lo dicono le immagini, e forse da un camion nel garage – sostiene uno dei naufraghi -, ragion per cui il calore delle fiamme viene dal basso, insieme al fumo, a fa bruciare le suole.

I passeggeri, per istinto e per cercare le scialuppe, salgono e si dirigono vero i ponti esterni. Ma è notte, e con tutto il fumo che avvolge il traghetto si vede poco o nulla. Ma soprattutto, piove, la temperatura è vicina allo 0 e il mare intorno al traghetto è un mare forza 8, con onde alte tra 4 e 6 metri e un vento che soffia a 50 nodi.

In queste condizioni in pochi riescono a prendere le scialuppe. Un passeggero muore lanciandosi su uno scivolo. Alcuni finiscono in acqua. Le navi accorse sul posto non possono, in queste condizioni, accostarsi e raccogliere i naufraghi. Un rimorchiatore riesce ad agganciare la Norman Atlantic e a girarne la prua in direzione dell’Albania, operazione che consente di liberare un po’ i ponti della nave dal fumo, ma dopo aver fatto questo i cavi si spezzano e la nave torna in balia delle onde.

“Ho visto morire mio marito – racconta Teodora Douli, di 56 anni, greca, moglie del 62enne morto durante le fasi successive all’incendio -. Eravamo sullo scivolo della nave, A un certo punto lui è rimasto impigliato ad un telo di plastica e io non riuscivo a scendere, ci davano fretta e ci dicevano di scendere, ed eravamo bagnati perché raggiunti dai getti d’acqua utilizzati per spegnere le fiamme. Alla fine siamo scesi, sia io che mio marito, in acqua. C’era una nave ma era troppo lontana per poterci soccorrere. Siamo rimasti così più di quattro ore, nuotavo, per fortuna non avevo gli stivali. A mio marito usciva sangue dal naso, forse perché aveva battuto la testa alla nave. A un certo punto – continua il racconto della donna – è arrivato un soccorritore, ha tentato di tagliare il telo in plastica in cui era rimasto intrappolato mio marito e quando al secondo tentativo ci è riuscito, mio marito è morto tra le sue braccia”.

In queste condizioni il mezzo più efficace per portare in salvo i passeggeri è l’elicottero. Sbarcare però centinaia di persone, seppur con l’appoggio della nave San Marco e dei suoi ponti per far atterrare gli elicotteri, è un’operazione lunga. Ed estenuante per le persone in attesa.

I naufraghi vengono issati a bordo dei velivoli con i verricelli, i più piccoli con le ceste. Sotto, chi aspetta, lo fa su un ponte battuto dal vento e dal freddo, circondati da onde che sballottano la nave e ancora accecati dal fumo che, nonostante l’incendio sia pressoché domato, continua ad uscire copioso.

“Qui si muore di freddo e di fumo”, è una delle testimonianze che arrivano dall’Adriatico in tempesta. “La nave si è inclinata”, dicono dal ponte dove si attendono gli elicotteri. Come se non bastasse, sulla zona è in arrivo una nuova burrasca.