I partiti suicidi due volte: sui soldi alla politica e sulla legge anti corrotti

di Riccardo Galli
Pubblicato il 18 Maggio 2012 - 14:44 OLTRE 6 MESI FA

Beppe Grillo (Lapresse)

ROMA – Poco meno di due settimane fa il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, reificazione in terra dell’astratto sentimento dell’antipolitica, è stato il vero e solo vincitore delle elezioni amministrative. Al di là dei singoli eletti è stata l’unica formazione che ha visto i propri voti aumentare, non di poco e ovunque, e non ridimensionarsi. Ai partiti tradizionali era concessa però un’occasione d’oro per arginare l’ascesa del comico e mettere un freno alla propria emorragia di voti, un’occasione per cercare di rintuzzare l’antipolitica a colpi di politica: i ballottaggi di due settimane dopo. Ma l’occasione è andata persa. Pd e Pdl, e a discendere tutti gli altri, potevano e dovevano dare prova che la politica può far bene, e avevano due questioni perfette: quella del finanziamento pubblico ai partiti e la modifica della legge sulla corruzione. Nulla è stato fatto e i partiti, invece che cercare di salvarsi, si sono dimostrati nemici di sé stessi. Se i risultati di domenica e lunedì prossimi saranno ancora più negativi per loro, non potranno far altro che fare mea culpa.

Già prima degli scandali finanziari in casa Margherita e Lega, la politica italiana non viveva certo un momento d’oro. Popolato da personaggi come Scilipoti e Ruby rubacuori, il mondo della politica, della classe dirigente che fa politica, era già ampiamente lontano e inviso da quello che è il mondo reale. Così lontano che per guidare il Paese meno di un anno fa è stato chiamato, quasi pregato, un governo fatto di tecnici, di persone che non fanno politica e poco hanno a che fare con molti dei personaggi che la politica popolano. Chiamati, i tecnici, a cercar di rimediare ai danni fatti dai politici. E una volta tanto i partiti, forse consci delle proprie responsabilità, avevano chinato la testa e accettato di seguire le indicazioni dei tecnici votando in Parlamento ogni loro provvedimento. Questo, era ovvio, non sarebbe bastato loro per riconquistare la fiducia degli elettori, ma sembrava almeno un inizio.

Due settimane fa è arrivata la prima prova elettorale, dove l’antipolitica, il voto contro senza se e senza ma, ha premiato Grillo e grillini al di là di ogni aspettativa. E punito i partiti classici persino con maggior forza di quanto fosse lecito presumere. Chiunque, avendo un nuovo appuntamento elettorale a distanza di soli quattordici giorni, e due questioni spinose e importanti per l’opinione pubblica, si sarebbe rimboccato le maniche e avrebbe colto l’occasione nel tentativo, almeno, di limitare le perdite. E invece i partiti che fanno? Promettono, rimandano, litigano e rimandano ancora. Manna per Grillo.

La politica, per bocca dei presidenti delle Camere Schifani e Fini, aveva promesso, ormai oltre 42 giorni fa, come ricorda un contatore sul sito del Corriere della Sera, di riformare il sistema dei rimborsi ai partiti. Da più parti si era invocato e chiesto ai partiti di rinunciare, in primis, ai 100 milioni e passa di rimborsi previsti per questo luglio, primo passo concreto in attesa di una riforma vera e concreta. In questo mese e passa di tempo, in cui nel frattempo l’economia nostrana, come quella europea, non gode certo di ottima salute, le forze politiche hanno dato vita all’ormai tristemente solito teatrino che le parole di De André descrivono egregiamente “s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità”. E, alla fine di una trattativa estenuante che ha visto cambiare troppe volte la portata dei tagli ai rimborsi elettorali, ora fissata al cinquanta per cento, si dovrà aspettare ancora una settimana per vederla, forse, diventare realtà. In ogni caso fuori tempo massimo rispetto al voto di questo fine settimana.

Sul fronte corruzione, forse meno caro all’opinione pubblica ma certamente altrettanto se non più importante nella realtà, è stato fatto persino di peggio, con il Pdl impegnato in un “timido” ostruzionismo per bloccare o almeno rallentare le nuove norme, più dure. Smettendo di ascoltare i tecnici da bravi scolaretti i partiti si sono rimessi a litigare come alunni indisciplinati con il Pd che vota con l’Idv, e la Lega che si astiene, per isolare il Pdl e metterlo in minoranza. Questione e litigio che rischiano persino di minacciare la tenuta dell’esecutivo. Che sia colpa del Pdl allergico a norme troppe severe, o che sia colpa del Pd forcaiolo, la risultante è che la politica, ancora una volta, si è mostrata non come l’arte di governare la comunità, come da definizione aristotelica, ma più come l’aspirazione al potere e al monopolio legittimo dell’uso della forza, come da definizione di Max Weber. Grillo e l’antipolitica, in attesa del prossimo probabile successo, ringraziano.