Renzi-D’Alema, Barca-Vendola…Pd: ce ne saranno due, o tre o… nessuno

di Riccardo Galli
Pubblicato il 22 Aprile 2013 - 15:50| Aggiornato il 8 Febbraio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Renzi con D’Alema e Barca con Vendola: alla fine di Pd ce ne saranno due. O forse tre perché non è detto che la scissione sarà compiuta in un solo taglio. O forse nessuno di partito ne resterà perché dei due nascituri uno rischi grosso di fare l’aiutante di Grillo e l’altro rischia di far club con Montezemolo.  Questione di giorni, al massimo di settimane, e la scissione del Pd sarà cosa fatta. Lo riconoscono tutti: “La scissione è scontata, inevitabile”, dentro e fuori al partito. Anche le “squadre” sono praticamente già note. Dall’attuale partito democratico nasceranno due soggetti: il più grande e per alcuni versi simile al Pd di oggi, sarà quello che graviterà intorno a Matteo Renzi; la costola più piccola invece, anche se quantificare realmente è impossibile, probabilmente seguendo il ministro Fabrizio Barca si colorerà di posizioni vendoliane.

Che così vada a finire, che il Pd si divederà, lo dicono tutti, da Rosy Bindi ad Enrico Letta, da Dario Franceschini a Walter Veltroni, e poi Fioroni, Marini e Gentiloni, Orfini, Civati e Renzi. Una condivisione di prospettive e intenti che da tempo non si vedeva in casa democratica. Paradossalmente, dopo mille distinguo, tutti d’accordo nel dire oggi che il Pd è finito.

Dalle ceneri di quello che fu il partito Democratico, il partito che doveva stravincere queste elezioni, il partito che almeno con l’appoggio di Mario Monti avrebbe potuto governare, il partito che dopo quel fine settimana di febbraio di due mesi fa a infilato una scelta disastrosa dietro l’altra, vedranno la luce due nuovi soggetti politici. Forse qualche scheggia resterà distaccata ma quello che dal Pd spunterà fuori sarà un nuovo Partito della Sinistra, un ritorno almeno nominale al Pds, che verso posizione vendoliane si sposterà.

Ci finiranno, potenzialmente guidati da Barca che da soli pochi giorni si è iscritto al Pd e che già ha cominciato a costruire la sua posizione, ad esempio col tweet contro la scelta di votare Giorgio Napolitano, il sindaco di Bari Michele Emiliano e forse Sergio Cofferati e, perché no, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Stimare il peso elettorale di questo ipotetico nuovo soggetto è quasi impossibile ora. Come si porrà nei confronti di Sel è ancora da definire: alleati, uniti, amici, concorrenti, tutto può essere. Quello che è noto è il rischio, enorme, che questo neonato Pds correrà: il rischio di finire schiacciato, fagocitato e assorbito da Grillo. Nella migliore delle ipotesi il partito che potrebbe essere di Barca vivrà una condizione ancillare verso M5S dominus politico.

Dall’altra parte, la porzione numericamente più forte, almeno in termini di parlamentari e correnti e non certo di voti, che anche in questo caso non è possibile ora stimare, sarà quella che si riunirà intorno a Renzi cercando di mantenere vivo un partito riformista. Per quanto il sindaco di Firenze sarà la figura di riferimento, anche se non è detto che ne assuma la segreteria, altri “big” vi confluiranno: da Massimo D’Alema e i “giovani turchi” a tutta l’ala più riformista dell’attuale Pd. Una scelta anche questa non priva di rischi. Conoscere quel che sarà, quale sarà il destino di quello che oggi è il Pd è impossibile ma che l’area riformista che da questo nascerà corra il pericolo di diventare una sorta di Scelta Civica all’ennesima potenza è concreto. Insomma se di là si va a fre l’ancella di grillo, di qua si rischia di far club con Montezemolo.

Una prima conta si farà già con il voto di fiducia all’esecutivo del Presidente che in queste ora si va pensando. Chi voterà “sì” alla fiducia, e sosterrà il prossimo governo, apparterrà al nuovo partito riformista renziano, chi alla fiducia dirà “no”, prenoterà un posto nel nuovo Pds. Viva il Pd, il Pd è morto.