Precario non vuol dire assunto, chi entra e chi no: concorsi sì, Co Co Pro no

di Riccardo Galli
Pubblicato il 27 Agosto 2013 - 14:02 OLTRE 6 MESI FA

lavoroROMA – Sei un lavoratore precario della Pubblica Amministrazione, vuoi capire e sapere che ti succede, che succede al tuo contratto? Fai parte di quei poco meno di 150mila che lavorano in maniera appunto precaria con i Ministeri, gli Enti Locali, la Sanità, l’Università? Per prima cosa succede che precario non vuol dire assunto. Come? Pensavi, eri sicuro che fosse solo una maledetta questione di tempo, che il precariato fosse una dannata lista d’attesa ma che alla fine il posto fisso doveva arrivare per forza, magari dopo decenni. Bene, se pensavi così e pensavi che questo fosse anche giusto, fatti passare l’illusione e l’aspettativa. Con decreto e intenzione del governo precario non vuol dire assunto, assunto prima o poi, più poi che prima, per amore o per forza. Assunto per anzianità di attesa non c’è più. Quando i precari se ne renderanno conto i più sindacalizzati e i più corporativi tra loro faranno scintille di rabbia e disillusione.

Poi succede che la Pubblica Amministrazione assume, anche i precari. Anzi ne vuole assumere qualche decina di migliaia nei prossimi due anni. Ma li vuole assumere per amore e non per forza. Cioè li vuole selezionare. I precari che saranno assunti dovranno vincere un concorso. La metà dei posti disponibili in ogni concorso sarà per loro, per i precari. Quindi non entreranno tutti, non avranno tutti un posto i precari. Solo quelli che vincono un concorso e per partecipare al concorso ci vogliono tre anni di lavoro per la Pubblica Amministrazione negli ultimi cinque anni. Allora l’anzianità di attesa rientra dalla finestra dopo essere stata cacciata dalla porta come criterio d’assunzione? Un po’ sì, ma occorreva mettere d’accordo due principi, quello per cui precario non vuol dire assunto e quello per cui non si possono lasciare tutti in mezzo a una strada.

Infine, quanti entrano? Dipende da quanti concorsi si fanno e questo nel decreto finora non c’è scritto. Con il decreto appena varato “è stata data una soluzione definitiva al problema del precariato nelle pubbliche amministrazioni” ha detto il premier Enrico Letta. Promessa ambiziosa a fronte di un problema grande ed antico. Il decreto regolerà le assunzioni e la vita degli attuali precari in un percorso che nei prossimi tre anni stabilizzerà decine di migliaia di posizioni. Stabilendo però un principio in un certo senso rivoluzionario: e cioè che non basterà essere precari o passare dalle forche caudine del precariato per arrivare al tanto agognato tempo indeterminato, ma occorrerà anche il merito. Qualcuno quindi resterà fuori, cerchiamo di capire chi.

La soluzione contenuta nel decreto per chiudere la questione precari è stata individuata nella creazione di concorsi “speciali”. Ma va innanzitutto detto che il decreto in questione, e le misure in esso contenute, non si applicano a tutta la pubblica amministrazione. La scuola ad esempio, con i suoi 133.932 precari, ne è fuori. E questo perché le assunzioni in questo comparto sono regolate da graduatorie e modalità differenti. Come escluse sono le figure dirigenziali del sistema sanitario nazionale. Si tratta – secondo fonti sindacali – di altre10 mila persone. Il decreto quindi, secondo i dati che riporta La Stampa riferiti al dicembre 2011, riguarderà circa 118 mila lavoratori precari. Di questi oltre 50 mila sono impiegati nelle Regioni a statuto ordinario e circa 40 mila nella sanità, quasi 12 mila nelle regioni autonome e 4 mila e rotti nell’università.

Questi quindi i settori dove le nuove norme troveranno applicazione e dove i concorsi si terranno. Ma non tutti i tipi di contratto verranno “riconosciuti”, nessun valore ad esempio per i Co.Co.Pro, che non accederanno ai concorsi, mentre fondatamente speranzosi possono stare coloro i quali hanno ad oggi contratti a tempo determinato o sono lavoratori socialmente utili. Lavoratori questi, compresi quelli a tempo determinato, che per accedere ai concorsi dovranno aver lavorato però almeno 3 degli ultimi 5 anni nella P.A. Come relativamente sereni possono essere coloro che già hanno vinto un concorso pubblico, è stato infatti spiegato e ribadito che i vincitori di concorso saranno tutti assunti e che lo Stato rispetterà il patto stabilito con loro.

Stabilito quali sono le aree della pubblica amministrazione e i contratti interessati dal decreto in questione, cerchiamo di capire come saranno questi concorsi “speciali” e come introdurranno il merito smettendo di far essere il precariato una sorta di anticamera dell’assunzione. I concorsi che verranno saranno concorsi pensati non solo e non esclusivamente per i precari. Sarà a questi riservata una quota di posti ma, a fianco a loro, ci sarà l’immissione anche di giovani che precari non sono ma che, attraverso la selezione, si dimostrino capaci. La redistribuzione dei posti dovrebbe essere 50 e 50, cioè metà posti assegnati a precari e altrettanti a giovani meritevoli. A loro volta ai precari poi non basterà la loro condizione contrattuale a garantire il passaggio al tempo indeterminato, ma dovranno dimostrarsi meritevoli proprio attraverso il concorso. Introducendo appunto il merito.

Le assunzioni, come spiega Raffaello Masci su La Stampa, avverranno in maniera graduale e con, come detto, criteri meritocratici. I nuovi ingressi avverranno cioè assecondando i ritmi del turn over in ragione del 20% per il 2014, il 50% nel 2015 e il 100% per l’anno successivo.

Tutto questo dovrebbe, nei piani del governo e del ministro Gianpiero D’Alia, chiudere nel triennio 2014/16 il problema precari. Per evitare che tale situazione si ripresenti in futuro, d’ora in avanti esisterà una sola formula di inquadramento contrattuale – ha spiegato D’Alia – quella a tempo indeterminato a cui si accederà per concorso. Tutte le altre formule saranno praticabili solo eccezionalmente e per esigenze assai circostanziate. E, ovviamente, dovranno durare lo stretto indispensabile. I dirigenti che non si atterranno a questo criterio ne risponderanno di persona.