Il Caso Penati “corrotto e prescritto”. Le tangenti Pd e il partito “fa il vago”

di Riccardo Galli
Pubblicato il 26 Agosto 2011 - 13:34 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Non di concussione si trattò, ma di corruzione. Così ha stabilito il giudice per le indagini preliminari di Monza Anna Magelli riguardo alle accuse rivolte verso Filippo Penati respingendo, in questo modo, la richiesta d’arresto fatta dalla procura. Se l’accusa fosse rimasta di concussione l’esponente Pd sarebbe ora in carcere, ma poiché la corruzione ha tempi di prescrizione più brevi rispetto alla concussione, ora Penati è un uomo libero, anche se fortemente indiziato di colpevolezza. Corrotto e prescritto, questo ha deciso il gip. Nel partito cui Penati appartiene si fa finta di niente. Si “fischietta” sul fatto che l’ex braccio destro di Bersani si salvi dall’arresto allo stesso modo con cui Berlusconi ha schivato molti procedimenti a suo carico, al Pd “fanno i vaghi”. Ma il caso Penati è in realtà un caso Pd, Penati corrotto e prescritto si traduce e si titola: Le tangenti del Pd.

Il caso Penati,  in realtà è un caso Pd, un caso di tangenti. Se l’uomo Penati non è stato arrestato è stato esclusivamente grazie all’intervento della prescrizione. Tutte le accuse a suo carico rimangono, così come rimangono le esigenze di misure cautelari, rese “inutili” anche loro dalla prescrizione. Penati ha preso i soldi, forse per sé o forse per il Pd, questo al momento non è dimostrabile. Un esponente di primo piano del Partito Democratico, sindaco di Sesto San Giovanni, presidente della Provincia di Milano, a suo tempo nella segreteria del  del leader Partito e vicepresidente del Consiglio regionale Lombardo ha chiesto e ottenuto, per anni, tangenti, creando di fatto un sistema che coinvolgeva anche altre persone. Scrive il giudice per le indagini preliminari: «Gli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari dimostrano l’esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione posti in essere da Filippo Penati e da Giordano Vimercati nell’epoca in cui rivestivano la qualifica di pubblici ufficiali prima presso il Comune di Sesto San Giovanni e poi presso la Provincia di Milano e successivamente da Pasqualino Di Leva, assessore della Giunta comunale, nonché da Marco Magni». Il giudice spiega poi le ragioni per le quali ha respinto al richiesta di arresto: «Per quanto attiene ai fatti di corruzione posti in essere da Penati e da Vimercati si tratta di episodi che risalgono agli anni novanta e agli anni dal 2000 al 2004, rispetto ai quali, pur in presenza dei prescritti requisiti dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, l’applicazione di qualsivoglia misura cautelare è preclusa dall’intervenuta causa di estinzione del reato rappresentata dal decorso del termine massimo di prescrizione».

Penati corrotto, le evidenze in mano alla procura lo dimostrano e il gip le riconosce. Una situazione del genere non dovrebbe avere come risposta il silenzio da parte del Pd e la incomprensibile “soddisfazione” di Penati stesso.

Salvo grazie alla prescrizione, circostanza che da sempre il Pd rinfaccia a Berlusconi ricordando, quando il premier sbandiera di non essere mai stato condannato, la realtà dei fatti specificando che la condanna non c’è stata ma il reato sì, Penati arriva a dire: «Oggi si sgretola e va ulteriormente in pezzi la credibilità dei miei accusatori». Quel che si sgretola è invece la sua di credibilità e quella di chi sul caso Penati “fa il vago”. Penati faccia e pensi ciò che vuole, ne ha facoltà e diritto. Ma quelli del Pd, se vorranno ancora poter dire “Noi ci comportiamo diversamente dagli altri”, dovrebbero dire ora e subito che un corrotto e prescritto deve allontanarsi dalla vita pubblica e dalle gestione della vita pubblica. Si chiami questo Silvio Berlusconi o Filippo Penati. Un’auto sospensione non basta, è poca ed ipocrita cosa.