Referendum: No vincente paga 1,57. Sì 2,25. I prezzi del No, ma il popolo è sovrano

di Riccardo Galli
Pubblicato il 3 Novembre 2016 - 13:14 OLTRE 6 MESI FA
Referendum: No vincente paga 1,57. Sì 2,25. I prezzi del No, ma il popolo è sovrano

Referendum: No vincente paga 1,57. Sì 2,25. I prezzi del No, ma il popolo è sovrano

ROMA – Referendum, la vittoria del No è data, quotata, a 1,57. Vuol dire che se scommetti un euro sul No vincente e il No vince davvero, allora incassi 57 centesimi. E’ la quota che assegnano i famosi e prezzemolo ogni minestra bookmaker britannici, quelli che accettano, e stimolano, scommesse su ogni cosa al mondo. Simmetricamente la vittoria del Sì al referendum italiano è quotata 2,25. Cioè se scommetti un euro sul Sì e il Sì vince davvero, allora incassi 1,25 euro. No vincente paga meno perché ci si aspetta che vinca, Sì vincente paga di più perché ci si aspetta che perda.

Gli scommettitori inglesi hanno dato le quote, ma non c’era bisogno di loro per capire, sapere, annusare, calcolare che il No al referendum è non solo in vantaggio ma, a meno di improvvisi umori pubblici, sta vincendo la partita. Non ci vuole una zingara che legga la mano della vita pubblica italiana per leggervi appunto la probabile vittoria del No con quel che ne consegue.

Il paese, l’elettorato si avviano a dire No nella maniera più esplicita e politica soprattutto agli ultimi due anni e al governo degli ultimi due anni. E’ un chiaro e voluto No a due anni in cui si è stati un po’ meglio. Meglio di prima. Poco meglio. Ma meglio. Il No è un No allo un po’ meglio ma meglio per l’occupazione, il reddito, il risparmio. Ma il popolo è sovrano.

Il No è un No per via di volontà popolare ad uno Stato un po’ più leggero. Poco, ma più leggero. E’ un No a dare qualche potere e qualche soldo in meno alle Assemblee regionali. E’ un No, un solenne No a smontare qualche minima burocrazia. Smontaggi minimi, ma No solenne e quindi valido “erga omnes”, verso ogni smontaggio di burocrazie. Ma il popolo è sovrano.

Il No che si avvia alla vittoria sconta e francamente snobba il prezzo annunciato in termini di investimenti, lavoro, capitale. Se questo è il prezzo allora lo valgono lo sfizio e la soddisfazione di fare un dispetto, uno sberleffo, uno sfregio al potere e a chi oggi lo incarna. Ma il popolo è sovrano.

Il paese, l’elettorato si avviano in profonda coerenza con la storia italiana a dire No ad un altro tentativo di riforma dello Stato. In fondo non è una novità: dal dopoguerra (e volendo andare indietro anche prima) il corpo sociale e politico del paese (oggi si direbbe la Gente e la Casta) hanno sempre insieme bocciato o respinto riforme dei connotati dello Stato. Venissero da destra o da sinistra. Giudicandole o roba che non si mangia e/o inganno e subdola promessa. Il No che si avvia alla vittoria comunica che il “Partito della Nazione” è, ancora una volta dopo decenni e decenni, quello del “come stiamo, stiamo…e restiamo”. Perché chi si azzarda a muovere un pezzo o è un pazzo o è un provocatore. Muovi un pezzo e tutta la geografia degli interessi trincerati l’uno di faccia all’altro si scompone. Questo il messaggio e il senso del No. Ma il popolo è sovrano.

E quindi da popolo sovrano democraticamente dirà, si avvia a dire No a Renzi e No ad ogni governo che non faccia ciò che vuole il popolo. E il popolo vuole pensioni a 6o anni, assunzioni pubbliche per anzianità di precariato e non per concorso, aumenti di retribuzione automatici, certezza che ogni investimenti finanziario sia redditizio, copertura con soldi pubblici dell’investimento privato, cancellazione di ogni burocrazia con mantenimento dei milioni di dipendenti pubblici in carriera, risanamento dell’ambiente con il diritto di costruire dove fa comodo, riduzione all’osso delle tasse con servizi e strutture pubbliche potenziati, salario per tutti anche senza lavoro, pensioni per tutti anche senza contributi, massima protezione senza spendere un euro per le Forze Armate…

Dicono che populismo sia parola troppo sbrigativamente usata e troppo generica, che populismo venga sganciato come generico anatema ma non sia chiaro cosa sia, che sia solo un tic verbale del residuo e agonizzante politicamente corretto…Ecco, esattamente, cosa è il populismo: dire, narrare, raccontare e agire come se il volere del popolo fosse il potere delle cose e della realtà. Ciò che il popolo vuole spesso non si può (talvolta non si deve ma questa è altra questione). Negare questo è populismo. Il volere è potere del popolo è populismo. E, inevitabilmente e sempre, nella differenza negata tra il volere del popolo e il possibile nella realtà, abitano e crescono i fratelli del populismo: nazionalismo, protezionismo e una sporca pattuglia di altre umane nequizie che finiscono in “ismo”.