Regioni: 7 stipendi a consigliere. Cantone: le ultime greppie. Cioè 40% astenuti

di Riccardo Galli
Pubblicato il 12 Maggio 2015 - 13:51 OLTRE 6 MESI FA
Foto d'archivio

Foto d’archivio

ROMA – Da una parte c’è Raffaele Cantone, il commissario anticorruzione che, rispondendo a Roberto Saviano a proposito delle candidature “discutibili” nelle prossime regionali, sottolinea come le Regioni siano gli ultimi centri di spesa importanti e come le mafie vadano dove ci sono i soldi. Dall’altra, i numeri degli sprechi di questi centri di spesa che, tanto per citare l’ultima cifra, hanno ad esempio un esercito di assistenti a vario titolo ed in varia forma dei consiglieri che supera le 7mila unità, a fronte di un numero di consiglieri che di poco supera i mille. In mezzo, le Regioni per cui il 31 maggio si voterà, ma non solo loro, e la disaffezione degli italiani verso queste istituzioni che, anche per i motivi citati, si tradurrà in una massiccia astensione (circa 40%), come già gli “anticipi” di Tentino e Val d’Aosta hanno provato.

Il caso di Vincenzo De Luca in Campania è certamente, in materia di candidature discutibili, il più eclatante. “De Luca, l’uomo del Pd per la presidenza della Regione Campania, – scrive Massimo Gramellini su La Stampa nel suo ‘Buongiorno’ dall’eloquente titolo ‘Gli impresentabili’ -, ha invitato gli elettori a non votare certi ceffi presenti nelle liste civiche che sostengono la sua candidatura. Si parla di nostalgici del Duce e di professionisti del voto di scambio, alcuni in odore di camorra. Ieri il vicesegretario nazionale del partito Guerini ha ribadito il concetto. Dunque l’appello più surreale della storia suona più o meno così: ‘Cari cittadini, vi saremo veramente grati se non darete il vostro voto alle persone con cui ci siamo alleati’”.

Nonostante questo non è però il caso campano l’unico sul tema. In quanto a candidature come dice Gramellini impresentabili, la storia politica italiana ha probabilmente poco da invidiare e, anche le elezioni politiche, spesso offrono candidati non esattamente limpidi. Ma le Regioni e le loro elezioni, complice anche l’eliminazione delle ‘concorrenti’ province, sono con ogni probabilità la massima rappresentazione di questa pessima abitudine. E se pensiamo che il Pd, in Campania, regione non esattamente secondaria, schiera nomi in odor di fascismo e criminalità, salvo poi invitare i propri elettori a non scegliere quei nomi, si capisce perché la paura che a vincere il prossimo 31 maggio sia l’astensione è tutt’altro che campata in aria.

E come ha poi sottolineato Cantone, sono le Regioni gli ultimi grandi centri di spesa, leggi anche le ultime macchina per far soldi, almeno agli occhi della criminalità e delle mafie di ogni tipo che, come ha constatato il commissario anticorruzione, sono inevitabilmente attratte e attirate la dove i soldi girano, e quindi verso le Regioni.

Se poi non ci voleva Rizzo per scoprire che sono le Regioni anche mirabili macchina spreca-soldi, è lui che racconta sul Corriere della Sera l’ultima “malefatta” facendo due conti sui dipendenti di queste. Conti da cui viene fuori, a spanne perché avere informazioni sulla materia è tutt’altro che cosa semplice, che le Regioni hanno un monte personale di circa 7.200 unità. Dato che i consiglieri regionali sono poco più di mille la divisione è facile e si scopre che per ogni consigliere ci sono circa 7 dipendenti. Tanto per fare un esempio, seguendo lo schema di Rizzo, i dipendenti della Camera dei Deputati, in rapporto al numero degli onorevoli, sono circa 2 a 1, quindi 3 volte meno di quelli delle Regioni. Ed anche il più anti-casta, il più grillino dei grillini, non avrà dubbi nel capire che le incombenze di un addetto regionale “non sono nemmeno minimamente raffrontabili a quelle del Parlamento”.

In questo quadro ci si avvia verso la scadenza del 31 maggio. In palio i governi di 7 regioni per cui si potrebbe applicare lo schema del 4-2-1. E cioè 4 regioni dal risultato più o meno certo, o almeno fortemente orientato verso la vittoria dei candidati Pd, e cioè Toscana, Umbria, Marche e Puglia. Due decisamente in bilico, tra cui la controversa Campania e la Liguria. Ed una, il Veneto, quasi certamente destinata a rimanere nelle mani di Luca Zaia, candidato di Lega e Fi che dovrebbe ‘sopravvivere’ anche dopo lo strappo di Flavio Tosi.