Renzi: “Verranno governi di coalizione, forse non sono premier adatto”. Sondaggio voto

di Riccardo Galli
Pubblicato il 3 Febbraio 2017 - 15:10 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Elezioni che daranno per risultato solo e soltanto governi di difficile coalizione. E Renzi non è premier da governi di coalizione. Lo sente perfino lui. Governo di coalizione e, alla guida di questo, con ogni probabilità un nome diverso da quello di Matteo Renzi. E’ il quadro dei prossimi mesi della politica italiana che esce dalla somma di due dati: la chiacchierata dell’ex premier con il Corriere della Sera, dove prevede un governo, appunto, di coalizione e dice che potrebbe non essere lui il candidato; e l’ultimo sondaggio di Nicola Piepoli che che fotografa un elettorato tutto sommato ansioso di andare al voto.

“Lo scenario della prossima legislatura imporrà probabilmente governi di coalizione – ragione con Massimo Franco l’ex premier che aggiunge -. Continuo a fare il parafulmine per tutti. La prossima volta potrei non essere io (il candidato premier). Magari potrebbe toccare ancora a Paolo Gentiloni, o a Graziano Delrio”.

E se la natura di coalizione del prossimo esecutivo è il prodotto della sostanziale tripartizione dell’elettorato italiano, unito ad un legge elettorale che ogni probabilità sarà sostanzialmente proporzionale o comunque con un premio di maggioranza al di fuori della portata di tutte le maggiori forze politiche, Pd e M5s compresi, il possibile passo indietro dell’ex inquilino di Palazzo Chigi è invece una novità. E’ evidente che all’interno dei dem prima del voto, con la forma del congresso o delle primarie andrà consumata una resa dei conti da dove non è affatto scontato che Renzi e la sua linea escano vincitori. Ma se anche così fosse l’ex sindaco di Firenze mette ora sul piatto l’ipotesi di una sua uscita di scena.

Una possibilità che può essere un tentativo di smussare le divisioni all’interno del partito ma anche di restare in vita politicamente lavorando dietro le quinte. Oppure una possibilità che può avere il sapore di un ‘ora sbrigatevela voi’, più o meno le parole pronunciate da Renzi all’indomani della sconfitta referendaria. Anche perché, se Renzi uscisse sconfitto dalla partita interna al Pd, sarebbe dal suo punto di vista interessante vedere come i vari D’Alema, Bersani e tutti quelli che all’ex premier si sono opposti (facendo anche campagna per il No al referendum) si posizionerebbero elettoralmente: scegliendo una posizione di minoranza e consegnando il Paese all’ingovernabilità o il governo ai 5Stelle, o se invece cedendo ad una coalizione con qualche anima del centrodestra.

Divisi da questa lotta intestina i dem sono sostanzialmente indecisi sulla data del voto. Il segretario, Renzi, non è un mistero che vorrebbe andare alle urne il prima possibile. Non ne ha fatto mistero dopo il voto del 4 dicembre e lo ha ribadito dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum. “Dunque, è bene ragionare sui pro e i contro delle elezioni anticipate – dice oggi l’ex premier -. Si vuole andare avanti? Siamo pronti, se si ritiene che serva. Con Gentiloni il rapporto è tale che ci diciamo tutto. E capisco che l’obiezione di presentarsi al G7 di fine maggio con un governo dimissionario non offrirebbe una bella immagine dell’Italia. Ma in Europa andrà comunque un governo dimissionario dopo qualche mese, con la manovra finanziaria alle porte. Quindi…”.

Non tutti la pensano però così, e fra i dem c’è chi arriverebbe volentieri alla naturale scadenza del 2018. Diversa è invece la situazione nel Paese dove, stando ai numeri forniti da Piepoli nell’ultimo sondaggio confezionato per La Stampa, “la maggior parte degli italiani vorrebbe andare a votare subito, ma non con l’attuale legge elettorale. (…) Più della metà degli intervistati, infatti, sarebbe favorevole ad andare subito a elezioni (54%)”. E lo stesso sondaggio conferma che sarebbe ineluttabilmente governo di (difficile) coalizione: 32 per cento Pd, 27 M5S, 11,5 Lega, 10,5 Forza Italia…Con questi risultati appunto coalizioni forzate ma non forzute e Renzi tutto è tranne che uomo, anzi premier, da governo di coalizione.