Risparmio guadagno garantito, cioè il risparmiatore ignorante (e anche un po’ usuraio)

di Riccardo Galli
Pubblicato il 24 Novembre 2017 - 05:00 OLTRE 6 MESI FA
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Foto d’archivio Ansa

ROMA – Risparmio guadagno garantito. E’ quel che chiedono se non proprio tutti di certo la gran maggioranza: chiedono che i propri soldi investiti portino a un guadagno garantito. Chiedono insomma come fosse la cosa più naturale del mondo una cosa che è fuori dal mondo reale. Nessun soldo risparmiato può essere investito con la garanzia che sicuramente, di certo, senza dubbio, senza se e senza ma porterà guadagno.

Basterebbe pensarci un po’ sopra: se così fosse, se esistessero investimenti a guadagno garantito, allora alla lunga tutta l’umanità approderebbe alla ricchezza. Basterebbe appunto investire, investire vuol dire sempre guadagnare e allora il guadagno è continuo e universale. Ma questa è la cornucopia delle favole, non la finanza, il denaro, i mercati, la realtà.

Eppure la gran maggioranza chiede, cerca, anzi esige investimenti a guadagno garantito.

Una grossa attenuante a questa richiesta dell’impossibile è data dall’abitudine. Abitudine decennale, svanita solo relativamente pochi anni, ad intascare cedole. Cedole che apparivano appunto come guadagno garantito. Si prestavano soldi allo Stato (Btp, Bot), questo era l’investimento e ogni tre o sei o dodici mesi si incassavano gli interessi. Fosse il due, il tre o il cinque per cento (in certi anni anche di più) quella percentuale del capitale ripagata sotto forma di interessi appariva come guadagno, appunto garantito. Nessuno scalava da quella percentuale o conteggiava insieme alla percentuale dell’interesse intascato quella dell’inflazione nel frattempo maturata. Se prestavo cento e guadagnavo quattro di interessi ma nel frattempo l’inflazione era al tre per cento, i cento erano 97 e quindi il guadagno non era quattro, ma uno…Ma di questi calcoli nessun faceva.

Comunque c’era, c’è stata a lungo una grossa attenuante fortemente diseducativa. Veniva sostanzialmente dichiarato e accettato che l’investimento in titoli di Stato fosse sicuro e a guadagno sicuro. Verrà la crisi del sistema finanziario mondiale a ricordare a banche e gente comune che non esistono investimenti finanziari tutto e sempre a guadagno sicuro. E che quando qualcuno giura che è così, che si può fare, allora c’è o l’inganno o il cerino che prima o poi brucia la mano dell’ultimo della catena. Perfino i titoli di Stato si vedrà ad occhio nudo che non sono, non possono essere a guadagno garantito. Infatti oggi molti titoli di Stato offrono rendimenti, interessi negativi!

Si vede ad occhio nudo ma il risparmiatore tipo non vuol vedere. Abbandonati i titoli di Stato, chiede, esige, va a caccia e ritiene in fondo un suo diritto investimenti dal guadagno sicuro. Ogni tanto il risparmiatore incontra chi gli dice: ma certo, ti garantisco il dieci per cento. E il risparmiatore felice abbocca all’amo. Quando scoprirà di aver perduto soldi inseguendo un miraggio, allora il risparmiatore chiederà, chiede, di essere risarcito. Risarcito con soldi pubblici, risarcito dal prossimo. In nome del suo inesistente e tutto sommato follemente asserito diritto di guadagnarci sicuro.

Il risparmiatore tipo è comprensibilmente ignorante quando non sa (non deve saperla) la differenza tra un’ obbligazione subordinato o no. Non deve necessariamente sapere cosa è un euribor o altro del genere. E può perfino permettersi di non distinguere tra obbligazione e azione, tra investimento obbligazionario e azionario. C’è, basta ascoltare le rubriche specializzate ed aperte agli ascoltatori di Radio 24 per rendersene conto, un sacco di gente che vuole comprare azioni che diano guadagno garantito.

Il risparmiatore è spesso ignorante, molto ignorante e non per colpa sua. Lo è per mancanza quasi assoluta di educazione finanziaria. Ma anche di educazione civile. Sì, civile, civica. Dentro e sotto l’ignoranza finanziaria, dentro e sotto la marziana pretesa di investimenti a guadagno sempre garantito c’è una rocciosa e acuminata ideologia. L’ideologia del vantaggio privato a danno della cosa pubblica. L’ideologia del bisogno-pretesa (il guadagnare) che diventa diritto. Diritto che gli altri, lo Statoi, i contribuenti, le banche, qualcuno…devono garantire. Di tasca loro. Perché il risparmiatore è ignorante perché gli conviene esserlo, fa gioco. E pubblicistica e vulgata televisiva e sui social gli tengono il gioco.

L’idea folle che esistano investimenti a guadagno sempre garantito diventa un nodoso e contundente bastone da agitare sulla testa di chi non garantisce di tasca sua il guadagno del risparmiatore ignorante. Non mancano recentissimi esempi.

In più, a margine, in modalità molto italiana il risparmiatore ignorante è anche un po’…usuraio. La cultura dei ceti dirigenti e la cultura popolare italiana insieme diffidano, ignorano, stanno lontane dall’idea oltre che dalla pratica del capitale di rischio. La Borsa italiana ha dimensione minime. L’enorme risparmio delle famiglie italiane, quattromila miliardi, non va, se non in microscopica parte, a finanziare imprese, non diventa, non è capitale di impresa. Diventa, è da sempre capitale prestato. Allo Stato, alle banche. Prestare per ottenere pagamenti garantiti a remunerazione del prestito. Denaro che produce denaro. Questo è quel che fanno i risparmiatori italiani da decenni. Cioè speculazione finanziaria pura. Ironia molto amara, proprio quella speculazione contro la quale la gente marcia indignata è la pratica minima e standard del risparmiatore formato famiglia.