ROMA – Come al solito facciamo sempre la figura degli ultimi della classe. In tempi di crisi e di susseguenti sacrifici tutti i paesi europei, prima di chiedere soldi ai cittadini, tagliano i costi della loro politica. Riducendo stipendi, dimezzando benefit o ridimensionando il numero dei parlamentari. Stessa storia anche oltreoceano dove il presidente Obama ha detto una cosa ovvia e sacrosanta, ma impronunciabile e soprattutto apparentemente inapplicabile in Italia, “dobbiamo chiedere alle persone più fortunate come me, alle società che possiedono i jet, ai petrolieri, ai miliardari, di condividere i sacrifici…”. I politici italiani, che sono quelli che guadagnano di più in assoluto e che sono un esercito, abbiamo più parlamentari noi che gli Stati Uniti, da questo orecchio non ci sentono. Anzi, fanno proprio orecchie da mercante e continuano con mille artifici, legali, ad incrementare la loro busta paga.
Qualche esempio. I nostri deputati incassano alla voce “trattamento mensile lordo” 11.704 euro mensili: tremila più dei secondi in classifica (gli austriaci: 8.882), quattromila abbondanti più dei terzi (gli olandesi: 7.177), cinquemila più dei francesi (6.892), per non dire degli spagnoli, pagati un quarto: 2.921 euro. E a quel trattamento lordo per gli onorevoli italiani vanno aggiunti rimborsi vari. Rimborsi di tale peso che quando il comunista Gennaro Migliore, quattro anni fa, fece un gesto di trasparenza mostrando la sua prima busta paga da parlamentare, il netto reale era di 14.500 euro.
Il confronto più impietoso è però quello con gli Stati Uniti d’America. Negli Usa, dove il presidente Obama guadagna la relativamente modesta cifra di 400mila dollari all’anno, il compenso del presidente degli Stati Uniti è fermo a quella cifra dal 2001, i parlamentari Usa, 100 senatori e 435 deputati, dal canto loro hanno dato il buon esempio alla nazione sia quest’anno che l’anno scorso rinunciando all’aumento automatico di stipendio legato al costo della vita, e hanno addirittura votato una riduzione del 5% dei rimborsi spese. E non si può certo dire, almeno confrontandoli con i nostri, che gli stipendi della pubblica amministrazione americana siano da capogiro.
Ancora qualche esempio. Stando al sito ufficiale dei Consigli regionali (www.parlamentiregionali.it), lo stipendio netto, non lordo, netto, di un consigliere molisano, tra indennità e rimborsi, arriva a 10.255 euro. Quello di un consigliere segretario pugliese a 11.461. Quello di un semplice deputato sardo a 11.417. Quello del presidente della giunta del Veneto a 12.615. Del suo collega calabrese a 13.353. Vale a dire che ognuno di questi, come spiega una tabella sulle indennità nel 2011 ricostruita da Antonio Merlo della University of Pennsylvania, prende più di quanto guadagna al lordo il più pagato dei governatori americani che è quello dello Stato di New York, che prende 10.612 euro al mese. Dai quali, ovvio, vanno tolte le tasse e tutto il resto. Di più: ogni governatore statunitense ha in busta paga, mediamente, 93.450 euro, 7.787 al mese. Lorde. La metà di quanto prende al netto il presidente della Regione Sicilia. E non parliamo degli ultimi: il governatore del Maine, il più sottopagato, porta a casa al mese 4.150 euro lordi: molto meno del più «sottopagato» dei nostri governatori, cioè quello dell`Umbria: 7.101 netti. Quanto alle più alte cariche degli Usa, il presidente della Camera prende ogni mese 13.327 euro lordi: una indennità inferiore, tolte le tasse e il resto, a quanto prende (10.972 netti) un consigliere regionale della Campania. Un parlamentare Usa, Camera o Senato, riceve 10.315 euro lordi: 1.389 meno del «trattamento mensile lordo» dei nostri deputati.
E se gli americani rinunciano all’aumento e tagliano i rimborsi, in Europa cosa ccade? L’Olanda, paese a tripla A, sente il dovere morale di ridurre i costi della politica. Così il Governo dell’Aja ha preparato un disegno di legge che riduce di un terzo le dimensioni di entrambe le Camere, in quello che viene spiegato come «parte di uno sforzo per creare un Governo più snello ed efficiente». L’emendamento costituzionale proposto ridurrebbe il numero dei deputati nella Camera bassa da 150 a 100, e nella Camera alta da 75 a 50, ha spiegato il ministero degli Interni olandese. Non un caso isolato. Anche al di là della Manica, nel Regno Unito, il premier britannico David Cameron, che ha avviato una politica di bilancio più rigida di quella di Margaret Thatcher con una correzione da 125-140 miliardi di euro entro il 2015 per tre quarti sul fronte delle spese, ha proposto di ridurre il numero dei parlamentari e ha tagliato i benefit complessivi dei deputati. Alta nazione stessa musica. Anche Madrid, assediata dagli indignados, ha recepito il messaggio sul taglio dei costi della politica. Con le due ultime manovre il Governo Zapatero si è dato l’obiettivo di recuperare più di 50 miliardi di euro. Nel maggio 2010 il Governo ha dato il buon esempio tagliando le buste paga dei suoi componenti di un 15%, iniziativa a cui hanno poi aderito anche i parlamentari. Persino il governo tedesco, nonostante la forza dell’economia del suo paese, ha fatto della stabilità un’idea guida del suo programma ed ha presentato un programma quadriennale di riduzione del deficit a 31,5 miliardi nel 2012 per arrivare a 13,3 miliardi nel 2015. La politica non ha dovuto tagliare molto visto che i parlamentari tedeschi sono già ora 661 contro il nostro migliaio, ognuno guadagna 7.009 euro al mese contro la paga base dei nostri deputati pari a 11.704.
E i tagli non sono mancati ovviamente ad Atene che a novembre scorso ha ridotto il numero dei rappresentanti delle province. La riforma (chiamata Kallikrates) dell’organizzazione statale ha eliminato le 57 province sostituendole con 13 macroregioni e ha ridotto accorpandoli il numero dei municipi da 1.034 a 325. A Corfù ad esempio da 13 sindaci ne è rimasto uno solo. Il 20 giugno scorso il premier socialista George Papandreou ha rilanciato la proposta di un referendum per decidere una riforma della Costituzione tesa a rivedere il sistema elettorale e abolire privilegi e immunità per ministri e deputati. Nella riforma sarebbe compresa una riduzione dei deputati dagli attuali 300 a 200.
Tutti uniti nel tagliare quindi, tranne noi. E il bello, anzi il brutto, è che i nostri parlamentari, oltre ad essere molti di più che negli altri paesi, guadagnano più di tutti. Il paragone migliore che si può fare è quello con la realtà francese, molto simile alla nostra. Sia noi che i cugini transalpini abbiamo un corpo parlamentare di circa 1000 persone, con un rapporto di un parlamentare per ogni 65mila cittadini. Lo stipendio base italiano è di circa 11mila 700 euro, quello francese non arriva a 7 mila.
Purtroppo c’è anche di peggio. Evidentemente insoddisfatti del trattamento economico i nostri governanti cercano anche di arrotondare. Qualcuno seguendo vie poco pulite, leggi Marco Milanese, ma altri nel pieno della legalità. Come racconta il Corriere della Sera, il consigliere radicale Giuseppe Rossodivita, ha denunciato che alla Regione Lazio, stando alla dichiarazione dei redditi, solo una trentina dei suoi colleghi dichiara di possedere una macchina. Strano, ma non è questo il punto. Praticamente tutti, infatti, incassano ogni mese sontuosi rimborsi dichiarando di raggiungere il Consiglio con l’auto propria. Per avere i rimborsi infatti «non servono pezze d`appoggio che certifichino gli spostamenti». Risultato: basta dichiarare di aver compiuto, per arrivare in via della Pisana, tot chilometri. E la Regione paga: 35 cent al chilometro. Come diceva Totò: “ e io pago…”.
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